Sinergie di Scuola

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12621 del 20/04/2022, ha chiarito quando una cattedra sia da considerarsi vacante e, di conseguenza, che il docente, a cui sia stata assegnata una supplenza su tale tipo di cattedra, ha il diritto a stipulare un contratto di lavoro non sino al termine delle attività didattiche, bensì fino al termine dell’anno scolastico, anche qualora si tratti di uno spezzone orario.

La pronuncia degli Ermellini ha preso le mosse dal ricorso presentato da una supplente, la quale, avendo avuto incarichi di docenza «fino al termine delle attività didattiche», ha affermato innanzi al giudice di primo grado che le assegnazioni effettuate in suo favore sarebbero state illegittime, perché effettuate su posti vacanti (quindi da assegnare fino al termine dell’anno scolastico), rivendicando il diritto al pagamento della retribuzione per i mesi estivi.

Sia il Tribunale di Arezzo, sia la Corte d’Appello di Firenze hanno accolto quasi integralmente le doglianze dell’insegnante, ritenendo che, per un primo contratto riguardante l’a.s. 2007/2008, fosse illegittimo l’operato della pubblica amministrazione, in quanto, pur trattandosi di supplenza su posto vacante e disponibile, si era decisa l’attribuzione solo fino al termine delle attività didattiche. Ciò era accaduto poiché il titolare di ruolo aveva opzionato, in base ad un accordo sindacale, per un’assegnazione ad altra sede, anch’essa fino al termine delle attività didattiche, il tutto però attraverso un meccanismo di scorrimento non sorretto dalle disposizioni delle norme primarie di riferimento.

Quanto ai contratti successivi, dal 2008/2009 fino al 2010/2011, i giudici, pur dando atto che si trattava di supplenze per spezzoni orari, hanno ritenuto che ciò non escludesse il possibile trattarsi di posti vacanti; dunque, poiché il Ministero, a fronte della specifica deduzione in tal senso della ricorrente, non aveva neppure indicato il nominativo dei presunti titolari delle cattedre che la professoressa aveva ricoperto per un numero di ore inferiore a quello pieno, i giudici avevano dato ragione alla docente.

Il Ministero ha proposto ricorso per cassazione, affermando, con riferimento al contratto di lavoro relativo all’a.s. 2007/2008, che erroneamente i giudici di primo e secondo grado avessero ritenuto che l’operazione di attribuzione delle ore disponibili «fino al termine delle attività didattiche» si ponesse in contrasto con la Legge 124/1999, relativa al tipo di supplenze che possono essere assegnate, di cui anzi avrebbe costituito lineare applicazione.

La Cassazione, solo su questo punto, ha accolto il ricorso del Ministero dell’istruzione, proprio ricostruendo il meccanismo di attribuzione delle supplenze.

Le tre tipologie di supplenza

I giudici di ultima istanza, infatti, hanno precisato che l’art. 4 della Legge 124/1999 prevede tre tipologie di supplenze:

  1. Supplenze su cattedre vacanti e disponibili per l’intero anno scolastico, cui si provvede mediante conferimento di «supplenze annuali» (disciplinate dal comma 1, c.d. “supplenze su organico di diritto”). Si tratta di posti che risultano effettivamente vacanti entro la data del 31 dicembre e che rimarranno scoperti per l’intero anno, perché relativi a sedi disagiate o comunque di scarso gradimento, per i quali non vi sono domande di assegnazione da parte del personale di ruolo. La non copertura di questi posti si manifesta solo dopo l’esaurimento delle procedure di trasferimento, assegnazione provvisoria, utilizzazione di personale soprannumerario e immissione in ruolo; verificato che sono rimasti privi di titolare, quei posti possono essere coperti, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo, mediante l’assegnazione delle supplenze.
  2. Supplenze su cattedre di fatto disponibili, cui si provvede mediante «supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche» per la copertura «delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario» (previste dal comma 2, e denominate “supplenze su organico di fatto”). Coprono posti che non sono tecnicamente vacanti, ma si rendono di fatto disponibili, per varie ragioni, quali l’aumento imprevisto della popolazione scolastica nel singolo istituto, la cui pianta organica resti tuttavia immutata, oppure per l’aumento del numero di classi, dovuto a motivi contingenti, ad esempio di carattere logistico.
  3. Supplenze temporanee, in tutti i casi diversi da quelli sopra indicati (regolate dal comma 3). Sono conferite per ogni altra necessità, come la sostituzione di personale assente o la copertura di posti resisi disponibili, per qualsivoglia ragione, soltanto dopo il 31 dicembre, e destinate a terminare non appena venga meno l’esigenza per cui sono stati stipulati.

Il ragionamento dei giudici

La Cassazione ha sottolineato come la ricostruzione dei fatti svolta dai due giudici del merito, presentando alcune incongruenze – come l’affermazione dell’esistenza di un titolare di ruolo e, contemporaneamente, della natura vacante e disponibile della cattedra – non possa che intendersi nel senso che il primo contratto avesse riguardato un posto rispetto al quale il titolare aveva accettato un contratto «fino al termine delle attività didattiche» in altra sede, così spiegandosi quel “declassamento” ad organico di fatto, al quale le sentenze di merito hanno fatto menzione.

In altre più semplici parole, era nel giusto il MIUR (ora M.I.), nell’affermare che quella “vacanza” non era in realtà tale, in quanto il titolare della cattedra esisteva, solo che era stato assegnato ad altra sede per quell’anno scolastico, determinando, in tal modo, solo una disponibilità di fatto della cattedra stessa, destinata a cessare quando il titolare di ruolo fosse ritornato nella sede originaria, sede nella quale era temporaneamente, cioè fino alla fine delle attività didattiche, stata impiegata la supplente.

Chiarito questo punto, la Cassazione si è occupata dei restanti periodi di supplenza, respingendo le tesi ministeriali che volevano dimostrare che lo spezzone orario, relativo proprio a tali periodi di supplenza, dovesse rientrare nelle previsioni dell’art. 4, comma 2 della Legge 124/1999, nel senso che esso sarebbe afferente ad un posto “non vacante”, poiché di orario inferiore a quello di cattedra previsto per la classe di concorso e, di conseguenza, attribuibile con contratto sino al termine dell’attività scolastica, non sino al 31 agosto.

Gli Ermellini hanno smentito senz’altro l’affermazione del Ministero secondo la quale l’attribuzione di supplenze su orario inferiore a quello di cattedra, previsto per un certo insegnamento, sia in sé indice inconfutabile della mera esistenza di una vacanza “di fatto”; lo ha ammesso proprio l’amministrazione scolastica quando, nelle proprie difese, ha precisato che uno spezzone può essere sommato ad altri per materia omogenee, nella stessa scuola, ma su sedi diverse (cattedre orario interne, COI) o anche in altre scuole (cattedre orario esterne, COE) al fine di raggiungere il completamento dell’orario di cattedra “di diritto”.

Per corroborare le proprie statuizioni, la Suprema Corte ha richiamato anche l’art. 19 (Determinazione delle cattedre e dei posti di insegnamento nella scuola secondaria di I e II grado) del D.P.R. 81/2009, il quale afferma che «Le cattedre costituite con orario inferiore all’orario obbligatorio di insegnamento dei docenti, definito dal contratto collettivo nazionale di lavoro, sono ricondotte a 18 ore settimanali, anche mediante l’individuazione di moduli organizzativi diversi da quelli previsti dai decreti costitutivi delle cattedre, salvaguardando l’unitarietà d’insegnamento di ciascuna disciplina [...].

Per l’ottimale utilizzo delle risorse, dopo la costituzione delle cattedre all’interno di ciascuna sede centrale di istituto e di ciascuna sezione staccata o sede coordinata, si procede alla costituzione di posti orario tra le diverse sedi, della stessa Istituzione scolastica e successivamente tra Istituzioni scolastiche autonome diverse, secondo il criterio della facile raggiungibilità.

Nei corsi serali eventuali posti orario vengono costituiti prioritariamente utilizzando ore disponibili nei corsi diurni della medesima Istituzione scolastica.

I Dirigenti scolastici, fatte salve le priorità indicate ai commi precedenti, prima di procedere alle assunzioni a tempo determinato di propria competenza, attribuiscono spezzoni orario fino a 6 ore ai docenti in servizio nell’istituzione, con il loro consenso, fino ad un massimo di 24 ore settimanali».

La supplenza su spezzone orario

In sostanza, hanno evidenziato i giudici, lo “spezzone”, cioè un numero di ore inferiore a quello utile ad integrare una cattedra, può essere sempre stato tale se mai coordinato ad altre ore, e allora, qualora esso resti scoperto, si tratta di vacanza di fatto; oppure esso può essere parte di una cattedra c.d. “orario”, e allora può accadere che la vacanza sia di diritto.

Proprio in riferimento a questa ultima eventualità, i giudici di legittimità hanno sottolineato due ipotesi:

  1. lo spezzone vacante è quello sulla cui base è stata istituita la cattedra, poi completata da altre ore in altra o altre scuole;
  2. la cattedra orario vacante, divisa in spezzoni orari, è già costituita e persiste secondo date modalità e si determina la necessità di copertura, con supplenze, dei vari spezzoni di cui essa è composta, come nel caso in cui il Dirigente scolastico fruisca della facoltà di cui all’art. 19 cit., comma 4, di attribuire sei ore di una cattedra vacante ad un docente interno, così determinandosi una vacanza “di diritto” delle restanti ore.

La questione, ha precisato la Suprema Corte, si riduce al mero accertamento della corrispondenza della supplenza ad uno spezzone di cattedra di diritto o di fatto; con l’effetto per cui, qualora realmente quello attribuito sia uno spezzone di cattedra preesistente e vacante, cioè di diritto, quali che siano le ragioni per cui concreto ciò sia avvenuto, le modalità di attribuzione della supplenza non possono derogare alla norma primaria di cui all’art. 4, comma 1 della Legge 124/1999, a discapito del docente incaricato, che, perciò, ha diritto a proseguire nel servizio per tutto l’anno scolastico.

La Cassazione, a questo punto, ha richiamato alcuni principi cardine in materia di assegnazione delle supplenze, già precisati in sentenze precedenti.

Innanzi tutto, il principio per cui «l’attribuzione del tipo di supplenza, annuale, temporanea fino al termine dell’attività didattica o temporanea per necessità contingenti, è condizionata dalla definizione delle dotazioni organiche e, dunque, dalla consistenza dei posti previsti nelle dotazioni organiche, con atto di macro-organizzazione di portata generale, dall’Amministrazione scolastica» (Cass. 7/11/2016, n. 22552 e altre successive sempre conformi), sicché la qualificazione della supplenza dipende, appunto, dall’afferire o meno di essa ad un posto “vacante”, secondo la previa definizione delle dotazioni e non da altro; inoltre, del principio per cui «il termine finale delle supplenze annuali su posto vacante e disponibile alla data del 31 dicembre [...] è fissato inderogabilmente nel 31 agosto di ciascun anno», sulla base di disposizioni aventi «natura imperativa» (Cass. 25/02/2020, n. 5048), il che vale evidentemente anche per gli spezzoni di cattedra “di diritto”, con retribuzione fino al 31 agosto, ovviamente dovuta in proporzione alle ore di attribuzione della supplenza.

Da ciò ne consegue che, in tali casi, il diritto a ricevere la retribuzione anche nei mesi estivi si fonda, a ben vedere, sul fatto che il supplente sopperisce ad una carenza stabile di organico, conclamata dall’insistere dell’incarico, per quanto solo per uno spezzone, su una cattedra vacante.

In definitiva, può affermarsi che il conferimento di supplenza su uno spezzone orario, ovverosia su un numero di ore in sé insufficiente ad integrare una cattedra, ha natura di supplenza su organico “di fatto” (art. 4, comma 2 della Legge 124/1999), se quelle ore non costituivano parte di una cattedra già istituita, mentre ha natura di supplenza su organico “di diritto” (art. 4, comma 1 della Legge 124/1999), se tali ore facevano parte di una cattedra già costituita come tale in ragione della dotazione organica, anche nelle forme della cattedra a completamento orario, in quest’ultimo caso sussistendo pertanto il diritto dell’incaricato a ricevere la retribuzione, nei limiti delle ore di incarico, fino al termine dell’anno scolastico e quindi fino al 31 agosto.

La dimostrazione che si trattasse di una cattedra vacante, e perciò “di diritto”, risulta infine, sottolinea la Cassazione, dal fatto che la docente ha espressamente chiesto all’amministrazione scolastica di indicare chi fosse il docente eventualmente titolare della cattedra, non ricevendo alcuna risposta.

Se la pubblica amministrazione avesse indicato il titolare dello spezzone della cattedra, la relativa supplenza sarebbe stata definita “di fatto”, poiché per definirsi “di diritto” occorre che lo spezzone si riferisca ad una cattedra vacante, cioè priva di titolare. Tale nominativo, però, non è stato indicato dall’amministrazione ricorrente e, pertanto, ciò dimostra ancora una volta che la supplenza avrebbe dovuto durare, seppur su spezzone orario, sino al 31 agosto, anziché sino al termine dell’attività didattiche.

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