L’art. 98 della Costituzione dispone che «I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione».
Tale assunto, specifico per i lavoratori delle pubbliche amministrazioni, è principio che differenzia la categoria dei dipendenti pubblici da tutti gli altri lavoratori, ed è declinato in varie forme dalla normativa primaria e regolamentare, in modo da incidere anche sul comportamento che si assume al di fuori del contesto lavorativo.
Come noto e più volte affrontato su queste pagine, per specificare la peculiarità del ruolo, il dipendente pubblico è soggetto a numerose limitazioni, quando non a divieti assoluti, ad esempio in caso di svolgimento di altre attività lavorative, in base alla disciplina recata principalmente dal D.Lgs. 165/2001, all’art. 53.
Il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, D.P.R. 62/2013, prevede ad ulteriore esempio – come descritto sempre su queste pagine – numerose limitazioni nell’utilizzo dei social, con disposizioni che hanno creato ampie discussioni critiche in sede istituzionale e vasta casistica, anche giurisprudenziale, per le problematiche applicative.
Del resto, va rammentato che il medesimo Codice, all’art. 10, prevede una norma di principio (“Comportamento nei rapporti privati”) che testualmente recita: «Nei rapporti privati, comprese le relazioni extralavorative con pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, il dipendente non sfrutta, né menziona la posizione che ricopre nell’amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino e non assume nessun altro comportamento che possa nuocere all’immagine dell’amministrazione». [...]
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