In questo articolo parlerò specificamente del docente di religione cattolica e di quel processo, ancora non concluso, d’inserimento a pieno titolo nel tessuto scolastico italiano che l’ha visto spesso ai margini.
L’insegnamento della religione cattolica, è giusto ricordarlo, è frutto dell’Intesa Concordataria tra Stato Italiano e Chiesa Cattolica del 1985.
Nomina degli insegnanti di religione cattolica
Prioritariamente la nomina di tali docenti nelle scuole di ogni ordine e grado avviene su segnalazione dell’ordinario diocesano che, in presenza di determinati requisiti, affida tale incarico.
L’insegnamento della religione cattolica nella scuola primaria e dell’infanzia può essere affidato, previo rilascio dell’Idoneità del Vescovo locale, a coloro che sono in possesso del diploma di scuola magistrale (per la scuola dell’infanzia) e del diploma d’istituto magistrale (per la scuola primaria). Nella scuola secondaria di primo e secondo grado tale insegnamento è stato affidato a quanti già erano in servizio nell’a.s. 1985/1986 (infatti in questi ordini di scuola l’insegnamento della religione cattolica era già previsto da parecchi decenni) e a coloro che erano in possesso di una laurea civile oppure del baccalaureato o licenza in teologia (dando per scontata la prevista Idoneità).
L’intesa concordataria del 1985 ha stabilito inoltre che, per continuare ad insegnare religione cattolica nella scuola primaria e dell’infanzia, fosse necessario conseguire entro il 1990 apposito diploma in scienze religiose, mentre quanti erano in servizio presso le scuole secondarie di primo e secondo grado e avevano al 31 agosto 1985 cinque anni di servizio, quest’ultimo rappresentava titolo per continuare ad insegnare senza conseguire altro titolo mentre; quanti non avevano tale titolo di servizio erano obbligati a conseguire il magistero in scienze religiose.
I docenti di religione cattolica sono stati sempre retribuiti dallo Stato Italiano, e sempre lo Stato ha provveduto a versare anche i contributi previdenziali e assistenziali ai fini del trattamento della quiescenza.
Inoltre, fino alla loro immissione in ruolo, è prevista l’erogazione dell’indennità di disoccupazione qualora venga meno la nomina annuale da parte dell’ordinario diocesano per qualsivoglia motivo.
Il diritto alla ricostruzione di carriera
A differenza della generalità dei supplenti, ai docenti di religione è stata riconosciuta, con i diversi CCNL susseguitisi nel corso degli anni, il diritto alla ricostruzione di carriera. Questa possibilità è stata riconosciuta solo a partire dal quarto anno d’insegnamento, con un minimo di 12 ore per i docenti di scuola primaria e dell’infanzia e per un minimo di 9 ore per i docenti di scuola secondaria di primo e secondo grado, a condizioni per questi ultimi che l’orario ridotto (e quindi non le 18 ore previste) fosse dovuto esplicitamente a ragioni strutturali. Una volta sviluppato il decreto di ricostruzione di carriera e applicato dal Ministero del Tesoro, tali docenti hanno acquisito lo status di “stabilizzati”, cioè hanno acquisito in toto gli stessi diritti e doveri dei docenti a tempo indeterminato: quindi progressione di carriera, possibilità di assentarsi per malattia per nove mesi nel triennio con retribuzione per intero (eccetto la riduzione prevista dal decreto Brunetta sulle indennità accessorie) ecc.
Agli stessi docenti, proprio perché stabilizzati, è stata offerta la possibilità di riscattare ai fini del trattamento di fine servizio eventuali periodi di servizio ad orario ridotto, produrre domanda di ricongiunzione ai sensi della Legge 29/1979 per servizi diversi dall’insegnamento, domanda di computo e quindi trasferimento dei contributi dall’Inps all’ex Gestione Inpdap dei contributi versati come docenti fino al 31 dicembre 1987. Per i contributi versati dopo tale data non è più necessario produrre domanda di computo, poiché i contributi sono versati direttamente in conto Inpdap. È superfluo ricordare che il servizio ad orario ridotto può essere riscattato ai fini del trattamento di fine servizio ma non può essere riscattato ai fini pensionistici.
Il riconoscimento giuridico
La Legge n. 186 del 18/07/2003 ha consentito, previo concorso riservato per titoli ed esami (e non solo previo titoli, come sarebbe stato giusto fare), l’immissione in ruolo del suddetto personale. Per partecipare a quel concorso, seppur riservato, era necessario essere in possesso di specifici titoli culturali e di servizio.
Tutti i vincitori sono confluiti in un elenco graduato che ha determinato la nomina a tempo indeterminato per il primo 70%. Il restante 30% ha continuato ad essere nominato annualmente dall’Ordinario Diocesano e per il triennio successivo al concorso accedeva al ruolo in surroga a quelli di ruolo che nel frattempo cessavano dal servizio per motivi vari.
Oggi quell’elenco è rimasto tale, e si sta tentando di trasformarlo in graduatoria ad esaurimento nell’intento di consentire nel tempo l’immissione nei ruoli dello Stato di tutti i vincitori del concorso.
Con la nomina a tempo indeterminato il docente di religione cattolica, così come tutti gli altri docenti di prima nomina, ha dovuto superare l’anno di formazione e prova per conseguire la relativa conferma, ottenuta la quale ha acquisito il diritto alla ricostruzione di carriera definitiva.
Nella fase transitoria, al docente di religione cattolica, già in possesso dell’inquadramento, è stata azzerata la fascia e la differenza retributiva tra la fascia di provenienza e quella iniziale è stata mantenuta come assegno ad personam.
Con la nuova ricostruzione di carriera predisposta con il criterio valente per la valutazione del servizio pre-ruolo, ovvero per intero per i primi quattro anni e i due terzi per gli anni successivi al quarto, il docente ha di fatto recuperato la fascia precedentemente assegnata come docente stabilizzato. Inoltre, al compimento del 18 anno di servizio per i docenti di scuola primaria e dell’infanzia, e 16 anno per i docenti di scuola secondaria di primo e secondo grado, i medesimi hanno recuperato ai fini della carriera anche gli anni precedentemente valutati solo economicamente. In questo caso, hanno anticipato il passaggio alla fascia successiva recuperando il relativo introito economico.
Le richieste dei docenti di religione
I docenti in ruolo chiedono con insistenza il riconoscimento della classe di concorso. Questo consentirebbe loro di poter far valutare ai fini delle altre graduatorie il servizio di religione oggi riconosciuto solo come servizio di seconda fascia per le graduatorie di circolo e d’istituto.
Il riconoscimento dello stato giuridico ha rappresentato sicuramente una conquista di notevole importanza, ma i docenti rivendicano l’equiparazione a tutti gli effetti alle altre categorie di docenti.
Inoltre, chiedono che la mobilità prescinda dalla diocesi di appartenenza, offrendo in tal modo maggiori opportunità di miglioramenti anche a livello logistico.
La strada è purtroppo irta di difficoltà e non è detto che il risultato sia scontato.
Tuttavia, il tema della mobilità appare comunque compensato dagli istituti dell’utilizzazione e assegnazione provvisoria. Infatti, il docente di religione a tempo indeterminato che produca domanda di utilizzazione nella stessa diocesi o altre diocesi della stessa provincia, previo rilascio dell’idoneità dell’ordinario diocesano del luogo, è un docente a tutti gli effetti trasferito. L’utilizzazione, se non revocata, produce i suoi effetti per sempre. Analogo discorso vale per l’assegnazione provvisoria.
I docenti di religione possono chiedere l’assegnazione provvisoria questa volta anche fuori provincia e regione, sempre previo rilascio dell’idoneità dell’ordinario diocesano del luogo, per ricongiungimento familiare o per assistere familiare titolare di Legge 104/1992 con la connotazione di gravità.
I docenti stabilizzati invece chiedono la trasformazione dell’elenco scaturito dal concorso in graduatoria ad esaurimento, preoccupati di un eventuale altro concorso e soprattutto da tutto quello che succederà a far data dal 1° settembre 2017, quando, per poter insegnare religione, sarà necessaria una laurea ovvero il baccalaureato e la licenza in teologia.
Su questo punto c’è da dire che un’intesa nel frattempo intervenuta tra lo Stato italiano e la Santa Sede salvaguarderebbe i titoli in possesso dagli attuali docenti, i quali non dovranno quindi conseguirne altri per poter continuare ad insegnare.
La sovrannumerarietà
A differenza di altri docenti, la rilevazione della sovrannumerarietà dei docenti di religione a tempo indeterminato avviene in maniera diversa e particolare.
Ogni anno, in genere entro il mese di maggio, il MIUR emana un’ordinanza che prevede che tutti i docenti di religione in servizio a tempo indeterminato facciano domanda compilando apposita scheda per la rilevazione di quelli che potrebbero risultare eventualmente soprannumerari nell’ambito del proprio circolo o istituto. Gli Ambiti territoriali di ogni provincia, ricevute le schede, predispongono un elenco graduato per diocesi con l’indicazione del punteggio acquisito da ogni docente che è il risultato di anni di servizio di ruolo, pre-ruolo, titoli culturali e familiari e titolarità o meno di situazione di disabilità personale o indiretta.
L’essere disabile o assistere un disabile titolare di Legge 104/1992 con la connotazione di gravità ha come conseguenza immediata la non partecipazione alle operazioni di sovrannumerarietà. Infatti, questi docenti, così come tutti gli altri docenti, non vengono inseriti nelle graduatorie di circolo o d’istituto e pertanto non concorrono alla formazione delle stesse. Tutti gli altri, quindi, in presenza di riduzioni di classi o di iscrizioni potrebbero trovarsi nelle condizioni di riarticolare la propria cattedra, in alcuni casi anche di tipo verticale. Ma non è detto che questi ultimi comunque siano costretti a riarticolare la propria cattedra (che per norma deve avvenire sempre d’intesa tra l’ordinario diocesano e l’Usp). Infatti, l’ordinanza annuale del MIUR da qualche anno a questa parte dà la possibilità ai docenti eventualmente dichiarati soprannumerari di completare l’orario di servizio nel proprio circolo o istituto restando a disposizione del Dirigente scolastico. Questa eventualità potrà avvenire solo se la riduzione non supera il quinto dell’orario cattedra.