Sinergie di Scuola

Divari scolastici

Quali sono i principali fattori – individuali e familiari degli studenti, nei contesti territoriali, ma anche fra le scuole e dentro le scuole – che spiegano i divari di apprendimento in Italia? E quale possibilità hanno le scuole di fare una differenza per migliorare i risultati dei propri studenti e diminuire i divari?

A questi interrogativi cercano di rispondere le analisi e le indicazioni di policy di Divari scolastici in Italia. Un’indagine sulle differenze di apprendimento nei territori e tra le scuole, promossa da Fondazione Agnelli e Fondazione Rocca, presentata il 29 maggio 2025 alla Camera dei Deputati davanti alle istituzioni e a rappresentanti del mondo della scuola. Hanno aperto i lavori i saluti della Vicepresidente della Camera, Anna Ascani. Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, è intervenuto in videoconferenza.

L’indagine, alla quale ha contribuito anche un gruppo di ricerca dell’Università Sapienza di Roma, si è concentrata – con analisi quantitative e qualitative – sui divari di apprendimento nella scuola secondaria di II grado, in particolare, nella classe seconda (cioè, dopo dieci anni di scuola), partendo dai dati Invalsi 2022-23, integrandoli con dati e informazioni da Ocse-Pisa 2022 sulle competenze dei quindicenni.

I risultati confermano la molteplicità e l’entità dei divari di apprendimento nel Paese, sottolineando i diversi livelli a cui si manifestano e si intrecciano. Le analisi indicano che – insieme alle caratteristiche individuali e di retroterra familiare degli studenti e alle specificità socioeconomiche e culturali del contesto territoriale – i divari di apprendimento sono dovuti in misura importante anche a differenze ‘fra le scuole’ e ‘dentro le scuole’. E a questi livelli devono trovare spiegazione e – per quanto possibile – rimedio. Una risposta sembra essere nell’organizzazione che ogni scuola si dà sulla base dei – sia pur ridotti – spazi di autonomia.

La gravità e le dimensioni dei divari

I divari di apprendimento rappresentano una criticità significativa per la scuola italiana, considerati con pochi eguali in Europa e penalizzanti per l'equità del sistema. Questi divari iniziano a manifestarsi nella scuola primaria, aumentano nella scuola media e si amplificano notevolmente nella secondaria di II grado, dove il percorso formativo si diversifica in indirizzi (licei, tecnici, professionali). La forma più nota e visibile di questo fenomeno è il divario 'territoriale', prevalentemente secondo il gradiente Nord-Sud, evidenziato da oltre vent'anni dai dati Invalsi e Ocse-Pisa. Un esempio citato è il divario medio in matematica tra uno studente della secondaria di II grado del Sud e uno del Nord-Est, che corrisponde a oltre due anni di scuola in meno.

Oltre il fattore territoriale: differenze tra e dentro le scuole

L'indagine sottolinea che limitarsi all'analisi della sola dimensione territoriale sarebbe un errore prospettico. Le analisi quantitative e qualitative effettuate indicano che, oltre alle caratteristiche individuali e familiari degli studenti e al contesto socioeconomico e culturale del territorio, i divari di apprendimento sono dovuti in misura importante anche a differenze 'fra le scuole' e 'dentro le scuole'. È a questi livelli che si ritiene debbano trovare spiegazione e possibili soluzioni.

La relazione tra il contesto socioeconomico e culturale regionale e i risultati di apprendimento lungo l'asse Nord-Sud è confermata. Tuttavia, lo studio evidenzia anche casi di 'disallineamento': regioni con indici di contesto simili presentano risultati Invalsi significativamente diversi (ad esempio, Puglia vs Campania o Sardegna vs Abruzzo, Lazio vs altre regioni del Centro). Ciò suggerisce l'influenza di fattori che dipendono dalle differenze tra e dentro le scuole.

L'impatto degli indirizzi di studio

A livello delle differenze 'fra le scuole', l'indagine ha riscontrato un impatto molto significativo degli indirizzi di studio (licei, tecnici, professionali e loro articolazioni interne). Ad esempio, a parità di altre condizioni, frequentare il liceo classico o linguistico 'spiega' uno svantaggio in matematica di circa 14 punti Invalsi rispetto al liceo scientifico. Questo impatto è definito "eccessivo". Per mitigare ciò, l'indagine suggerisce di rafforzare l'orientamento scolastico nella scuola media, rendendolo sistematico nei tre anni per aiutare gli studenti a scegliere l'indirizzo più adeguato alle proprie capacità e interessi. In prospettiva, si ipotizza la necessità di ripensare la struttura didattica della scuola superiore per garantire a tutti un livello base di competenze comuni, indipendentemente dall'indirizzo scelto.

Il ruolo possibile delle azioni della scuola

Le differenze di apprendimento che non vengono completamente spiegate dai fattori territoriali o dagli indirizzi di studio portano a ipotizzare che una parte significativa di esse sia attribuibile alle azioni che dipendono dalla scuola stessa, dalla sua dirigenza e dal corpo docente. Per corroborare questa ipotesi, l'indagine ha considerato i dati Ocse-Pisa 2022, che mostrano un impatto positivo delle attività extracurriculari. Soprattutto, sono stati realizzati cinque casi di studio qualitativo in scuole considerate "eccellenti" perché i loro esiti erano superiori alle aspettative dato il loro contesto (territoriale, indirizzo di studio, status socioeconomico e culturale).

Queste scuole, situate in diverse regioni (Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Puglia) e di diversi indirizzi (tre professionali, un tecnico, un liceo), sono state analizzate per identificare strategie e "ingredienti" caratteristici dei loro successi. L'analisi si è concentrata su modello organizzativo e leadership, gestione delle risorse, gestione della didattica e dei curricoli, e offerta extracurricolare.

Gli ingredienti del successo nelle scuole 'eccellenti'

Una conclusione chiave è che alcune azioni intraprese dalle scuole (dirigenza, docenti, comunità scolastica) possono fare una differenza importante nel contrastare i divari di apprendimento. Secondo Gianfelice Rocca, Presidente di Fondazione Rocca, il tema per la scuola italiana non è tanto aumentare le risorse o il numero di insegnanti, ma incidere sull'organizzazione. I casi di studio hanno evidenziato che la leadership dei dirigenti, la capacità di lavorare in team e l'apertura della scuola a esperienze formative esterne sono caratteristiche determinanti per il successo degli studenti, anche in contesti sfidanti.

Nello specifico, l'indagine indica che benefici possono derivare da:

  • Un modello organizzativo cooperativo tra dirigenti e docenti, focalizzato sulla riduzione dei divari, sulla creazione di un clima scolastico positivo, sulla gestione unitaria degli istituti con più indirizzi e su una comunicazione efficace con le famiglie.
  • Una gestione dinamica delle risorse, che orienti i progetti finanziati esternamente (Ministero, PNRR, ecc.) in base ai fabbisogni individuati e li integri con attività aggiuntive proposte dalla scuola.
  • Una gestione collegiale della didattica e dei curricoli, per definire obiettivi di apprendimento coerenti con i bisogni, attraverso modelli didattici comuni incentrati sulle competenze di base e sulla personalizzazione degli apprendimenti.
  • Attività extracurricolari ricche e dinamiche, sviluppate in rete con il territorio (enti locali, imprese, terzo settore), anch'esse orientate alle competenze di base e al supporto degli studenti in difficoltà.

Verso un'autonomia 'accompagnata'

L'indagine conclude invitando a puntare sullo sviluppo di un'autonomia 'accompagnata'. Questa autonomia dovrebbe essere differenziata e sostenuta, magari rafforzata da un riconosciuto middle management. Le scuole già impegnate in processi di innovazione complessiva (didattica, ambienti di apprendimento, governance) potrebbero, con una maggiore autonomia supportata e monitorata, aprire la strada a un nuovo modello scolastico che porterebbe benefici all'intero sistema.

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