Sinergie di Scuola

In questo periodo, gli atenei hanno pubblicato le graduatorie di merito dei tirocinanti ammessi al TFA (Tirocinio Formativo Attivo) e stanno terminando le operazioni di iscrizione al nuovo corso istituito per l’insegnamento secondario, con evidente ritardo rispetto alla tabella di marcia fissata dai decreti applicativi dell’ultima riforma della formazione iniziale dei docenti.

È allora il momento giusto per fare il punto sullo stato dell’arte dell’attuazione del TFA, fornendo alcune “istruzioni per l’uso” utili agli operatori della scuola e richiamando le linee generali della riforma italiana in materia di formazione iniziale dei docenti.

In particolare, ci soffermeremo sulle modalità di accesso alla docenza nella scuola secondaria di primo e secondo grado, che individua nel TFA un’adeguata alternativa all’esperienza delle Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario (SSIS), non tralasciando di segnalare quali sono i nodi che rischiano di ostacolare, allo stadio attuale, il corretto funzionamento del nuovo dispositivo formativo.

Il TFA nella formazione alla professione docente

Il TFA è il corso annuale di preparazione all’insegnamento previsto al termine del percorso universitario necessario per diventare insegnanti nella scuola secondaria di primo e secondo grado. Istituito dalle università, il corso conferisce il titolo di abilitazione all’insegnamento in una delle classi di concorso considerate dalla normativa vigente, in seguito alla frequenza obbligatoria e ad un esame finale. Esso si configura, quindi, come il segmento conclusivo del nuovo modello di formazione iniziale tracciato da un apposito Regolamento emanato con il Decreto Ministeriale n. 249 del 10 settembre 2010, in seguito alla sospensione delle SSIS con il decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (art. 64).

La nuova normativa fissa gli obiettivi della formazione iniziale degli insegnanti, disegnando un impianto dei percorsi formativi alla docenza nella scuola di ogni ordine e grado che allinea il sistema italiano al modello prevalente in Europa di una formazione iniziale di tipo universitario, che vede rafforzato il ruolo delle facoltà accademiche. D’altro canto, anche il ruolo delle istituzioni scolastiche è ampliato e valorizzato in relazione a compiti di gestione dell’area più propriamente professionalizzante del TFA, la cui natura strutturale riconosce palesemente l’importanza dell’attività “sul campo” degli aspiranti insegnanti.

Infatti, nella prospettiva delle nuove disposizioni normative, il TFA è concepito come lo spazio privilegiato del processo di professionalizzazione del futuro docente, chiamato a seguire un iter formativo individualizzato, volto allo sviluppo di competenze riflessive, operative e critiche, attraverso l’analisi e il confronto delle pratiche didattico-pedagogiche sul terreno della materia di insegnamento.

I percorsi proposti dal Regolamento per conseguire l’abilitazione all’insegnamento sono diversificati secondo i due principali cicli scolastici, ma le aree di competenza della professionalità docente sono comuni ad entrambi e coincidono perfettamente con quelle indicate nell’art. 27 del vigente CCNL del comparto scuola del 29/11/2007, inquadrate nella cornice dell’assetto giuridico-istituzionale dell’autonomia scolastica.

Per diventare insegnante di scuola dell’infanzia e scuola primaria, si prevede un corso di laurea magistrale a ciclo unico quinquennale comprensivo di tirocinio, da effettuarsi a partire dal secondo anno di corso. Per accedere alla professione docente nella scuola secondaria di primo e secondo grado, il percorso appare più articolato, ripartito nel corso di laurea triennale seguito dal corso biennale di laurea magistrale e da un successivo anno di Tirocinio Formativo Attivo.


Formazione universitaria dei docentiIn sintesi, dopo la laurea triennale, è necessario conseguire una laurea magistrale biennale ad hoc per l’insegnamento e svolgere un Tirocinio Formativo Attivo di durata annuale, al termine del quale è previsto un esame con valore abilitante.

Il TFA è dunque lo strumento che il legislatore ritiene più idoneo al raggiungimento degli obiettivi della formazione iniziale per il docente nell’istruzione secondaria inferiore e superiore; e nell’architettura generale delle attività previste, il tirocinio presso le scuole rappresenta la fase di specializzazione più qualificante dell’intero percorso.

Per un puro caso, l’avvio dei corsi TFA, all’inizio di questo anno 2013, giunge in concomitanza con lo svolgimento del concorso a cattedra, bandito dopo diversi anni con il DD n. 82 del 24 settembre 2012. È bene allora precisare che i due interventi viaggiano su binari diversi e paralleli, non possedendo i candidati al TFA il requisito dell’abilitazione necessario per accedere al concorso. Sebbene i temi della formazione iniziale e del reclutamento siano destinati ad intersecarsi sul piano giuridico, nemmeno la normativa più recente sulla formazione iniziale è riuscita a fornire una prospettiva sul reclutamento degli insegnanti; e nelle attuali condizioni di governo dimissionario diventa sempre più improbabile l’approvazione in tempi brevi di un nuovo Regolamento sui concorsi futuri, come auspicato dal Ministro uscente.

Ruolo, compiti e funzioni della scuola nei TFA

L’art. 10 del DM 249/2010 disegna l’impalcatura generale del TFA, indicando i quattro ambiti di interventi formativi che costituiscono gli assi portanti di un percorso di 1500 ore, per un totale di 60 crediti, costruito su attività riconducibili a: insegnamenti di scienze dell’educazione; insegnamenti e didattiche disciplinari; laboratori pedagogico-didattici; un tirocinio presso le scuole, per il quale sarà utilizzato un monte ore di 475 (19 crediti), di cui 75 sono dedicate all’integrazione degli alunni con disabilità.

Gli assi formativi previsti non vanno considerati come distinti, ma vanno concepiti piuttosto come sfere di intervento concentriche, interagenti ed interdipendenti tra di loro, in un rapporto osmotico che può essere assicurato solo da una sinergia virtuosa tra i diversi operatori dell’università e dell’istituzione scolastica, chiamati a svolgere attività e ad assumere impegni specifici al proprio settore di competenza per il raggiungimento di uno scopo comune.

La scuola diventa protagonista nella fase delle attività in aula previste dal tirocinio diretto, svolto sotto la guida di un docente tutor in orario curriculare, sulla base di un progetto condiviso dagli organi collegiali dell’Istituto.

Se l’ambito delle scienze dell’educazione, comprendenti moduli incentrati sulla didattica e la pedagogia generale, sperimentale e speciale, rientra a pieno titolo nell’area di competenza dei docenti universitari, quello del tirocinio, articolato in tirocinio diretto e indiretto, chiama in causa il ruolo dell’istituzione scolastica, perché possa fornire un diretto contributo alla costruzione della professionalità docente.

Il raccordo tra le due aree di competenza è garantito da una specifica figura professionale che, pur appartenendo ai ruoli della scuola, è selezionata dall’Università con un proprio bando, su requisiti e con modalità stabiliti dall’allegato al DM Prot. 17587 dell’11 novembre 2011: il Tutor Coordinatore.


Il Tutor Coordinatore (TC)

Il TC è un docente di ruolo con un servizio di minimo 5 anni, di cui almeno 3 effettivi negli ultimi 10 anni, ma soprattutto è un docente a cui si richiede il possesso di specifici titoli, a riprova di una competenza ed esperienza riconducibili ad un profilo professionale di docente “europeo”, esperto di progettazione e ricerca, soprattutto nel campo della formazione di formatori. È a questo docente che viene affidata la responsabilità dell’area del tirocinio: stando alla descrizione dei compiti fissati dalla normativa, la sua attività spazia tra impegni di organizzazione, coordinamento, progettazione e formazione, come anche di controllo e valutazione finale per quanto attiene allo svolgimento del processo formativo dei tirocinanti e alle loro relazioni per l’esame conclusivo.

Figura di raccordo tra la sfera delle conoscenze teoriche e quella dell’applicazione concreta in contesto scolastico, il docente TC trova la pienezza del proprio compito in una logica di sistema implicita nella cooperazione tra Scuola e Università nella formazione iniziale degli insegnanti. La sua azione si colloca sulla linea di frontiera che delimita lo spazio delle didattiche disciplinari da quello della prassi operativa. Tale docente possiede, infatti, competenze che gli consentono, da una parte, di agire a sostegno dell’università per l’offerta formativa relativa ai nuclei fondanti della disciplina di riferimento e, dall’altra, di supportare l’istituzione scolastica accogliente nella progettazione del tirocinio, favorendo il processo di contestualizzazione della cultura accademica nel concreto della pratica didattica.

Tra i compiti del docente TC c’è la gestione dei rapporti con i diversi attori del processo (facoltà universitaria di riferimento, istituzioni scolastiche accoglienti, tirocinanti e relativi tutor all’interno della singola scuola); la progettazione dei percorsi individualizzati dei tirocinanti, a partire dai singoli bisogni formativi; l’accompagnamento dei tirocinanti nel loro processo formativo in stretta collaborazione con i Dirigenti scolastici e i tutor delle scuole.

Il TC è anche un formatore di formatori con il compito di curare specifici interventi previsti per le attività extracurriculari del tirocinio indiretto. Tali interventi formativi sono trasversali all’attività d’aula del tirocinio diretto presso le scuole, con la quale essi debbono coerentemente armonizzarsi e rappresentano per i tirocinanti momenti forti di sistematizzazione delle idee e dei concetti acquisiti attraverso l’osservazione e l’analisi delle pratiche scolastiche. Spetta al TC quindi mettere a punto una progettazione modulare sui nuclei tematici caratterizzanti la funzione docente all’interno dell’assetto istituzionale del sistema educativo nazionale e finanche europeo.

Anche se la responsabilità del TC interviene unicamente nell’organizzazione e gestione dell’intera area del Tirocinio, il suo ruolo di interfaccia tra mondo accademico e mondo scolastico è cruciale e si esplica in termini di consulenza e supporto in quell’area intermedia tra gli insegnamenti specifici alla materia scolastica ed i laboratori pratici.

Nella fase attuale, le università hanno svolto (o stanno terminando) le operazioni di selezione dei tutor coordinatori, ma non è possibile procedere alla loro nomina in assenza del decreto che ne stabilisca il contingente e ne regolamenti l’utilizzo presso le università in semiesonero dal servizio di cattedra a scuola.


L’istituzione scolastica ospitante

Secondo l’art. 12 del Regolamento, l’istituzione scolastica, o la rete di scuole, aspirante a diventare sede di tirocinio, deve seguire le procedure di accreditamento, le cui modalità sono state dettagliatamente definite nel decreto ministeriale n. 93 del 30 novembre 2012.

È necessario che l’Istituto presenti la propria disponibilità all’USR per via telematica, attraverso una piattaforma digitale non ancora disponibile. A partire dalle candidature, l’USR predispone un elenco regionale delle scuole accreditate (statali o paritarie) ad accogliere i tirocinanti sulla base di apposite convenzioni stipulate con le Università o le istituzioni AFAM, verificando annualmente la permanenza delle condizioni utili al riconoscimento di scuola accreditata.

Nello specifico, l’USR istituisce un’apposita commissione che, ai fini dell’accreditamento, fa riferimento alle seguenti condizioni ritenute necessarie dalla normativa:

  1. il parere positivo del collegio docenti alla partecipazione alle attività di tirocinio;
  2. il completamento dei campi previsti dal format “La scuola in chiaro” e il loro costante aggiornamento;
  3. il conseguimento di un risultato nelle prove Invalsi di italiano e matematica pari o maggiore rispetto alla media regionale;
  4. l’utilizzo nell’attività didattica delle TIC;
  5. la disponibilità acquisita di docenti in qualità di tutor dei tirocinanti;
  6. la congruità dei progetti di tirocinio con le relative classi di concorso e con le risorse impegnabili.

Accanto a queste condizioni necessarie, vengono poi presi in considerazione ulteriori requisiti che attengono alla capacità organizzativa dell’istituzione scolastica e/o reti di scuole e al suo potenziale in materia di progettazione e innovazione, specie nel campo della formazione del personale docente e del miglioramento degli apprendimenti degli alunni, nel solco degli attuali processi di valutazione ed autovalutazione, di integrazione Scuola-Lavoro e dell’innalzamento delle competenze linguistiche ed informatiche.

In assenza di una circolare ministeriale che anticipi le operazioni di accreditamento delle scuole rispetto alla data del 31 marzo prevista dalla normativa, alcune università si stanno organizzando con bandi propri per l’individuazione di scuole disponibili alla stipula delle convenzioni. Dal canto loro, i Dirigenti scolastici interessati possono predisporre le condizioni favorevoli alla delibera di adesione da parte del Collegio docenti, come anche la documentazione attestante il possesso delle condizioni previste dal decreto ministeriale. In particolare, possono verificare, all’interno del proprio Istituto, la presenza di docenti disponibili a svolgere la funzione di tutor dei tirocinanti, effettuando un bando interno per titoli e colloquio davanti alla commissione di valutazione e tenendo presente che una quota del contributo di iscrizione al corso TFA viene riconosciuta dagli atenei alle scuole sedi di tirocinio, come precisato nelle norme transitorie del decreto in questione.


Tirocinio diretto: spunti progettuali per le scuole

Un’analisi attenta delle condizioni e dei criteri di riferimento per conseguire l’inclusione nell’elenco regionale da parte della scuola evidenzia la chiara volontà di valorizzare le istituzioni scolastiche che si caratterizzano come comunità intenzionalmente organizzate per l’apprendimento, sia per la crescita dei discenti, sia per lo sviluppo professionale dei docenti e, quindi, per la professionalizzazione di giovani laureati che si preparano alla docenza.

I criteri di accreditamento indicati nel decreto sottendono l’idea di fondo che sia possibile per un tirocinante trarre il miglior vantaggio da un’esperienza di formazione “situata”, se questa viene vissuta in un contesto scolastico aperto ai processi d’innovazione didattica e a modalità di condivisione e di collegialità nei processi decisionali.

Il responsabile dell’attività di tirocinio è quindi il Dirigente scolastico che, anche quando esercita la sua funzione attraverso la delega, è ben consapevole che un’efficace integrazione dei tirocinanti nell’istituzione scolastica – e nella stessa comunità territoriale nella quale la scuola è inserita – possa realizzarsi solo attraverso una cultura organizzativa che si fonda su uno stile di direzione favorevole a dinamiche di sinergie virtuose, a vantaggio di una progettualità educativa che abbia ricadute positive non solo sui tirocinanti, ma anche sull’intera comunità scolastica e soprattutto, sugli alunni e i docenti in servizio.

Le scuole possono anche, in questa fase, elaborare un’ipotesi progettuale del percorso di tirocinio che tenga conto di una scansione operativa di tre fasi principali:

  1. una fase di accoglienza, volta alla conoscenza delle strutture, delle funzioni professionali interne all’Istituto e delle norme fondamentali della vita scolastica;
  2. una fase osservativo-riflessiva, per la partecipazione del tirocinante alle lezioni in classe secondo modalità di osservazione guidata grazie a strumenti predisposti ad hoc;
  3. una fase operativo-riflessiva, per la realizzazione concreta della programmazione nelle classi, in collaborazione diretta con il tutor.

Nell’impostazione del progetto, è importante che l’istituzione scolastica privilegi una proposta che attribuisca la giusta centralità all’osservazione e all’esperienza, per favorire l’introduzione, sin dalla formazione iniziale, di un modello di pratica didattica in chiave riflessiva in relazione alle principali tematiche dell’agire professionale “in situazione” come, ad esempio: programmazione/progettazione curriculare e didattica per lo svolgimento di lezioni in forma modulare e per unità didattica; utilizzo di metodologie didattiche differenziate e nuove strategie organizzative per l’apprendimento; formule di didattica interdisciplinare; modelli operativi di recupero e sostegno; procedure di valutazione formativa e sommativa.

Infine il Consiglio del corso di tirocinio…

Abbiamo fin qui delineato i profili ed i ruoli della struttura scolastica coinvolti nella progettazione e realizzazione delle attività del TFA, rinviando intenzionalmente alla conclusione di questo articolo la presentazione dell’organo di governo del TFA, poiché è a causa del suo ritardato insediamento che rischia di arenarsi la corretta attuazione del corso abilitante: il Consiglio del corso di tirocinio (CCT).

Se l’istituzione del TFA rientra nei compiti precipui dell’Università, la gestione delle attività di tirocinio è affidata al CCT, a cui spetta la definizione delle modalità di collaborazione tra i tutor dei tirocinanti, i tutor coordinatori e i docenti universitari o dell’AFAM, l’organizzazione dei laboratori didattici disciplinari e la cura dell’integrazione tra tutte le attività.


La normativa attribuisce quindi un ruolo molto importante al CCT, la cui composizione lo caratterizza come organo misto, in cui la Scuola non è in una posizione subordinata rispetto a quella dell’Università. Infatti, accanto ai docenti e ricercatori universitari/AFAM del corso, sono presenti i docenti tutor, i Dirigenti scolastici e i coordinatori didattici scelti dall’USR tra i Dirigenti scolastici delle istituzioni scolastiche che ospitano i tirocini e un rappresentante degli studenti tirocinanti, e anche la struttura della tesi finale di tirocinio è basato su un rapporto sinergico e complementare tra Scuola e Università.

La normativa delinea quindi un sistema gestionale equilibrato e paritetico, nel quale Scuola e Università si trovano a svolgere funzioni comprimarie, pur con compiti diversi.

La mancanza dei provvedimenti riferiti al numero dei tutor coordinatori e agli accreditamenti delle scuole rischia ora di bloccare tale sistema, mettendo le facoltà nell’impossibilità di nominare il CCT per l’avvio dei corsi a norma di legge. Infine, l’organizzazione dei corsi senza la componente professionale della scuola rischia di relegare quest’ultima ad un rango subalterno rispetto all’istituzione accademica, con l’effetto di snaturare le stesse finalità del TFA.

Il nodo dei TFA speciali

Ci sembra opportuno concludere la nostra analisi, affrontando molto sinteticamente il “nodo” dell’effettivo avvio dei cosiddetti TFA speciali, anche se una loro eventuale attuazione non coinvolgerebbe il diretto contributo della componente scolastica.

TFA: scheda sintetica Infatti, questa tipologia di corsi si distingue da quella dei TFA ordinari per essere riservata ai docenti che, avendo svolto un servizio scolastico di tre anni (180 giorni per ciascun anno) in scuole statali, paritarie o nei centri di formazione professionale, nell’arco di tempo che va dall’a.s. 1999/2000 all’a.s. 2011/2012, potranno beneficiare dell’esonero dalle prove di accesso e dal tirocinio presso le scuole.

Dei TFA riservati non vi è traccia nella normativa fin qui esaminata, ma una proposta di schema di Regolamento modificativo degli articoli 5, 11 e 15 del D.M. 249/2010 è attualmente al vaglio delle Commissioni parlamentari, chiamate ad esprimersi proprio in questi giorni, dopo l’acquisizione, da parte del MIUR, del parere positivo del Consiglio di Stato espresso nell’adunanza consultiva del 10 gennaio 2013.

La partita dei TFA speciali si gioca, al momento, su un piano strettamente politico ed esula dalla prospettiva del nostro articolo che ha, invece, un interesse di natura prettamente operativa. Ci limitiamo quindi a segnalare che, sul piano tecnico, l’esonero dal tirocinio confina la gestione dei TFA speciali nell’area di competenza esclusiva delle università, che si troveranno a dover programmare un notevole numero di corsi aggiuntivi, difficilmente attivabili prima del prossimo anno scolastico.

Le attività, infatti, resterebbero circoscritte al conseguimento dei 41 crediti previsti dai corsi di didattica generale, disciplinare e dai laboratori di tecnologie didattiche. L’esperienza professionale pregressa del candidato, come le relative competenze acquisite, riferite anche alle norme principali che governano le istituzioni scolastiche, verrà valorizzata nell’esame finale, ovvero, al momento della discussione di un elaborato originale di fronte alla commissione di abilitazione, composta dai docenti del percorso e da un rappresentante designato dall’Ufficio scolastico regionale tra i dirigenti tecnici, i Dirigenti scolastici o i docenti con almeno 5 anni di insegnamento a tempo indeterminato sulla specifica classe di concorso.

Il Regolamento modificativo precisa, infine, che il titolo di abilitazione acquisito al termine del  percorso abilitante speciale non consente l’inserimento nelle graduatorie a esaurimento, ma è un requisito di accesso ai concorsi a cattedra e dà esclusivamente il diritto di iscrizione in II fascia delle graduatorie di Istituto per la specifica classe di concorso o ambito disciplinare.

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