Con un recentissimo parere (n. 238 del 25/08/2015) la Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, è intervenuta a proposito di un caso che ha interessato diffusamente le realtà scolastiche, ovvero i procedimenti afferenti le ricostruzioni di carriera del personale inquadrato nella qualifica di Direttore dei servizi generali e amministrativi (DSGA). Tale profilo, come noto, è stata introdotto ex novo dall’art. 34 CCNL del 1999, e ha beneficiato di una disciplina transitoria che ha visto operare il passaggio alla nuova qualifica (da C a D), in maniera quasi automatica, a tutti gli ex Responsabili Amministrativi, anche in deroga all’obbligo di espletare un concorso e previo corso di formazione.
Inquadramento normativo
Per questi dipendenti, transitati da una categoria all’altra, si poneva il problema del corretto inquadramento economico. La questione più dibattuta si è incentrata sul criterio da seguire per l’attribuzione, che poteva essere di due tipi:
- criterio della temporizzazione: consiste nel «convertire – per usare le parole della Corte – il valore economico della retribuzione, convenzionalmente determinata, in anzianità rilevante ai fini dell’inquadramento nella nuova qualifica, senza riferimento all’anzianità effettivamente maturata». Tale criterio è stato quello originariamente utilizzato per i DSGA, che hanno poi beneficiato di un ulteriore incremento grazie all’art. 87 CCNL 2003 (incremento che ha equiparato il personale ex responsabile amministrativo alla figura del direttore amministrativo di accademie e conservatori);
- criterio dell’anzianità pregressa: come ricostruito dalla Corte, a seguito dell’entrata in vigore del CCNL 2003 (che all’art. 142 dispone che tutte le norme del pubblico impiego vigenti al 13 gennaio 1994 non abrogate sono non applicabili con la firma del nuovo CCNL, tranne alcune eccezioni specificamente indicate) si riapre la questione, poiché tra le norme che continuano a trovare applicazione rilevano quelle di cui all’art. 66 comma 6/7 del CCNL 1995, che prevedono la conferma, con rinvio recettizio, delle norme che considerano l’anzianità giuridica ed economica del personale dei servizi ausiliari, tecnici ed amministrativi, valutando anche il pre-ruolo. Alla luce della normativa così ricostruita, viene riconosciuta integralmente la pregressa anzianità di servizio, alla data di entrata in vigore del CCNL, ovvero luglio 2003. Tale era, quindi l’intendimento dell’Amministrazione nella ricostruzione di carriera che ha dato luogo al contenzioso.
Il “casus belli”
Il parere reso dalla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti trae origine dal rifiuto della Ragioneria territoriale dello Stato di Chieti di “vistare” i decreti di ricostruzione di carriera di 6 dipendenti di istituti scolastici della Regione. I Dirigenti scolastici responsabili degli atti di ricostruzione avevano basato i propri intendimenti sulla deliberazione della Corte dei Conti, sezione Abruzzo, n. 1/2015; tale pronuncia aveva ritenuto legittime le istanze dei DSGA quali quella di specie, alla luce del quadro normativo complessivo e della giurisprudenza della Corte di Cassazione evolutasi nel tempo, per consentire, fondamentalmente, il rispetto del principio di parità di trattamento (ricordiamo valore cardine per i lavoratori anche del pubblico impiego), indipendentemente dal momento effettivo del passaggio alla nuova carriera, fosse lo stesso prima o dopo il luglio 2003.
Sul punto, anche il MIUR, con nota dell’aprile 2015 (su sollecitazione di molti Istituti e Dirigenti scolastici), ravvisava l’opportunità di richiedere apposito parere alle Sezioni riunite della Corte dei Conti, sulla base anche della pronuncia con cui la medesima Corte Conti Abruzzo aveva deliberato ritenendo legittimo un decreto di ricostruzione di carriera che applicava, dal 2003 in poi, il meccanismo della ricostruzione di carriera.
La seconda interpretazione della Corte dei Conti
Ebbene, la Sezione Abruzzo, nel pronunciarsi su coinvolgimento delle Ragionerie territoriali, non confuta l’assunto espresso nella pronuncia n. 1/2015, ma la ritiene superata ad opera di un’ulteriore deliberazione, la n. 17/2015, resa stavolta dall’Adunanza Generale della Sezione Centrale di controllo di legittimità sugli atti del Governo.
È proprio questa pronuncia, che reca una articolata e complessa ricostruzione, che interessa ai nostri fini, perché detta una interpretazione “definitiva” sulla discussa questione, in senso restrittivo – o meglio, “penalizzante” – nei confronti delle figure professionali interessate.
Con tale deliberazione, che prende spunto dalla ricostruzione di carriera adottata da dirigenti operanti nel territorio della Regione Piemonte, è stato fissato il seguente principio di diritto: «L’inquadramento dei soggetti transitati dalla qualifica di responsabile amministrativo a quella di direttore dei servizi generali amministrativi ai sensi dell’art. 34 del CCNL 26/05/1999, Comparto Scuola, continua a trovare la sua disciplina nell’articolo 8 del CNL 15/03/2001 (metodo della c.d. temporizzazione), restando conseguentemente escluso per tali dipendenti il riconoscimento dell’intera pregressa anzianità di servizio».
Questa indicazione trova fondamento, spiega la Corte, nel fatto che le disposizioni contrattuali del 2003 non hanno abrogato il criterio della temporizzazione anche per le vicende pregresse all’entrata in vigore del contratto, e nel fatto che nel diritto del lavoro non si rinviene un principio generale di parità di trattamento in ambito retributivo visto che i contratti collettivi operano nella piena discrezionalità nel determinare liberamente gli aspetti riservati alla libertà negoziale, nel rispetto di principi inderogabili (tra cui non si rinviene la parità di trattamento).
Per la recente pronuncia delle Sezioni Riunite, testualmente: «non esiste un principio di parità di trattamento, ma solo il diverso principio dell’inderogabilità in pejus del CCNL. Né, pertanto, il magistrato può sindacare il CCNL che costituisce fonte negoziale del rapporto. Su quest’aspetto (insindacabilità, anche sotto il profilo della disparità di trattamento, delle clausole della contrattazione collettiva) si è espressa chiaramente la Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 16038 del 2010, affermando che nel settore pubblico le scelte della contrattazione collettiva in materia di inquadramenti sono sottratte al sindacato giudiziale, ed il principio di non discriminazione di cui al D.Lgs. 165 del 2001, art. 45, non costituisce parametro per giudicare delle eventuali differenziazioni operate in sede di contratto collettivo».
In disparte delle singole valutazioni sul caso in esame, questa fattispecie è illuminante per accennare a un problema ricorrente in sede giurisdizionale, ovvero dell’insindacabilità delle scelte contrattuali che, proprio per via di tale interpretazione (costante non solo ad opera della Corte dei Conti ma anche e soprattutto della Corte di Cassazione), esitano in pronunce sfavorevoli per i dipendenti. A norma dell’art. del Testo Unico Pubblico Impiego (D.Lgs. 165/2001), infatti «Le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti di cui all’articolo 2, comma 2, parità di trattamento contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi».
Qualora le discriminazioni, si desume dalla giurisprudenza, siano opera della volontà negoziale e non del legislatore, le tutele del lavoratore troverebbero un sicuro ridimensionamento e maggiore difficoltà di tutela.
Il significato della pronuncia della Corte
Su queste pagine abbiamo spesso sottolineato il valore interpretativo delle pronunce giurisdizionali che, nel nostro sistema, valgono per il caso in questione e non assumono forza di legge. Senza entrare nello specifico assai complesso del valore delle pronunce della Corte dei Conti, riteniamo che le indicazioni della sezione centrale di controllo debbano assumere un valore peculiare, considerando anche l’inciso recato nella pronuncia di seguito indicato: «Nel contempo questo Collegio ritiene di dover richiamare i competenti Uffici centrali del Ministero dell’istruzione, dell’Università e della ricerca ad una tempestiva attività di indirizzo nei confronti degli Uffici periferici per la corretta applicazione degli istituti contrattuali, secondo le indicazioni peraltro già da tempo rilevabili dalle richiamate sentenze di legittimità, valutando le opportune misure da adottare per ricondurre tempestivamente i provvedimenti in essere nell’ambito dei parametri di legittimità sopra declinati».
In data 4 agosto 2015, infatti, il MIUR ha trasmesso a tutti gli USR la pronuncia n. 17 per i conseguenti adempimenti di competenza.