Sinergie di Scuola

È tempo di scrutini, di promozioni e bocciature, e inevitabilmente, anche di contenziosi giudiziari. 

In questo articolo esaminerò gli errori più frequenti, oggetto di pronunce giurisprudenziali, che possono invalidare un giudizio di non ammissione alla classe successiva o di mancato superamento (o ammissione) dell’esame Stato al termine del primo e del secondo ciclo di istruzione.

Mancata ammissione agli esami di Stato o successiva bocciatura

Insindacabilità della valutazione

La sentenza del Tar Lazio 23/07/2008, n. 7262 osserva che la giurisprudenza maggioritaria ha sempre affermato come le valutazioni sulla preparazione degli studenti siano espressione di considerazioni di natura tecnico/didattica, non sindacabili nel merito, se non in caso di manifeste contraddizioni o illogicità nel procedimento di assegnazione dei voti.

In tale direzione, anche le eventuali irregolarità dei verbali e degli atti della commissione finiscono per essere del tutto irrilevanti quando è manifesto che la bocciatura sia esclusivamente il frutto di impegno nello studio complessivamente insufficiente

Vizi ed errori formali 

Nel caso di impugnazione di valutazioni provenienti da Commissione di maturità, non è dunque sufficiente contestare vizi di natura formale della valutazione negativa espressa, potendo questa risultare illegittima solo qualora si possa dimostrare che, a causa dei lamentati vizi, la determinazione e/o il giudizio finale risultassero irrimediabilmente infirmati per erroneità dei presupposti, per travisamento dei fatti ovvero, ancora, per illogicità manifesta.

Il Giudice amministrativo può intervenire, in altre parole, solo se è più che evidente, dagli atti e da eventuali testimonianze, un comportamento dei commissari sicuramente arbitrario, irragionevole, irrazionale, come giudicare insufficiente una interrogazione brillante, giudicare in modo completamente differente due elaborati di contenuto pressoché identico (escluse eventuali “copiature”), assegnare un tempo troppo limitato all’esposizione orale per poter formulare un giudizio ponderato ecc. 

Mancanza di correzioni sull’elaborato

Premesso che il giudizio formulato dalla Commissione per l’esame di maturità d’esame, ai fini del voto numerico, va inserito in una lettura completa dell’intera prova di maturità, non è sufficiente ad invalidare l’operato degli esaminatori, la mancanza di correzioni sul testo dell’elaborato, purché il giudizio di non ammissione sia giustificato da un esame complessivo degli elaborati, dei verbali, e delle schede relative al candidato.

Voto in forma numerica

Il voto in forma numerica è sufficiente, purché, nella griglia di valutazione, sia accoppiato a tale voto un giudizio chiaro e coerente, anche se preconfezionato.


Se va male solo la prova orale

La Commissione, pur tenendo conto delle prove scritte, non può operare con criteri di automaticità e considerare superato l’esame di Stato solo perché tali prove sono risultate positive. 

In un caso esaminato dal Consiglio di Stato, Sez. IV, 26/06/2013, n. 2370, nonostante il superamento della prova scritta, si è evidenziato che la prova orale «è comunque un segmento importante del complesso esame previsto per superare il prestigioso concorso de quo; che, seppur rara, è fisiologica l’evenienza che nel corso della prova orale il candidato non riesca ad esprimere il suo sapere; che in tale evenienza la Commissione non può che prendere atto della circostanza che la prova è stata insufficiente, e da ciò trarre le doverose conclusioni».

Se lo studente è l’unico bocciato

Il fatto che uno studente sia stato l’unico bocciato, non può essere sufficiente ad assumere che solo nei suoi confronti sia stato adottata una particolare severità, che non aveva avuto riscontro nei riguardi degli altri candidati.

Il giudizio di maturità degli altri concorrenti può semplicemente essere il frutto di migliori prove di esame e di curricula studiorum complessivamente migliori (a meno che, ovviamente, non si dimostri un atteggiamento dolosamente preordinato alla bocciatura).

Mancata ammissione alla classe successiva

Alunni con DSA

Premesso che i disturbi specifici di apprendimento (quali la dislessia, la disgrafia, la disortografia, il disturbo specifico della compitazione e la discalculia) si verificano in soggetti che hanno intelligenza almeno nella norma, con caratteristiche fisiche e mentali anch’esse nella norma e la capacità di imparare, di tali difficoltà si deve senz’altro tenere conto in sede di valutazione e verifica degli apprendimenti, comprese quelle effettuate in sede di esame conclusivo dei cicli.

A tali fini, nello svolgimento dell’attività didattica e delle prove di esame, sono adottati gli strumenti metodologico-didattici compensativi (sintesi vocale, registratore, programmi di video scrittura con correttore ortografico, calcolatrice, tabelle, formulari, mappe concettuali) e misure dispensative (interventi che consentono all’alunno o allo studente di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e che non migliorano l’apprendimento).

D’altra parte, consentire all’alunno o allo studente con DSA di usufruire di maggior tempo per lo svolgimento di una prova, o di poter svolgere la stessa su un contenuto comunque disciplinarmente significativo ma ridotto, trova la sua ragion d’essere nel fatto che il disturbo li impegna per più tempo dei propri compagni nella fase di decodifica degli elementi della prova.

Tuttavia, come chiarito anche nelle linee guida del MIUR, le misure citate non sono deputate a creare percorsi immotivatamente facilitati che non conducono al reale successo formativo degli studenti con DSA; esse, inoltre, debbono essere sempre calibrate in vista dell’effettiva incidenza del disturbo sulle prestazioni richieste, in modo tale, comunque, da non differenziare, in ordine agli obiettivi, il percorso di apprendimento dell’alunno o dello studente in questione.

Per questi motivi, la valutazione degli insegnanti deve discriminare fra ciò che è espressione diretta del disturbo e ciò che esprime l’impegno dell’allievo e le conoscenze effettivamente acquisite (Tar Lombardia – Milano, Sez. III, 21/09/2012 n. 2360).

Inoltre, per gli alunni DSA deve essere predisposto dagli insegnanti un Progetto Didattico Personalizzato (PDP) che preveda, in talune discipline, delle misure compensative e dispensative. 

Da ciò si evince che il giudizio di non ammissione risulterebbe irrimediabilmente invalidato qualora:

  1. quanto previsto nel PDP non sia stato rispettato dal Consiglio di Classe;
  2. risulti una carenza di motivazione circa l’aspetto fondamentale della mancata presa in considerazione del fatto che lo studente respinto sia stato certificato con DSA, al punto da non evidenziare nel giudizio finale se i risultati negativi siano stati conseguenza dello scarso impegno dell’alunno o del suo disturbo dell’apprendimento;
  3. addirittura manchi o non sia stato tempestivamente predisposto il PDP.

Assenza di docente agli scrutini finali 

È illegittima la bocciatura di uno studente se al Consiglio di classe per gli scrutini di fine anno non hanno partecipato uno o più professori?

Il Tar Lazio, Sez. III Bis, 25/08/2010, n. 31634 ha dato risposta positiva al quesito, sostenendo che «il Consiglio di classe opera come un Collegio perfetto e come tale deve operare con la partecipazione di tutti i suoi componenti, essendo richiesto il quorum integrale nei collegi con funzioni giudicatrici. In caso di assenza per giustificati motivi il docente interessato deve essere sostituito, con incarico del Dirigente scolastico, da un altro docente della stessa materia in servizio presso la stessa scuola».

Non ammissione insufficientemente motivata

In caso di non ammissione di una pluralità di alunni alla classe successiva, il giudizio del Consiglio di classe non deve essere cumulativo e indistinto, ma riferito ad ogni studente, con l’esplicitazione del processo logico-valutativo che ha portato alla mancata ammissione, indicando i voti negativi nelle materie, le carenze formative e la valutazione comportamentale. 

La necessità di una congrua motivazione di un giudizio negativo è tanto più necessaria quanto siano evidenti difficoltà oggettive in capo all’alunno da esaminare. Il TAR del Lazio nella sentenza n. 31203 del 2010 ha correttamente statuito, in presenza di un alunno dislessico, che «L’obbligo di una congrua ed esplicita motivazione risulta infatti ancora più pregnante non soltanto in caso di esito incerto dei risultati scolastici conseguiti ma anche nell’ipotesi di specie riguardante la situazione psico-fisica dell’alunno», concludendo che «il Consiglio dei docenti nella formulazione del giudizio di non promozione, ha chiaramente omesso di far menzione e di valutare nella sua globalità la particolare situazione dello alunno (dislessia). L’atto impugnato pertanto risulta quanto mai generico ed incongruo posto che nella specie si limita a sostenere la mancata ammissione alla classe successiva “[...] al fine di permettergli di consolidare le conoscenze e le competenze di base nelle discipline nelle quali ha manifestato maggiori difficoltà [...]”. Ciò sta ad indicare come il giudizio di non promozione sia carente di motivazione nella misura in cui non evidenzia con compiutezza le ragioni del suo iter logico».

Da ciò discente anche il principio secondo il quale il percorso didattico di uno studente non è paragonabile a quella del compagno di classe, pur avendo voti simili. Ciò è stato chiaramente esplicitato da TAR Calabria-Catanzaro, n. 514/2008: «ogni valutazione deve essere seguita collegialmente, dopo approfondito e puntuale esame per ciascun alunno, sulla base dei giudizi analitici dei docenti delle discipline di insegnamento. Ciò, anche perché ciascun allievo percorre un proprio iter, soggetto a valutazione finale complessiva, e, quindi la situazione didattica di un alunno non può essere comparata con quella di altri soggetti. L’autonoma valutazione di un alunno esige un processo di formazione della volontà che sia relazionato a verbale, in specie quando, durante la seduta si perviene alla delibera attraverso una votazione a maggioranza. In suddetta ipotesi è indispensabile che dal verbale emergano elementi in grado di sostenere quanto deciso». Il giudice nella stessa sentenza esprime che «le ragioni della non ammissione possono essere normalmente desumersi dai verbali del consiglio di classe, integrati dalla documentazione ufficiale (registri e pagelle), da cui risultano l’intero svolgersi dell’anno scolastico nonché i profitti e la condotta degli allievi».


Indicazione dei voti contro e a favore

Il TAR Lombardia n. 2330/2011 ha chiarito che «per ciò che concerne l’indicazione dei docenti che si sono espressi a favore e contro la decisione assunta dall’organo collegiale, ritiene il Collegio che nei verbali delle deliberazioni di scrutinio dei consigli di classe tale indicazione non sia necessaria, in quanto l’attestazione che in favore della decisione finale si è espressa la maggioranza dei docenti costituisce elemento di per sé sufficiente per apprezzare la legittimità della deliberazione assunta dall’organo».

Non ammissione anche se c’è la sufficienza

Il Consiglio di Stato nella recente sentenza 1245/2015 ha risposto che è irrilevante la circostanza che la non ammissione all’esame di terza media sia  stata  votata  anche  da  docenti  che  avevano  proposto  voto  di sufficienza per la propria materia, considerato il differente oggetto della valutazione, dato che, al momento di proporre il voto per la propria materia, il singolo docente deve valutare il profitto dell’alunno soltanto nella propria disciplina, mentre al momento di concorrere a esprimere il voto ai fini dell’ammissione, o meno, alla classe successiva o all’esame di terza media, occorre avere riguardo alla situazione complessiva dell’alunno. Cosicché ben può accadere che, a fronte di una valutazione positiva relativa alla propria, specifica materia, il singolo docente si renda conto del mancato raggiungimento degli obiettivi richiesti per l’ammissione dello studente alla classe successiva o all’esame di terza media. 

Allievo bocciato ammesso dal Tar alla classe successiva

Se uno studente, per esempio alla fine della classe prima della scuola secondaria di secondo grado, venisse bocciato, potrebbe fare ricorso e, se il Tar lo ammettesse a frequentare la classe seconda, con riserva di esaminare più approfonditamente il suo caso, potrebbe accadere che l’alunno sia promosso in terza dal Consiglio di classe. Questa ultima promozione cancella il giudizio di non ammissione alla classe seconda, poiché, come statuito dal Tar Emilia Romagna – Parma, con sentenza n. 266 del 26/07/2011, «la promozione conseguita dall’alunno ammesso alla classe successiva con riserva da parte del giudice amministrativo (in sede cautelare) assorbe il giudizio negativo in precedenza espresso dal Consiglio di classe e determina di conseguenza l’improcedibilità del ricorso avverso l’originario diniego di ammissione, presupponendo la promozione alla classe superiore una valutazione positiva dell’allievo che si fonda su di un programma più ampio di quello svolto nella classe inferiore».

Mancata informativa alla famiglia 

La giurisprudenza si era sempre espressa nel senso di considerare, per la valutazione di legittimità del giudizio di non ammissione alla classe superiore, solamente gli elementi che, alla conclusione dell’anno scolastico, denotano la presenza o meno di un sufficiente livello di preparazione e di maturità dell’alunno, senza che su di essa possa incidere il livello della comunicazione scuola-famiglia intervenuta nel corso del medesimo anno scolastico. 

Per le stesse ragioni, nessun rilievo può rivestire la mancata attivazione di specifici interventi atti a favorire il recupero scolastico dello studente: anche in questo caso la legittimità del giudizio non può dipendere dalla mancata attivazione delle iniziative di sostegno concretatesi in appositi corsi di recupero, la quale non ha alcuna influenza sul giudizio che il Consiglio di classe è chiamato ad esprimere in sede di scrutinio finale.

Ultimamente, però, si deve dare conto della sentenza Tar Puglia 29/05/2014, n. 640, attraverso la quale il giudice amministrativo afferma che la bocciatura di uno studente è illegittima in quanto «per un verso, dalla disamina della documentazione versata agli atti di causa non risulta provato che la scuola abbia adempiuto all’onere di informazione nei confronti dei genitori del minore in ordine alle carenze formative riscontrate e che, per altro verso, il minore non risulta essere stato invitato a partecipare alle attività di recupero organizzate presso l’istituto e rese in favore di altri alunni».

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