Sinergie di Scuola

Una sentenza pronunciata il 30 aprile scorso dalla sezione lavoro del Tribunale di Monza offre l’opportunità di parlare di un istituto poco conosciuto, riguardante un modo alternativo di risoluzione delle controversie di lavoro: la conciliazione “sindacale”, disciplinata dall’art. 135 del Contratto collettivo nazionale di lavoro della Scuola 2006-2009.

Prima, però, occorre spendere alcune parole per definire il concetto di “conciliazione” e per le procedure previste dall’ordinamento giuridico.

La conciliazione consiste in una procedura nella quale i protagonisti di una lite richiedono l’intervento di un terzo, il quale, valutate le contrapposte posizioni e individuata la giusta composizione della controversia, li aiuterà a raggiungere un accordo proficuo per tutti, senza che vi sia, come invece accade davanti al giudice, un vincitore e un perdente.

La conciliazione è una procedura stragiudiziale, poiché non si svolge davanti ad un magistrato, che si può esternare, in merito alle liti di lavoro riguardanti la Pubblica amministrazione, attraverso due modalità alternative:

  • secondo la procedura prevista per le controversie di lavoro, sia presso pubbliche amministrazioni sia presso datori di lavoro privati, dagli artt. 410 e seguenti del codice di procedura civile (c.p.c.);
  • secondo la modalità prevista per le controversie relative al rapporto di lavoro del personale scolastico, dall’art. 135 del CCNL Scuola 2006-2009.

La sentenza del Tribunale di Monza ha deciso in merito al caso di un insegnante che, non confermato in ruolo dal Dirigente scolastico e pertanto dispensato dal servizio, ha impugnato il provvedimento dirigenziale (ma, come possiamo anticipare, “fuori tempo massimo”), chiedendo che la lite venisse decisa attraverso una apposita procedura conciliativa “sindacale”, prevista dall’art. 135 CCNL Scuola.

La tempistica per espletare la procedura

La sentenza del giudice monzese è interessante laddove esamina i requisiti per l’espletamento corretto della procedura conciliativa, soprattutto evidenziando i termini al di là dei quali essa non può più essere attivata.

Ricorda il Tribunale che l’art. 135 citato regolamenta l’istituto in questione nel seguente modo:

  • la richiestadel tentativo di conciliazione, deve indicare:
    1. le generalità del richiedente, la natura del rapporto di lavoro, la sede ove il lavoratore è addetto;
    2. il luogo dove devono essere inviate le comunicazioni riguardati la procedura di conciliazione;
    3. l’esposizione sommaria dei fatti e delle ragioni poste a fondamento della richiesta;
    4. qualora il lavoratore non intenda presentarsi personalmente, l’eventuale delega ad altro soggetto, anche sindacale e conferibile anche in un secondo momento, al quale la parte conferisce mandato di rappresentanza per lo svolgimento del tentativo di conciliazione, deve essere depositata (o spedita a mezzo di lettera raccomandata) presso l’ufficio del contenzioso dell’amministrazione competente e presso l’ufficio territoriale del MIUR a cui la norma attribuisce compiti di segreteria per le parti che devono svolgere il tentativo di conciliazione;
  • entro 15 giorni dal ricevimento della richiesta, l’amministrazione compie un primo esame sommario che può concludersi con l’accoglimento delle pretese del lavoratore; in caso contrario l’amministrazione deposita nel medesimo termine di 15 giorni le proprie osservazioni presso l’ufficio di segreteria e individua il proprio rappresentante con potere di conciliare;
  • la comparizione delle parti per l’esperimento del tentativo di conciliazione è fissata dall’ufficio di segreteria in una data compresa nei 15 giorni successivi al deposito delle osservazioni dell’amministrazione;
  • il tentativo di conciliazione deve esaurirsi nel termine di 5 giorni dalla data di convocazione delle parti;
  • qualora l’amministrazione non depositi nei termini le proprie osservazioni, l’ufficio di segreteria convocherà comunque le parti per il tentativo di conciliazione.

Il giudice evidenzia che questa procedura è alternativa rispetto a quella dinanzi alla Commissione di conciliazione prevista dall’art. 410 c.p.c., che riguarda sia le controversie di lavoro dei dipendenti pubblici sia dei dipendenti privati.

In altre parole, il lavoratore “dispensato” avrebbe potuto chiedere il raggiungimento di un accordo stragiudiziale (evitando quindi di recarsi dal giudice) anziché avvalersi del procedimento disciplinato dall’art. 135 CCNL Scuola appena descritto, facendo valere le proprie ragioni in seno alla Commissione di conciliazione.

In questo ultimo caso l’art. 410 c.p.c. precisa che il pubblico dipendente può promuovere, anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato, un previo tentativo di conciliazione presso la Commissione di conciliazione istituita presso la Direzione provinciale del lavoro.

Dopo averne definita la composizione, l’articolo prosegue precisando che la richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dall’istante, è consegnata o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. In essa occorre precisare:

  1. nome, cognome e residenza dell’istante e del convenuto; se l’istante o il convenuto sono una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o un comitato, l’istanza deve indicare la denominazione o la ditta nonché la sede;
  2. il luogo dove è sorto il rapporto ovvero dove si trova l’azienda o sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto;
  3. il luogo dove devono essere fatte alla parte istante le comunicazioni inerenti alla procedura;
  4. l’esposizione dei fatti e delle ragioni posti a fondamento della pretesa.

Se il datore di lavoro – il MIUR nel caso che ci interessa – intende accettare la procedura di conciliazione, deposita presso la Commissione di conciliazione, entro venti giorni dal ricevimento della copia della richiesta, una memoria contenente le difese. Ove ciò non avvenga, ciascuna delle parti è libera di adire l’autorità giudiziaria.

Entro i dieci giorni successivi al deposito, la Commissione fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione, che deve essere tenuto entro i successivi trenta giorni.


Decorrenza dei termini per il deposito del ricorso giudiziale

La sentenza del Tribunale di Monza afferma un principio interessante: sia che si tratti della procedura conciliativa attivata innanzi la Commissione di conciliazione, sia che si tratti di quella promossa in sede sindacale ex art. 135 CCNL Scuola, i termini entro i quali depositare l’eventuale ricorso giudiziale sono identici: 60 giorni. Ma da quando decorrono?

Il giudice ha statuito chiaramente che per la procedura ex art. 135 del CCNL Scuola, laddove l’amministrazione comunichi il proprio rifiuto di aderire alla conciliazione o comunque resti silente, trascorsi 15 giorni senza che l’amministrazione abbia depositato le osservazioni presso l’ufficio di segreteria di conciliazione e senza che questi nei successivi 15 giorni abbia convocato le parti, l’insegnante è libero di adire il giudice ed è da tale momento che necessariamente decorrono i 60 giorni.

Poiché, nel caso discusso nella sentenza che ci occupa, il MIUR ha rifiutato (come era nella sua facoltà) di aderire alla richiesta di tentativo di conciliazione, non ha depositato le osservazioni nel termine assegnato di 15 giorni decorrente dalla richiesta di tentativo di conciliazione, né ha convocato le parti nel successivo termine di 15 giorni, il termine dei 60 giorni (entro i quali doveva depositarsi il ricorso innanzi al Tribunale) ha iniziato a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla richiesta del tentativo di conciliazione, cioè da quando si è comunque reso manifesto il “rifiuto” del MIUR di aderire alla richiesta di attivazione della procedura conciliativa.

Nel caso della conciliazione presso la Commissione, il termine di 60 giorni per incardinare il giudizio innanzi all’autorità giudiziaria decorre o dal rifiuto eventualmente formalizzato e comunicato in anticipo dal MIUR o, in mancanza, dalla scadenza del termine di 20 giorni disponibile per il compimento dell’atto a seguito del quale la Commissione di conciliazione è tenuta a convocare le parti per il tentativo di conciliazione, da espletare nei successivi 30 giorni.

In altre parole il giudice monzese ha evidenziato che, in caso di richiesta di conciliazione, ai sensi dell’art. 410, comma 7, c.p.c. il “rifiuto” rispetto al tentativo di conciliazione si verifica se la controparte non depositi (entro 20 giorni dal ricevimento della richiesta di conciliazione) la memoria di costituzione con il contenuto previsto: in tal caso il termine di 60 giorni per l’impugnazione giudiziale del licenziamento/destituzione decorre dallo spirare dei 20 giorni concessi alla controparte per depositare le proprie memorie.

Poiché non è prevista la comunicazione dell’eventuale memoria alla parte che ha proposto la procedura di conciliazione, sarà onere di quest’ultima verificare se la controparte abbia o meno depositato la memoria difensiva.

Quindi il MIUR non era tenuto a rispondere alla richiesta di tentativo di conciliazione né prima né dopo il termine di 20 giorni, scaduti i quali tuttavia decorreva il successivo termine di 60 giorni per il deposito del ricorso giudiziale.

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