Sinergie di Scuola

Ogni anno puntualmente, nel periodo compreso tra ferragosto e la migrazione delle rondini, i tormentoni estivi si spostano dalle spiagge ai banchi di scuola, simili a quell’auto sovraccarica di scatoloni, pacchi e biciclette che ha risalito l’autostrada con la stessa tenacia di un salmone selvaggio in età fertile.

A voler stilare una classifica degli argomenti di dibattito, si potrebbe iniziare dall’uso degli smartphone in classe, che solleva in molti il bisogno di intervenire (e in maggioranza di approvare) poiché, ben forniti come siamo in quanto a memoria corta, non ci sovviene l’analogo intervento ministeriale di quasi vent’anni fa, quando nel lontano 2007 l’allora Ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni, forniva linee di indirizzo e indicazioni in materia di utilizzo di “telefoni cellulari” durante le ore di lezione, richiamando il ruolo della scuola quale «luogo di crescita civile e culturale per una piena valorizzazione della persona».

Oggi il Ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, dispone, cioè comanda, «il divieto di utilizzo del telefono cellulare durante lo svolgimento dell’attività didattica e più in generale in orario scolastico», in nome di studi scientifici di organismi internazionali e istituzioni sanitarie sul benessere psicofisico, come se i giovani a scuola costituissero principalmente un fenomeno di salute pubblica. Glissando su come siano cambiati, nel frattempo, le denominazioni ministeriali e l’uso del maiuscolo nelle stesse, basterebbe leggere quanto già detto in una interessante riflessione di Stefano Stefanel.

Nel secondo posto in graduatoria troviamo sicuramente gli esiti avvilenti di un sistema di reclutamento che mostra ogni anno i suoi limiti e i suoi volti peggiori, ai quali si fatica a trovare rimedio. Da quando le assunzioni avvengono tramite il doppio canale dei concorsi e delle graduatorie per titoli, il sistema dovrebbe essere rodato, limato e assestato agevolmente, mentre i risultati sono – per quanto possibile – ogni volta più perversi per i partecipanti, protagonisti involontari di una saga che va da Kafka a Fantozzi e collocati in una improbabile finzione scenica purtroppo superata dalla realtà. L’algoritmo delle GPS, una via di mezzo tra Glovo e Uber, ha prodotto in molte regioni errori nelle assegnazioni di sede, con conseguenti annullamenti e ripubblicazioni, rettifiche e note correttive, depennamenti e riaperture di termini, decreti in autotutela ed evaporazione delle immissioni n ruolo. Non tragga in inganno la banalità del burocratese utilizzato, perché dietro ad esso ci sono persone, storie e progetti di vita concreti, come nel caso di chi ha dato le dimissioni da un lavoro precario e festeggiato in famiglia una nomina in ruolo annullata dopo alcuni giorni con una mail di mera «rettifica per errori materiali».

Non va meglio con i concorsi: se l’USR Marche ha annullato il concorso primaria PNRR2 per uno scambio delle griglie di valutazione utilizzate, a livello nazionale è già stato depositato un dossier sul concorso per Dirigenti scolastici 2023, nel quale si chiede di rifare l’intera procedura di reclutamento, con segnalazioni di irregolarità registrate in diverse regioni, come ad esempio l’ammissione all’orale di candidati assenti allo scritto. Ma il 1° settembre gli oltre 500 vincitori di concorso dovranno comunque prendere servizio negli Istituti scolastici assegnati e iniziare l’opera.

Come i Dirigenti scolastici possano incidere sulla qualità dell’istruzione e sul miglioramento dell’intero sistema scolastico è stato l’argomento di un recente articolo de Il Sole 24 Ore che fa riferimento a uno studio più approfondito sul ruolo cruciale dei Dirigenti sul clima generale dell’Istituto e anche sui risultati di apprendimento degli studenti. Gli autori hanno condotto l’indagine con metodo scientifico, incrociando i risultati INVALSI 2019 con le pratiche manageriali dei Dirigenti di 544 Istituti di istruzione secondaria di I grado, partendo dal presupposto che se è vero che l’autonomia scolastica può essere un volano per l’innovazione e la qualità, essa rischia anche di accentuare le disuguaglianze se non è accompagnata da una efficace leadership gestionale.

I risultati, chiari e significativi, suggeriscono due importanti implicazioni di politica scolastica:

  1. «rafforzare la formazione dei Dirigenti scolastici nelle aree della gestione dei collaboratori e dei docenti (people management) e della definizione strategica degli obiettivi può essere una leva efficace per migliorare l’efficienza delle scuole [...]»;
  2. «alleggerire i dirigenti dai troppi compiti amministrativi, magari attraverso un rafforzamento dei ruoli intermedi [...]».

Per chi volesse intendere, sarebbe opportuno che i Dirigenti scolastici potessero occuparsi di più e meglio di «valorizzare le persone, creare un ambiente di apprendimento positivo, guidare il cambiamento», mentre la gestione amministrativa dovrebbe essere curata da funzionari (di Elevata Qualificazione e/o con incarico di Direttore SGA) con solide competenze giuridiche, economiche e finanziarie, come per buona parte già avviene nella sostanza. Se così fosse, si potrebbe applicare senza problemi la recente e neppure tanto provocatoria “ricetta” di Sabino Cassese sulla pubblica amministrazione italiana, pagando di più tali funzionari, le cui assunzioni sono già diminuite, grazie sia al dimensionamento scolastico, che ne ha ridotto gli organici, sia ai candidati che hanno superato l’ultimo concorso in numero limitato rispetto ai posti messi a bando e insufficiente a coprire il fabbisogno in ben sette regioni, prima fra tutte la Lombardia, con 206 vincitori in meno, quasi la metà, rispetto all’occorrente. Una tale testimonianza di disaffezione potrebbe costituire uno spunto interessante di dibattito, ma al momento non risulta essere fonte di grande ispirazione.

Una rilevanza ancora minore, tra gli argomenti sui quali riflettere in questo periodo, sembra avere la questione del “caro-scuola”, con particolare riferimento al settore “caro-libri”. Se infatti su zaini, astucci e cancelleria in generale le famiglie possono risparmiare un poco comprando on-line o riciclando le dotazioni degli anni precedenti, per i libri di testo il discorso è diverso.

Secondo un’indagine dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM, meglio nota come Antitrust), negli ultimi anni il prezzo dei libri scolastici è infatti considerevolmente aumentato, con una media del + 3,8% su base annua, come registrato dall’ISTAT, e con il risultato che per il 2025/2026 la spesa per i testi scolastici sarà di oltre 700 euro a figlio, spesa peraltro esclusa dalle detrazioni fiscali.

Le criticità evidenziate derivano da una serie di fattori diversi:

  1. l’80% del mercato è concentrato nelle mani di soli quattro editori, con evidenti limiti alla concorrenza e alla possibilità di ridurre o almeno contenere i prezzi;
  2. le scuole adottano frequentemente nuove edizioni, spesso senza modifiche sostanziali ai contenuti ma solo variate nella grafica o con aggiornamenti trascurabili, che devono essere comperate a costi maggiorati, impedendo alle famiglie il ricorso ai libri usati;
  3. nelle piattaforme digitali delle case editrici molte risorse sono accessibili solo tramite codici unici, che di fatto escludono la possibilità del riuso.

Sono certamente di aiuto le risorse erogate dal MIM alle Regioni per la «fornitura gratuita e semigratuita dei libri di testo in favore degli alunni meno abbienti delle scuole dell’obbligo e secondarie superiori», ma il dato che suscita maggiore perplessità è la richiesta di prestiti da parte delle famiglie: risulta infatti che negli ultimi 12 mesi siano stati erogati oltre 370 milioni di euro in finanziamenti destinati a scuola, università e formazione, con un aumento di circa il 15% rispetto all’anno precedente.

Se qualcuno vede una luce in fondo al tunnel, molto probabilmente è un treno, come teme Mafalda.

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