Sinergie di Scuola

Un insegnante ha chiesto un’aspettativa per motivi di studio da gennaio a giugno 2020. Di conseguenza abbiamo nominato un supplente fino al termine delle lezioni.

L’insegnante ha poi presentato la richiesta di interruzione anticipata del periodo di aspettativa, causa Covid-19, indicando come nuova data il 18 maggio 2020.

Poiché l’insegnante rientra in servizio dopo il 30 aprile, ma non a seguito di un’assenza superiore a 150 giorni, la domanda è: la supplente rimane in servizio oppure devo fare la risoluzione del suo contratto al momento che la titolare rientra in servizio?

In condizioni normali, il docente che rientra dopo il 30 aprile a seguito di assenza ininterrotta superiore a 150 giorni (ridotti a 90 nel caso di docente in classi terminali del ciclo) non rientra in classe ma rimane a disposizione dell’Istituto, mentre il supplente continua il suo contratto fino al termine delle lezioni (+ scrutini/esami).

Nel caso prospettato invece la docente collocata in aspettativa per motivi di studio (quindi senza retribuzione) chiede di rientrare un mese prima del periodo richiesto.

Certamente è stato emesso un decreto vistato dalla competente RTS, dato che si tratta di un periodo non retribuito e non valido ai fini della carriera (oltre a trattamento quiescenza, TFR/TFS ecc.).

L’interruzione dell’aspettativa e il rientro anticipato non sono previsti né dalla legge né dal CCNL, tuttavia non sono neppure proibiti, il che significa che consentire alla docente un rientro anticipato rispetto al periodo richiesto è competenza del DS, in qualità di datore di lavoro, che ovviamente dovrà valutare e ponderare con cura i motivi e le circostanze (es. sopravvenuto periodo di astensione dal lavoro per gravidanza… l’ARAN, ad esempio, non contempla l’insorgere di una malattia – o il verificarsi di un ricovero ospedaliero – tra le cause che giustificano il rientro anticipato da una aspettativa).

Se il DS dovesse autorizzare il rientro anticipato (rivedendo anche il decreto e le comunicazioni già intercorse con la RTS), si verificherebbe il problema del contratto di supplenza già stipulato.

A questo proposito, è opportuno prima di tutto ricordare che la privatizzazione del pubblico impiego, ex D.Lgs. 29/1993, ora D.Lgs. 165/2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), ha definito nel rapporto di lavoro una parità tra le parti che esclude ogni iniziativa unilaterale, in capo al datore di lavoro, volta appunto a modificare o revocare il contratto, e ha demandato al Giudice del Lavoro la risoluzione di ogni controversia relativa ai contratti di supplenza, che sono atti di natura privatistica. Pertanto, in linea generale, il contratto stipulato dalla P.A. jure privatorum può risolversi solo nei casi stabiliti dalla legge (risoluzione per inadempimento, art. 1453 c.c; per impossibilità sopravvenuta, art. 1463 c.c.; per eccessiva onerosità, art. 1467 c.c.) o dal CCNL.

Il contratto di lavoro dei docenti è regolato dall’art. 25 del CCNL Scuola 2006-2009; in particolare vediamo i commi 4 e 5:

4. Nel contratto di lavoro individuale, per il quale è richiesta la forma scritta, sono, comunque, indicati:
a) tipologia del rapporto di lavoro;
b) data di inizio del rapporto di lavoro;
c) data di cessazione del rapporto di lavoro per il personale a tempo determinato;
d) qualifica di inquadramento professionale e livello retributivo iniziale;
e) compiti e mansioni corrispondenti alla qualifica di assunzione;
f) durata del periodo di prova, per il personale a tempo indeterminato;
g) sede di prima destinazione, ancorché provvisoria, dell’attività lavorativa.
5. Il contratto individuale specifica le cause che ne costituiscono condizioni risolutive e specifica, altresì, che il rapporto di lavoro è regolato dalla disciplina del presente CCNL. È comunque causa di risoluzione del contratto l’annullamento della procedura di reclutamento che ne costituisce il presupposto.

Bisogna quindi che nel contratto stipulato compaiano le condizioni risolutive del contratto medesimo, come precisa anche l’Orientamento Applicativo ARAN del 25/03/2020:

In caso di rientro anticipato del titolare, il contratto a tempo determinato stipulato per la sostituzione del docente o del personale ATA si risolve automaticamente?
In merito si osserva che da un lato che l’art. 18 comma 2 lett c) del CCNL 4/08/1995 è stato superato dalle previsioni contenute nel CCNL comparto scuola del 29/11/2007, dall’altro tale ultimo contratto agli artt. 25 e 44 ha disciplinato – rispettivamente per il personale docente e ATA – gli elementi caratterizzanti il contratto individuale di lavoro, anche a tempo determinato. In particolare è richiesta la forma scritta e l’indicazione di alcuni elementi essenziali definiti alle lettere a), b), c), d), e), f) e g) del comma 4 del citato art. 25 e del comma 6 del suindicato art. 44, nonché la specificazione “delle cause che ne costituiscono condizioni risolutive”, salvo l’ipotesi di “individuazione di un nuovo avente titolo a seguito dell’intervenuta approvazione di nuove graduatorie” espressamente prevista dall’art. 41, comma 1, del CCNL comparto istruzione e ricerca del 19 aprile 2018.
Pertanto, il CCNL non esclude la possibilità di risoluzione anticipata del contratto di supplenza ma richiede l’indicazione delle cause che comportano detta risoluzione.

Per i contratti a TD le cause di risoluzione del rapporto di lavoro sono, oltre a quelle previste dalla legge e sopra indicate, quelle stabilite dall’art. 8 del D.M. 131/2007 (Regolamento supplenze al personale docente ed educativo): mancata assunzione in servizio dopo l’accettazione o l’abbandono del servizio stesso commi 1 e 2.

A questo punto, considerando che:

  • il rientro anticipato del docente titolare era una delle cause riportate all’art. 18, comma 2, lett. c del CCNL 4/08/1995 ma scomparse nel CCNL Scuola del 26/11/2007 e non ripresentate nel CCNL 2016-2018 (che introduce solo il diritto dell’avente titolo); a tale proposito non appare superfluo richiamare un precedente Orientamento Applicativo ARAN – SCU_069_14/06/2013: «Il contratto stipulato con il supplente si risolve nel caso di rientro anticipato del titolare? Si fa presente che l’art. 18 comma 2 lett c) del CCNL 4/08/1995 prevedeva espressamente la risoluzione del contratto stipulato con il supplente a seguito del “rientro anticipato del titolare”, questa norma non è stata più ripresa dai successivi CCNL per cui si deve considerare non più applicabile»;
  • una robusta giurisprudenza propende per il concetto del pacta sunt servanda (significa che un contratto, una volta stipulato, non può essere modificato unilateralmente dalla PA se non per cause imputabili al lavoratore o normate nel CCNL o previste nel contratto individuale di lavoro ai sensi dell’art. 25, comma 5 del CCNL 26/11/2007 – N.B.: se nel contratto stipulato con il docente supplente fosse prevista la clausola del rientro anticipato del titolare sarebbe in contrasto con il CCNL);

si ritiene sconsigliabile – benché non esclusa a priori, come chiarito dall’ARAN con Orientamento del 25/03/2020 – la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro con il supplente, che esporrebbe quasi certamente la scuola a un ricorso davanti al Giudice del Lavoro.

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