Sinergie di Scuola

La vicenda che commentiamo prende le mosse dal ricorso, deciso con la sentenza del TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, n. 384/2022, dei genitori di un alunno contro la bocciatura del figlio, al termine del primo anno di scuola secondaria di I grado.

Il Consiglio di classe, infatti, aveva deliberato all’unanimità la non ammissione del minore alla classe successiva per mancato raggiungimento degli obiettivi minimi programmati. I genitori hanno impugnato, inoltre, una serie di atti sui cui si era fondato il giudizio di non ammissione, tra i quali, per quanto a noi interessa, il Piano didattico personalizzato (PDP) predisposto per l’anno scolastico 2021/2022.

La famiglia dello studente ha denunciato che la mancata ammissione all’anno successivo era dipesa dal fatto che la scuola non aveva tenuto in considerazione le problematiche dell’alunno, benché tempestivamente segnalate (fin dal momento della domanda di iscrizione) e notate dai professori, come risultava dai verbali del Consiglio di classe.

Più nello specifico, i ricorrenti hanno evidenziato:

  1. La «Violazione ed errata applicazione di Legge e Regolamenti. Eccesso di potere», alla luce della «mancata tempestiva attivazione e, comunque, mancata esecuzione delle attività e/o di tutte le misure idonee al trattamento dell’alunno con difficoltà volte a prevenirne l’insuccesso scolastico – non conformità del PDP e mancato monitoraggio degli interventi – lesione del diritto all’integrazione scolastica», perché era compito del Consiglio di classe individuare tempestivamente le difficoltà di apprendimento (bisogni educativi speciali, c.d. BES) dell’alunno e predisporre interventi personalizzati. Nel caso di specie, invece, pur conoscendo la situazione di bisogno dell’alunno – in quanto segnalata al momento della predisposizione della domanda di iscrizione, evidenziata dalla scuola di provenienza, notata dai professori – il Consiglio di classe aveva immotivatamente procrastinato le necessarie determinazioni.
  2. Di non aver potuto depositare la relazione della psicologa, attestante le difficoltà del minore, rifiutata dalla scuola in quanto proveniente da professionista privato.
  3. Per quanto attiene al PDP, di non essere riusciti a comprendere la data di effettiva predisposizione e, quanto al contenuto, di essere apparso insufficiente e inefficace.
  4. La «Violazione ed errata applicazione di Legge e Regolamenti. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione», per «Errata valutazione dell’alunno – omessa valutazione complessiva dello stesso – mancato cenno del PDP nel giudizio finale dell’alunno – manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti – lesione dell’interesse legittimo ad una valutazione in linea con la particolarità del caso – violazione del diritto all’integrazione scolastica», per non aver tenuto conto dei bisogni educativi speciali dell’alunno, che avrebbero dovuto incidere sulle regole di valutazione. Dal giudizio conclusivo espresso dal Consiglio di classe, è risultato, al contrario, non esserci stata alcuna individualizzazione delle valutazioni espresse, né considerazione delle particolarità del caso.

L’Istituto scolastico si è difeso rimarcando sia la gravità delle lacune riscontrate dal Consiglio di classe, che hanno portato a deliberare la non ammissione dell’alunno all’unanimità, sia l’atteggiamento scarsamente collaborativo dei genitori durante l’anno scolastico. Ha evidenziato, inoltre, che il PDP è stato redatto in data 16/03/2022 e sottoscritto dai genitori il 16/04/2022 e che solo il giorno 22/04/2022 la scuola è stata informata dall’esistenza di un referto psicologico attestante le problematiche dell’alunno, che suggeriva altresì alla famiglia di effettuare ulteriori valutazioni «per poter eventualmente procedere ad una certificazione specifica».

Infine, è interessante notare come l’amministrazione scolastica abbia fondato la propria difesa sottolineando la differenza di disciplina esistente tra i casi di disturbo specifico dell’apprendimento (DSA), che non sussisteva nel caso di specie, e quelli rientranti nella più generale definizione di BES, che corrispondono a situazioni non diagnosticabili clinicamente e per definizione mutevoli e condizionate.

La decisione del TAR

Il TAR Friuli Venezia Giulia ha dichiarato infondato il ricorso della famiglia dello studente.

Il giudice amministrativo ha messo subito in chiaro che, in linea generale, la valutazione del percorso scolastico svolto dallo studente nel corso dell’anno e dei risultati raggiunti dal medesimo, costituisce atto di esercizio di discrezionalità tecnica, non sindacabile dal TAR se non nei limitati casi di illogicità e contraddittorietà manifeste (cfr., ex plurimis, TAR Campania, Napoli, Sez. IV, 15/03/2022, n. 1719).

Ciò premesso, ai fini del giudizio di ammissione alla classe successiva doveva rilevare unicamente, hanno sostenuto i giudici amministrativi, il livello di preparazione oggettivamente raggiunto dall’alunno (TAR Lombardia, Milano, sez. III, 8/08/2017, n. 1748).

La non ammissione, infatti, sebbene percepibile dall’interessato come provvedimento afflittivo, non aveva carattere sanzionatorio, bensì finalità educative e formative, poiché si era sostanziata nell’accertamento del mancato raggiungimento di competenze e abilità proprie della classe di scuola frequentata, che rendevano necessaria la ripetizione dell’anno scolastico proprio al fine di consentire di colmare lacune di apprendimento (TAR Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 28/03/2013, n. 194). Ne deriverebbe, ha evidenziato sorprendentemente il Tribunale, che «anche le eventuali mancanze della scuola nella predisposizione degli strumenti di ausilio (tra i quali anche il piano didattico personalizzato di cui alla Legge 170/2010) non possono incidere sulla valutazione di ammissione dello studente alla classe successiva, che deve operarsi alla sola stregua della sufficienza o insufficienza delle competenze raggiunte dell’alunno nell’anno scolastico (TAR Lazio, Roma, sez. III, 13/09/2019, n. 10952; TAR Toscana, Firenze, I, 17/10/2017 n. 1246)».

Questo ultimo passaggio argomentativo lascia qualche perplessità, in quanto palesemente contraddittorio.

Il TAR, in buona sostanza, da un lato ha sostenuto che la valutazione di ammissione dell’alunno alla classe successiva dovesse aver riguardo al livello di competenze raggiunte dallo studente alla fine dell’anno scolastico, ma dall’altro ha ritenuto irrilevante la predisposizione di un PDP che, prevedendo strumenti compensativi e dispensativi, fosse idoneo, in quanto tale, ad agevolare proprio l’acquisizione di quelle competenze necessarie per la promozione alla classe successiva e, più in generale, alla maturazione dell’allievo.

Altre precedenti sentenze

D’altronde, numerose sentenze dei tribunali amministrativi hanno da sempre posto in rilievo la necessità non solo di predisporre il PDP nei casi previsti dalla legge, ma anche di attenersi scrupolosamente alle indicazioni e agli strumenti in esso contemplati, pena l’annullamento del giudizio di mancata promozione espresso dal Consiglio di classe.

Già il TAR Lombardia, con sentenza n. 2356 del 15/09/2014, aveva accolto un ricorso contro il giudizio di mancata ammissione di un alunno con DSA, perché l’Istituto aveva omesso di predisporre il PDP, e così aveva fatto pure il Tribunale di Giustizia Amministrativa di Trento e Bolzano (sentenza n. 122 del 25/03/2011), sempre sulla base della mancata adozione del PDP, dell’omessa definizione e attuazione degli strumenti compensativi e delle misure dispensative e del difetto di rapporti collaborativi con l’ASL e la famiglia.

Inoltre, non è sufficiente redigere il PDP, occorre che esso sia realizzato in un congruo arco temporale, come sottolineato nella sentenza n. 612/2013 del TAR Molise: «il piano didattico versato in atti dalla difesa non reca alcuna data, né ha un numero di protocollo, talché si può supporre sia stato redatto solo di recente», cioè negli ultimi mesi dell’anno scolastico.

In ultimo è intervenuto, in merito, proprio il Consiglio di Stato, il quale, con la sentenza n. 3402 del 29/04/2022, ha chiarito che «Le Istituzioni scolastiche devono garantire l’uso di una didattica individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico le quali tengano conto anche di caratteristiche peculiari dei soggetti, adottando una metodologia e una strategia educativa adeguate; si devono introdurre strumenti compensativi, ivi compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere (TAR Lombardia Milano Sez. III, 15/09/2014, n. 2356)», senza trascurare di evidenziare, a differenza di quanto affermato dal TAR Friuli Venezia Giulia nella sentenza n. 384/2022, che «l’adozione di una didattica individualizzata e personalizzata costituisce un vero e proprio obbligo che le Istituzioni scolastiche non possono esimersi dall’osservare, adempimenti questi ultimi il cui rispetto avrebbe dovuto essere considerato ancora più stringente in relazione alla pluralità delle patologie riferite al caso di specie».

Precedenti pronunce hanno chiarito che la scuola deve non solo predisporre gli strumenti compensativi e dispensativi adeguati al caso concreto mediante l’adozione di un PDP, ma, in sede di scrutino finale, valutare lo studente alla luce dello specifico percorso predisposto e in correlazione con il disturbo che lo caratterizza (TAR Lazio, Roma, Sez. III bis, 28/03/2014, n. 3465).

Alunni con BES

Altra questione, invece, è affermare, come ha fatto correttamente il TAR friulano, che la predisposizione di un PDP per un alunno con BES non costituisca un obbligo per la scuola. Il giudice amministrativo ha richiamato la circolare del 27/12/2012 che prevede, infatti, al punto 1.5, che «Le scuole – con determinazioni assunte dai Consigli di classe, risultanti dall’esame della documentazione clinica presentata dalle famiglie e sulla base di considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico – possono avvalersi per tutti gli alunni con bisogni educativi speciali degli strumenti compensativi e delle misure dispensative previste dalle disposizioni attuative della Legge 170/2010 (D.M. 5669/2011), meglio descritte nelle allegate Linee guida».

Non solo, quindi, la normativa menzionata sancisce la facoltatività del PDP per gli alunni con BES, ma evidenzia altresì il ruolo centrale della famiglia nell’individuazione delle esigenze specifiche.

Non potevano, quindi, i ricorrenti dolersi di asserite omissioni o ritardi in cui l’Istituzione scolastica sarebbe incorsa nella predisposizione dello strumento, ove si consideri che gli stessi genitori, almeno per gran parte dell’anno scolastico, non hanno collaborato attivamente con la scuola per permettere l’emersione di tali bisogni educativi, né, più in generale, per consentire all’alunno di raggiungere gli obiettivi programmati.

Collaborazione scuola-famiglia

È mancata, sottolinea il TAR, la doverosa interlocuzione con gli insegnanti (come risulta dalle numerose comunicazioni non riscontrate), oltre che il necessario controllo dello studio casalingo e della preparazione dei materiali scolastici (come è emerso dall’esame delle numerose note disciplinari in cui si stigmatizzava il comportamento dello studente che si era recato a scuola senza libri di testo o senza aver svolto i compiti assegnati).

Il TAR, infine, ha respinto l’ultimo argomento della parte ricorrente, che sottolineava il rifiuto della scuola di ammettere il documento certificativo della psicologa, che avrebbe potuto guidare il corpo docente all’identificazione delle problematiche dell’alunno, in quanto non proveniente da una struttura pubblica.

Il TAR non ha giudicato questa tesi meritevole di accoglimento, sia perché non vi era stata alcuna prova di queste affermazioni, sia poiché tale documento, oltre ad indicare le specifiche aree in cui il minore registrava difficoltà, invitava i genitori ad effettuare ulteriori approfondimenti, raccomandazione cui non è stato dato alcun seguito per i due anni successivi.

Dai documenti di causa è risultato che la scuola, comunque, avesse costantemente monitorato il rendimento scolastico dell’alunno e informato con regolarità la famiglia.

A fronte di ciò, conclude il giudice amministrativo, poiché i tempi e le modalità di azione del Consiglio di classe nella definizione dei BES dell’alunno e nella predisposizione del PDP appartengono ad un’area di discrezionalità tecnica, essi non sono sindacabili.

In mancanza di adeguata informazione da parte della famiglia, non poteva quindi essere considerata tardiva la predisposizione del PDP avvenuta nel marzo del 2022, né era ragionevole sostenere che la scuola avrebbe dovuto individuare immediatamente i BES dello studente sulla base dell’indicazione di “alunno con DSA” operata al momento dell’iscrizione.

Il disturbo specifico di apprendimento è infatti condizione differente che necessita, per essere riconosciuta, di specifica documentazione diagnostica (mai presentata).

Ugualmente, il fatto che l’alunno fosse stato considerato con bisogni educativi speciali durante la scuola primaria non vincolava i docenti del ciclo di studi successivo a considerarlo allo stesso modo, trattandosi di valutazione mutevole e suscettibile di evoluzione, che essi erano tenuti a compiere in prima persona.

Non è quindi censurabile, ribadisce il TAR, la condotta del Consiglio di classe che, pur riscontrando fin dal principio dell’anno scolastico le difficoltà dell’alunno, prontamente comunicate alla famiglia, abbia ritenuto opportuno attendere, al fine di valutare «se la situazione dell’alunno dipenda dalla mancanza di studio» (così il verbale del 2° Consiglio di classe).

Per quanto attiene, infine, alla motivazione del provvedimento di non ammissione, essa recava chiara ed esaustiva indicazione della scelta operata all’unanimità dal Consiglio di classe, fondata sul «mancato raggiungimento degli obiettivi minimi programmati in molte discipline», sull’impegno giudicato «insufficiente sia nella maggior parte delle attività curriculari, sia nei corsi di recupero pomeridiani», alcuni dei quali non frequentati benché suggeriti. Le ragioni della non ammissione erano inoltre state spiegate ai genitori, convocati in apposito incontro.

Per quanto esposto, il TAR friulano non ha rinvenuto alcuna responsabilità della scuola nella mancata ammissione dello studente al successivo anno scolastico, respingendo, pertanto, il ricorso.

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