Sinergie di Scuola

Nell’ipotesi di parto prematuro con conseguente ricovero del neonato in struttura ospedaliera, la lavoratrice madre ha la possibilità di fruire del congedo di maternità spettante dopo il parto (ex art. 16, lett. C e D, D.Lgs. 151/2001) dalla data di ingresso del neonato nella casa familiare (coincidente con la data delle dimissioni del neonato stesso), offrendo al contempo al datore di lavoro la propria prestazione lavorativa.

A chiarirlo è l’INPS, che con messaggio n. 14448 dell’11 luglio scorso fa propria la decisione assunta nel mese di aprile dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 116 del 4 aprile 2011), che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 16, lettera c), del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non consente, nell’ipotesi di parto prematuro con ricovero del neonato, che la madre lavoratrice possa fruire, a sua richiesta e compatibilmente con le sue condizioni di salute attestate da documentazione medica, del congedo obbligatorio che le spetta, o di parte di esso, a far tempo dalla data d’ingresso del bambino nella casa familiare.

In attesa di conoscere eventuali diverse istruzioni del Ministero vigilante e considerata l’immediata applicabilità della sentenza in esame l’INPS ha così fornito le prime istruzioni applicative, precisando che il differimento del congedo non può essere richiesto in caso di parto “a termine” (ossia di parto verificatosi in coincidenza della data presunta del parto, oppure in data successiva alla data medesima), nonché nelle ipotesi di parto prematuro allorquando il ricovero del neonato non sia conseguenza della prematurità della nascita, ma sia dovuto ad altri motivi.

Documentazione da produrre

Per ottenere il differimento è necessario che la lavoratrice presenti apposita documentazione attestante il rapporto causa-effetto esistente tra la nascita prematura del neonato e l’immediato ricovero dello stesso.

Tale certificazione è rilasciata dalla struttura ospedaliera, pubblica o privata, presso la quale il neonato è ricoverato. Sarà sempre la medesima struttura ospedaliera ad attestare la data di dimissioni del neonato.

Inoltre, poiché il differimento del congedo è possibile compatibilmente con le condizioni di salute della lavoratrice, l’interessata, prima di riprendere l’attività lavorativa nel periodo di prevista astensione, ha l’onere di acquisire le certificazioni mediche attestanti la compatibilità delle proprie condizioni di salute con la ripresa del lavoro.

L’idoneità della lavoratrice ad effettuare l’attività lavorativa nel periodo di prevista astensione dal lavoro, è attestata dal medico specialista del SSN (o con esso convenzionato) e dal medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, ove previsto (art. 20 del D.Lgs. 151/2001).

Diritto anche per il lavoratore padre

Nel caso di parto prematuro con conseguente ricovero del neonato in struttura ospedaliera, anche il lavoratore padre, ricorrendo una delle situazioni previste dall’art. 28 del D.Lgs. 151/2001 (decesso o grave infermità della madre, abbandono del neonato da parte della madre o affidamento esclusivo del neonato al padre), ha la possibilità di differire l’inizio del congedo di paternità alla data di ingresso del neonato nella casa familiare.

In tale ipotesi il padre lavoratore, oltre ai documenti richiesti per attestare la situazione che ha determinato l’insorgere del congedo di paternità, dovrà presentare la certificazione sanitaria (rilasciata dalla struttura ospedaliera presso la quale il neonato è stato ricoverato) dalla quale possa rilevarsi il rapporto di causa-effetto esistente tra la nascita prematura del neonato e l’immediato ricovero dello stesso, nonché la data di dimissione del neonato dalla struttura presso la quale è stato ricoverato.


La sentenza della Corte Costituzionale

Come già detto, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 116 del 2011 ha stabilito che il dies a quo in caso di parto prematuro con conseguente ricovero del bambino decorre dalla data d’ingresso del neonato nella casa familiare al termine della degenza.

La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dal Tribunale di Palermo, in funzioni di giudice del lavoro, per il caso di una lavoratrice dipendente che, avendo partorito due mesi prima della data presunta del parto, con immediato ricovero in terapia intensiva, da cui era stata dimessa dopo circa quattro mesi, aveva chiesto all’INPS di usufruire del periodo obbligatorio di astensione con decorrenza dalla data presunta del parto, oppure dall’ingresso della neonata nella casa familiare, offrendo al datore di lavoro la propria prestazione lavorativa fino ad una di tali date. L’INPS aveva respinto la richiesta.

Innanzitutto, analizziamo cosa dice il Testo Unico. La norma vieta di adibire al lavoro le donne:

  1. durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto dall’art. 20 D.Lgs. 151 del 2001;
  2. ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;
  3. durante i tre mesi dopo il parto;
  4. durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora esso avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta.

Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto. Inoltre, richiama il successivo art. 17 che disciplina l’estensione del divieto, nonché l’art. 18 il quale sanziona con l’arresto fino a sei mesi l’inosservanza delle disposizioni.

Finalità dell’istituto dell’astensione obbligatoria (oggi congedo) dal lavoro è sia la tutela della puerpera, sia la tutela del nascituro e della speciale relazione tra madre e figlio, che si instaura fin dai primi attimi di vita in comune ed è decisiva per il corretto sviluppo del bambino e per lo svolgimento del ruolo di madre. La stessa Corte, con sentenza n. 270 del 1999, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma:

«nella parte in cui non prevede[va] per l’ipotesi di parto prematuro una decorrenza dei termini del periodo dell’astensione obbligatoria idonea ad assicurare una adeguata tutela della madre e del bambino».

Quindi, per l’INPS, la domanda della lavoratrice, diretta ad usufruire dell’intero periodo di congedo (tre mesi più due mesi) dalla data d’ingresso della figlia nella casa familiare, ovvero dalla data presunta del parto, non potrebbe essere accolta, neppure in via parziale, restando l’obbligo del datore di lavoro, sanzionato penalmente, di non adibire la donna al lavoro dopo il parto, per il periodo già detto.

Ma è anche vero che la norma censurata, non prevedendo la possibilità di differire il congedo obbligatorio fino al momento in cui il bambino può fare ingresso in famiglia dopo il ricovero successivo alla nascita, non garantisce la suddetta esigenza di tutela, specialmente nei casi in cui la dimissione del bambino coincide con il termine del congedo.


Inoltre, la norma non consente neppure alla puerpera di tornare al lavoro se non con il decorso di cinque mesi dal parto, anche quando, pur non potendo svolgere il suo ruolo di madre e di assistenza del minore affidato alle cure dei sanitari, le sue condizioni di salute lo permetterebbero.

Le conclusioni della Consulta

L’articolo 16, lettera c), del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 è in contrasto con il principio di parità di trattamento e con i valori costituzionali di protezione della famiglia e del minore, con conseguente violazione dei predetti parametri costituzionali.

Pertanto, la data dalla quale far decorrere il congedo obbligatorio di maternità nell’ipotesi di parto prematuro non può decorrere dalla data presunta del termine fisiologico di una gravidanza normale.

Questo criterio è giustificato per calcolare i due mesi precedenti la data presunta del parto, perché è l’unico utilizzabile in relazione ad un evento non ancora avvenuto, il cui verificarsi però è ragionevolmente certo e riscontrabile. Non altrettanto può dirsi nel caso di parto prematuro, perché in detta circostanza con il richiamo alla data presunta si opera un riferimento ipotetico ad un evento che in realtà è già avvenuto, onde il criterio si risolve in una mera fictio che non consente la verifica della sua idoneità ad assicurare una tutela piena ed adeguata della madre e del bambino per l’intero periodo di spettanza del congedo. Del resto, lo stesso legislatore, collegando rigidamente il decorso del congedo post partum alla data del parto, mostra di volere per la detta decorrenza un riferimento certo.

Pertanto, per individuare il dies a quo della decorrenza del periodo di astensione in caso di parto prematuro, resta la soluzione di ancorare al termine del ricovero la relativa data all’ingresso del neonato nella casa familiare, vale a dire ad un momento certo, sicuramente idoneo a stabilire tra madre e figlio quella comunione di vita che l’immediato ricovero del neonato nella struttura ospedaliera non aveva consentito.

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