Sinergie di Scuola

Con l’approvazione del nuovo Programma Annuale si definisce meglio, per la seconda parte dell’anno scolastico, l’attività didattica prevista nel Piano dell’Offerta Formativa, per la cui implementazione spesso gli Istituti scolastici si avvalgono di collaborazioni esterne, attivando contratti che, a seconda della tipologia adottata, hanno caratteristiche e seguono regole diverse.

Una spinta verso una maggiore semplificazione delle procedure e degli adempimenti arriva anche dalla recente legge n. 183 del 16/12/2014 (cd. Jobs Act) che autorizza il Governo ad adottare decreti legislativi specifici volti – tra l’altro – a «individuare e analizzare tutte le forme contrattuali esistenti, ai fini di poterne valutare l’effettiva coerenza con il tessuto occupazionale e con il contesto produttivo nazionale e internazionale, in funzione di interventi di semplificazione, modifica o superamento delle medesime tipologie contrattuali» (art. 1 comma 7 lett. a Legge 183/2014).

Alcuni giorni fa sono arrivati, puntuali, i decreti attuativi con la “rottamazione” di co.co.co. e co.co.pro. a partire dal 1° gennaio 2016 e la successiva probabile conseguenza positiva del superamento dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che interessano quasi un migliaio di lavoratori ex LSU (presenti soprattutto nelle regioni Sicilia, Campania, Lazio e Calabria) con funzioni ATA in attesa di stabilizzazione da oltre un decennio (D.M. n. 66 del 20/04/2001).

Va detto che spesso nelle scuole si instaurano anche altri rapporti di collaborazione coordinata e continuativa o a progetto, non meglio identificati da un punto di vista legislativo se non per deduzione (!) dall’art. 409 n. 3 del cod. proc. civ. che elenca le controversie individuali di lavoro, comprendendo tra esse anche quelle che derivano da «rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione d’opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato»; una via di mezzo, quindi, tra il lavoro subordinato (art. 2094 c.c.) e quello autonomo (art. 2222 c.c.), caratterizzata dalla continuazione della prestazione personale in un determinato periodo di tempo e la coordinazione con l’attività del committente, il quale ha poteri di verifica della rispondenza della prestazione ai propri obiettivi.

La Circolare della Funzione Pubblica n. 4 del 15/07/2004, avente ad oggetto “Collaborazioni coordinate e continuative. Presupposti e limiti alla stipula dei contratti. Regime fiscale e previdenziale. Autonomia contrattuale”, facendo riferimento al D.Lgs. 276/2003 (attuativo della Legge 30/2003 in materia di mercato del lavoro, cd. riforma Biagi) che introduceva il lavoro a progetto, ne aveva esclusa – all’art. 1 – l’applicazione al settore pubblico, chiarendo puntualmente le differenze tra lavoro subordinato e lavoro autonomo e riconducendo anche le collaborazioni coordinate e continuative nel quadro del lavoro autonomo.

Ambito privilegiato di attinenza per i contratti che generalmente sottoscrivono gli Istituti scolastici è quindi il lavoro autonomo o il servizio reso, i quali soddisfano entrambi le esigenze organizzative e/o didattiche della scuola e si configurano come attuazione dell’obbligo di prestare un servizio (con assunzione del rischio da parte di chi lo esegue e senza che si instauri vincolo di subordinazione) a favore del committente. Va tuttavia tenuta presente una distinzione, non sempre facilmente ravvisabile, che caratterizza le due fattispecie e le fa rientrare in ambiti normativi (e quindi procedimentali) diversi.

Appalto di servizi da operatore economico

La prestazione di un servizio è resa da un operatore economico (società/ditta/cooperativa, meglio definita come “complessa organizzazione di fattori produttivi” – Cassazione n. 19/1997) cui la scuola conferisce l’appalto (per acquisire o comprare un servizio) seguendo le procedure previste dall’art. 34 – Procedura ordinaria di contrattazione del D.I. 44/2001 (limite di spesa ed eventuale scelta del contraente previa comparazione di almeno tre ditte direttamente interpellate) e dal D.Lgs. 163/2006 (principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, pubblicità... criteri di affidamento diretto, procedura negoziata, con o senza pubblicazione del bando e via dicendo).

In questo caso si applicano anche gli obblighi di tracciabilità previsti dal d.P.R. 207/2010: DURC, CIG, eventuale CUP, fattura elettronica, split payment ecc.


Contratto di lavoro autonomo

Diverso è invece il percorso da compiere se per svolgere le attività di implementazione del Piano dell’Offerta Formativa la scuola si rivolge all’esterno stipulando i contratti d’opera previsti dall’art. 2222 del c.c. con persone che si «obbligano a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente [...]»

Ancora prima dell’attribuzione dell’autonomia di cui all’art. 21, commi da 1 a 4 della Legge 59/1997 (cd. Bassanini), era stato consentito alle Istituzioni scolastiche di stipulare «contratti a prestazione d’opera con esperti per particolari attività ed insegnamenti, purché non sostitutivi di quelli curricolari, per sperimentazioni didattiche e ordinamentali, per l’ampliamento dell’offerta formativa e per l’avvio dell’autonomia delle istituzioni scolastiche» (art. 40 comma 1 Legge 449/1997).

Evidentemente, il ricorso a risorse esterne può avvenire solo in caso di accertata indisponibilità di personale interno, come espressamente previsto dall’art. 7, comma 6, del D.Lgs. 165/2001:

6.  Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria [...] in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:
[...]
b) l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l’eventuale proroga dell’incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell’incarico;
d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.
6-bis.  Le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione.

Pertanto, ogni volta che si ravvisa la necessità di conferire incarichi a esperti esterni, e indipendentemente dal valore dell’incarico, l’Amministrazione deve utilizzare una procedura comparativa, richiedendo e mettendo a confronto offerte diverse, a seguito di bando pubblico o lettera di invito, al fine di garantire la qualità del servizio.


Quando non serve la procedura comparativa

L’unica eccezione è rappresentata dalle «collaborazioni meramente occasionali che si esauriscono in una sola azione o prestazione, caratterizzata da un rapporto “intuitu personae” che [...] comportano, per loro stessa natura, una spesa equiparabile ad un rimborso spese, quali ad esempio la partecipazione a convegni e seminari, la singola docenza, la traduzione di pubblicazioni e simili [...]» (Circolare n. 2/2008 della Funzione Pubblica).

Anche il D.I.44/2001, all’art. 40, prevede che gli Istituti scolastici possano «stipulare contratti di prestazione d’opera con esperti per particolari attività ed insegnamenti, al fine di garantire l’arricchimento dell’offerta formativa, nonché la realizzazione di specifici programmi di ricerca e di sperimentazione».

Sintesi delle due procedure Criteri e limiti per lo svolgimento di tale attività negoziale (art. 34 comma 2 lett. g) da parte del Dirigente scolastico vanno deliberati dal Consiglio di Istituto il quale, «sentito il collegio dei docenti, disciplina nel regolamento di istituto le procedure e i criteri di scelta del contraente, al fine di garantire la qualità della prestazione, nonché il limite massimo dei compensi attribuibili in relazione al tipo di attività e all’impegno professionale richiesto».

Regolamento per i contratti di lavoro autonomo

Per i contratti di lavoro autonomo assume particolare rilevanza l’adozione di un regolamento che definisca a priori come saranno effettuate le scelte e quale sarà il compenso massimo liquidabile al prestatore d’opera. Elenchiamo le parti salienti.

Individuazione delle finalità da perseguire (qualità della prestazione, oggettività delle procedure, trasparenze delle scelte, razionalizzazione della spesa...) e del fabbisogno rilevato (esigenze di carattere didattico o comunque istituzionale che derivino dalla necessità di svolgere le attività previste nel Piano dell’Offerta Formativa).

Contenuto degli avvisi/bandi da pubblicare: definizione circostanziata dell’oggetto dell’incarico, specifici requisiti culturali e professionali richiesti per lo svolgimento della prestazione, durata dell’incarico, luogo dell’incarico e modalità di realizzazione del medesimo (livello di coordinazione), compenso per la prestazione, adeguatamente esplicato e tutte le informazioni correlate quali la tipologia e la periodicità del pagamento del corrispettivo, il trattamento fiscale e previdenziale da applicare, eventuali sospensioni della prestazione. L’avviso/bando dovrà anche individuare il termine per la presentazione dei curricula e delle relative offerte, il termine entro il quale sarà resa nota la conclusione del procedimento di selezione, i criteri con cui avverrà la comparazione e infine i requisiti per l’ammissione (cittadinanza italiana o di uno degli stati membri dell’Unione Europea, godimento dei diritti civili e politici, assenza di condanne penali e/o procedimenti penali e/o provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale, possesso dei titoli richiesti).

Determinazione del compenso: il Consiglio di Istituto fissa, anche annualmente, il tetto massimo entro il quale il dirigente ha facoltà di stabilire il compenso da corrispondere all’esperto, previa ovvia verifica delle disponibilità di bilancio, in funzione dell’attività oggetto dell’incarico (quantità e qualità della prestazione d’opera). È possibile fare riferimento ai compensi indicati nelle tabelle del vigente CCNL 2006-2009 o a quelli ancor più datati (previsti per le attività di formazione del personale) del D.I. 326 del 12/10/1995 o della Circolare del Ministero del Lavoro n. 101/1997; tuttavia il dirigente può prevedere compensi diversi, in caso di comprovata necessità e in relazione all’impegno professionale profuso. Infatti, in base all’art. 2233 c.c., il compenso deve essere «adeguato all’importanza dell’opera e al decoro della professione».


Individuazione contraentiIndividuazione dei contraenti da parte del Dirigente, o suo delegato, o apposita commissione, previa valutazione comparativa dei requisiti professionali richiesti e contenuti nel curriculum vitae che dovrà essere presentato. Per garantire una valutazione oggettiva, possono essere assegnati punteggi distinti per le varie voci previste nel bando. A titolo esemplificativo si veda la tabella successiva.

Va ancora sottolineata la caratteristica dei contratti d’opera rispetto agli appalti di servizio: in quest’ultimo caso non è consentito introdurre il criterio dell’esperienza pregressa, perché contravviene ai principi di libera concorrenza, pari trattamento, non discriminazione e rotazione degli incarichi previsti dal Codice dei contratti. Nella prestazione di lavoro autonomo con particolari finalità didattiche invece nulla vieta che si assegni un punteggio alle esperienze lavorative pregresse (e addirittura al gradimento ricevuto) nella scuola che pubblica il bando, in quanto si riconosce maggior valore all’eventuale prosecuzione di un processo educativo e didattico già avviato in precedenza.

Le risultanze della procedura comparativa possono originare una graduatoria di esperti qualificati e selezionati, da utilizzare nel corso dell’anno scolastico per tutte le esigenze di realizzazione del POF senza dover avviare nuove procedure di ricerca.

Stipula del contratto: con determinazione che espliciti il percorso decisionale ed i relativi esiti, rispetto ai criteri di scelta già definiti, il dirigente procede alla stipula del contratto che, ça va sans dire, deve avere la forma scritta, a pena di nullità, e il seguente contenuto minimo (v. deliberazione Corte dei Conti n. 6 del 15/02/2005):

  • parti contraenti;
  • oggetto della collaborazione/prestazione d’opera (finalità e contenuto);
  • durata del contratto (con date di inizio e fine);
  • entità, modalità e tempi di liquidazione del compenso pattuito;
  • luogo e modalità di svolgimento dell’attività;
  • impegno da parte del prestatore d’opera a presentare una relazione finale illustrativa della prestazione effettuata;
  • acquisizione e pieno utilizzo dei risultati dell’attività da parte dell’Istituto;
  • eventuali spese a carico del prestatore d’opera;
  • eventuali clausole risolutive e penalità per ritardi;
  • possibilità di recesso anticipato unilaterale, nel caso di inadempienze del prestatore d’opera;
  • sospensione del pagamento del corrispettivo contrattuale in caso di sospensione della prestazione, indipendentemente dal motivo che la determinano;
  • informativa privacy.

Collaborazioni plurime

Prioritaria e obbligatoriamente privilegiata rispetto al ricorso a personale esterno è l’attivazione delle collaborazioni plurime previste dal CCNL 2006-2009 che consente alle scuole di ricercare esperti tra i docenti (art. 35) e il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (art. 57). Essi possono collaborare per la realizzazione di specifiche attività o progetti, deliberati dai competenti organi collegiali, che richiedano particolari competenze professionali non presenti tra il personale in servizio nell’Istituto.

Tale collaborazione non deve interferire con gli obblighi di servizio (quindi va prestata in aggiunta al proprio orario di lavoro) e deve essere autorizzata dal Dirigente scolastico della scuola di appartenenza dell’interessato (sentito il direttore dei servizi generali e amministrativi, se si tratta del personale ATA).

A differenza dei contratti di lavoro autonomo, le collaborazioni vanno ricercate con semplice avviso pubblicato all’albo o inviato alle scuole viciniori e attivate con lettera di incarico, nella quale si faccia riferimento a:

  • professionalità e competenze documentate/accertate;
  • inesistenza di situazioni di incompatibilità o conflitto;
  • autorizzazione del Dirigente scolastico dell’Istituto di servizio dell’esperto.

La medesima autorizzazione deve essere acquisita prima della stipula dei contratti con i dipendenti di altre amministrazioni pubbliche, così come previsto dall’art. 3 del D.Lgs. 165/2001.

Incarichi ai pensionati

Un caso particolare è costituito dagli incarichi conferiti ai pensionati. Dato per scontato il divieto di conferire a ex lavoratori privati o pubblici, collocati in quiescenza, incarichi di:

  • studio e consulenza;
  • dirigenziali o direttivi o in organi di governo;

a meno che non siano prestati a titolo gratuito e per durata non superiore a un anno (art. 5 comma 9 D.L. n. 95/2012 convertito dalla Legge n. 135/2012 (come modificato dall’art. 6 comma 1 legge 114/2014), rimaneva il dubbio sulla legittimità di dare incarichi, diversi da quelli sopra indicati, per attività connesse all’arricchimento dell’offerta formativa.

La circolare n. 6 del 4/12/2014, pubblicata sulla G.U. Serie Generale n. 37 del 14/02/2015, fornisce interpretazioni e utili indicazioni in proposito.

Premesso che l’obiettivo primario è quello di «agevolare il ricambio e il ringiovanimento del personale delle pubbliche amministrazioni», la circolare precisa che i divieti vanno interpretati in senso stretto e non estensivo o analogico, per cui – si ribadisce – sono vietati solo gli incarichi espressamente contemplati (studio e consulenza, dirigenziali o direttivi, cariche di governo), anche per non «determinare un’irragionevole compressione dei diritti dei soggetti in quiescenza», ai quali non è impedito tout court di prestare attività lavorativa nelle amministrazioni pubbliche. 

Anzi, al punto 5, è precisato testualmente che «sono poi ammessi gli incarichi di docenza [...]» purché «si tratti di reali incarichi di docenza, in cui l’impegno didattico sia definito con precisione e il compenso sia commisurato all’attività didattica effettivamente svolta dal singolo destinatario dell’incarico»

Ricambio e ringiovanimento? Non nella scuola, evidentemente, soprattutto se è gratis.

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