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Lo stesso giorno in cui è stata pubblicata, dal TAR del Lazio, la sentenza n. 5714, con la quale è stata annullata la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Funzione Pubblica n. 2/2014, nella parte riguardante le assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici, il medesimo tribunale ha pubblicato un’altra sentenza, passata un po’ in sordina, concernente lo stesso argomento, ma con ulteriori considerazioni che meritano un approfondimento.

Mi riferisco alla sentenza n. 5711 del 17/04/2014, con la quale alcuni dipendenti del C.N.R. e la UIL – Ricerca Università AFAM, quale Organizzazione sindacale firmataria dei CCNL del comparto ricerca, hanno chiesto (e ottenuto) l’annullamento, previa sospensione, della suddetta circolare e della direttiva emanata dal C.N.R. a seguito della disposizione della Funzione Pubblica.

Come già detto, la materia e i ragionamenti del TAR sono analoghi alla più nota sentenza 5714, tranne che per una premessa importante riguardante l’autonoma impugnabilità delle circolari.

Il Collegio ha infatti considerato inammissibile il ricorso proposto dai dipendenti, perché, secondo giurisprudenza maggioritaria, nel processo amministrativo l'interesse a ricorrere presuppone la “prospettazione di una lesione concreta e attuale della sfera giuridica del ricorrente e all'effettiva utilità che potrebbe derivare a quest'ultimo dall'eventuale annullamento dell'atto impugnato”. Quindi, il ricorso deve essere considerato inammissibile per carenza di interesse in tutte le ipotesi in cui l'annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo non sia in grado di arrecare alcun vantaggio all'interesse sostanziale del ricorrente; l'interesse a ricorrere deve essere, oltre che personale e diretto, anche attuale e concreto, “ossia tale che, in caso di accoglimento del gravame, il soggetto consegua subito il vantaggio di vedere rimosso il pregiudizio effettivo ed immediato derivante dal provvedimento amministrativo”. È inoltre inammissibile un ricorso proposto per ottenere una pronuncia “di principio” che possa essere fatta valere in un futuro giudizio con riferimento a successivi comportamenti dell'Amministrazione.

Nel caso oggetto della sentenza i tre ricorrenti non hanno dimostrato di aver subito una lesione personale, diretta, attuale e concreta dai provvedimenti impugnati, lesione che in effetti subirebbero comunque solo con l’adozione di uno specifico atto applicativo nei loro confronti, individuabile nel diniego del “permesso” in questione.

Quanto sopra non vale però per quel che riguarda l’organizzazione sindacale, anch’essa ricorrente, perché i sindacati sono legittimati ad agire per la tutela di un interesse collettivo, quale è appunto il rispetto della contrattazione collettiva di settore.

Pertanto, l'associazione sindacale ricorrente, in quanto maggiormente rappresentativa all’interno del “comparto ricerca” e firmataria dei CCNL, per il TAR del Lazio è senz'altro titolare di una posizione soggettiva che la legittima ad agire al fine di tutelare proprio le posizioni collettive da essa rappresentate con la sottoscrizione contrattuale, tra cui rientrano anche quelle relative alle modalità di fruizione e “conteggio” dei permessi per assentarsi dalla prestazione lavorativa.

Lo stesso Giudice rileva, inoltre, che non è riscontrabile l’inammissibilità del ricorso per avere questo ad oggetto una circolare, in quanto viene impugnata anche la direttiva del C.N.R. del 3 aprile 2014, quale atto applicativo della medesima e, in quanto tale, lesivo della posizione giuridica dell’organizzazione ricorrente.

Il riferimento è all’ulteriore principio giurisprudenziale che esclude l’impugnabilità della circolare non direttamente precettiva ma solo in assenza di atto applicativo lesivo. In questo caso, però, tale atto è stato adottato e impugnato, per cui nella medesima sede giurisdizionale si può anche impugnare l’atto presupposto ritenuto illegittimo su cui esso si fonda, come è accaduto appunto dinanzi al TAR del Lazio.

In estrema sintesi, i dipendenti possono impugnare il singolo atto lesivo di un proprio diritto, come il diniego alla fruizione del permesso, mentre l'impugnazione della direttiva applicativa (e di conseguenza anche della circolare) può essere messa in atto solo dall'Organizzazione sindacale.

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