Sinergie di Scuola

Copertina della rivista

Un docente a tempo indeterminato della classe di concorso XXX è stato collocato in aspettativa, ai sensi dell’art. 23-bis del D.Lgs. 165/2001, per altra attività lavorativa presso organismi pubblici (Conservatorio Statale di Musica) ininterrottamente dall’1/11/2020 al 31/08/2025.

Si chiede:

  • il docente può continuare ad usufruire di ulteriori periodi ai sensi dell’art. 23-bis?
  • il docente deve essere considerato collocato fuori ruolo con conseguente perdita della sede di titolarità?

I dipendenti della pubblica amministrazione con rapporto di lavoro di tipo subordinato sono soggetti al principio dell’esclusività contenuto nell’art. 60 del D.P.R. 3/1957 e al regime delle incompatibilità e del cumulo impieghi e incarichi previsti dall’art. 53 del D.Lgs. 165/2001, il quale, al comma 1, riporta e fa espressamente salva la deroga prevista dall’art. 23-bis (“Disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato”) del medesimo decreto, in un’ottica di valorizzazione delle competenze professionali dei dipendenti pubblici scaturente dallo svolgimento di attività diverse, sebbene opportunamente delimitato.

L’art. 23-bis, comma 1 del D.Lgs. 165/2001, infatti, dispone che i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati, salvo motivato diniego dell’amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative, in aspettativa senza assegni per lo svolgimento di attività presso soggetti e organismi, pubblici o privati, anche operanti in sede internazionale, i quali provvedono al relativo trattamento previdenziale.

Durata dell’aspettativa

Inizialmente, il periodo massimo previsto dell’aspettativa era di 5 anni, ma con le modifiche apportate dalla successiva Legge 56/2019, art. 4, comma 1, lett. b, il testo dell’art. 23-bis è ora il seguente:

4. Nel caso di svolgimento di attività presso soggetti diversi dalle amministrazioni pubbliche, il periodo di collocamento in aspettativa di cui al comma 1 non può superare i cinque anni, è rinnovabile per una sola volta e non è computabile ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza.

Ne consegue che la durata massima di fruizione può arrivare a 10 anni, come indicato anche dal Dipartimento della Funzione Pubblica (parere DFP-0045176-P-01/06/2022) secondo cui il tenore letterale della norma induce a ritenere ammissibile l’ipotesi di aggiungere un ulteriore periodo di cinque anni di aspettativa a quello già trascorso.

Una implicita conferma sarebbe contenuta nel comma 2 dell’art. 4 della Legge 56/2019, laddove è stato previsto un intervento di medesima portata e formulazione circa la durata dell’aspettativa per lo svolgimento, da parte dei pubblici dipendenti, dell’attività professionali e imprenditoriali; inoltre, una interpretazione diversa finirebbe col vanificare la portata innovativa dell’intervento normativo del 2019 (si veda in proposito il parere DFP-0007401-P-26/01/2022).

Per quanto riguarda in particolare i dipendenti pubblici, lo stesso Dipartimento della Funzione pubblica, con il parere 0052969-P-01/07/2022, giunge alla conclusione che «non emergono evidenti elementi ostativi di natura giuridica all’utilizzo dell’istituto» dell’aspettativa, ma che in ogni caso l’amministrazione deve «valutare in concreto, sulla base del ponderato esercizio del proprio potere datoriale, l’opportunità della concessione dell’aspettativa di cui trattasi, avuto riguardo, in ogni caso, alle specifiche esigenze organizzative».

Nel riportare il suddetto parere, l’ARAN sottolinea che «il possibile ricorso al regime di aspettativa previsto dall’art. 23-bis del D.Lgs. 165/2001 deve essere, quindi, considerato in generale sulla base delle esigenze organizzative dell’amministrazione che la dispone, tenendo altresì presente, come nel caso di specie, le particolari circostanze che determinano l’instaurazione del rapporto di lavoro a tempo determinato, quali il positivo esperimento di procedure di carattere selettivo, l’orizzonte temporale del rapporto di lavoro a termine, gli obiettivi connessi alla procedura di reclutamento e la posizione di inquadramento riconosciuta dalla normativa».

Caratteristiche dell’aspettativa

L’aspettativa in argomento è senza assegni, non è computabile ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e comporta il mantenimento della qualifica posseduta.

Collocamento fuori ruolo

Per quanto riguarda il collocamento fuori ruolo e l’eventuale perdita della sede di titolarità, va detto che l’art. 23-bis non ne fornisce che un sibillino cenno al comma 1 («Resta ferma la disciplina vigente in materia di collocamento fuori ruolo nei casi consentiti»), ma occorre precisare che tale articolo individua due distinte forme di mobilità:

  1. il collocamento in aspettativa per lo svolgimento di attività presso soggetti privati o pubblici (commi 1-6);
  2. l’assegnazione temporanea di personale presso altre pubbliche amministrazioni o imprese private (commi 7-8).

I due casi si distinguono in base all’interesse che gli stessi soddisfano: l’aspettativa risponde all’interesse del dipendente a svolgere, in un tempo definito, una nuova esperienza lavorativa presso altra amministrazione/datore di lavoro privato, mentre l’assegnazione temporanea realizza l’interesse dell’amministrazione di appartenenza circa la necessità di svolgere singoli progetti di interesse specifico (comma 7).

Il caso (b) sembra essere più pertinente alle posizioni di comando/distacco, con contestuale collocamento fuori ruolo, che prevede la perdita della titolarità dopo un quinquennio come previsto dall’art. 26 della Legge 448/1998 (si veda la nota 59037 del 18/04/2024 del MIM) e la possibilità di rientro prioritario secondo le modalità previste dalla contrattazione nazionale integrativa sulla mobilità.

Il caso in questione (a) sembra essere invece più paragonabile all’aspettativa prevista dall’art. 47 (“Contratti a tempo determinato per il personale in servizio del CCNL 2019-2021”), che prevede il diritto a mantenere «senza assegni, complessivamente per tre anni scolastici, la titolarità della sede» in caso di accettazione di contratti a tempo determinato nell’ambito del settore scuola.

Perdita della titolarità

A parere di chi scrive quindi, considerato che non si tratta di un collocamento fuori ruolo (perdita della sede dopo 5 anni) né di aspettativa per contratti nell’ambito del settore scuola (perdita della sede dopo 3 anni), ma di contratto presso un istituto AFAM, si deve ritenere che al 31 agosto 2025 il docente abbia perso la titolarità della sede.

In caso di ulteriore domanda di aspettativa, sarà opportuno che il Dirigente scolastico valuti le esigenze organizzative dell’amministrazione, con riferimento alle «particolari circostanze che determinano l’instaurazione del rapporto di lavoro a tempo determinato», anche in accordo con l’UST competente per territorio, interessato alle operazioni di mobilità.

© 2025 HomoFaber Edizioni Srl - Tutti i diritti riservati. Sono vietate la copia e la riproduzione senza autorizzazione scritta. Sono ammesse brevi citazioni ed estratti indicando espressamente la fonte (Sinergie di Scuola) e il link alla home page del sito.