Secondo i dati pubblicati dal dossier statistico immigrazione del 2018, ripresi dal report sulla dispersione scolastica del progetto FAMI IMPACT Friuli Venezia Giulia 2014-2020, in Italia risiedono duecento comunità straniere originarie di diversi paesi, ognuna delle quali presenta caratteristiche demografiche e sociali specifiche.
Il rapporto dell’ufficio di statistica e studi del MIUR rileva che gli alunni con cittadinanza non italiana nell’anno scolastico 2017/2018 sono stati circa 842.000, di cui per l’11% nella scuola dell’infanzia e primaria, il 10% nella secondaria di primo grado e il 7,3% nella secondaria di secondo grado.
Il dato più rilevante attesta che oltre il 20% degli stranieri residenti in Italia sono minorenni; tutto ciò acquista un valore interessante se si calcola che, a fronte di una crescita nelle nostre aule di alunni stranieri, abbiamo un calo progressivo della popolazione scolastica, con una considerevole flessione per gli studenti con la cittadinanza italiana.
Gli alunni stranieri privi di cittadinanza italiana che popolano le nostre classi sono però studenti di seconda generazione: diminuiscono infatti progressivamente i bambini che entrano per la prima volta nel sistema scolastico italiano.
Nuove sfide per l’integrazione
La convivenza di culture diverse nell’ambiente scolastico impone nuove sfide per l’integrazione, la ricerca di una progettualità calibrata sul contesto e una revisione della pratica didattica quotidiana, per rendere il setting di apprendimento inclusivo ed efficace.
In una società globalizzata, la divisione tra alunni con cittadinanza italiana e “non” – sulla quale si soffermano anche le linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri (MIUR febbraio 2014) – ha poco senso: si parla di “categorie burocratiche”, espresse dalla normativa e di fatto improduttive per una scuola che si confronta già quotidianamente con situazioni complesse e in continua evoluzione; si pensi a tutti i bisogni educativi rappresentati dai disturbi specifici degli apprendimenti, dalla disabilità in generale e dal disagio sociale ed economico, che hanno indubbia influenza per le metodologie dell’apprendimento e la progettualità delle Istituzioni scolastiche.
L’alunno va guardato principalmente come soggetto dotato «di diritti e doveri che prescindono dall’origine nazionale» (MIUR 2014). Ciò che interessa la scuola è la reale possibilità di costruire una progettualità attorno ai diversi bisogni culturali ed emotivi degli studenti e garantirne il diritto all’apprendimento.
Il PTOF e il patto col territorio
L’inclusione e la lotta alla dispersione costituiscono le vere problematiche delle Istituzioni scolastiche, soprattutto nel caso in cui non ci sia un rapporto produttivo con il contesto in cui opera la scuola, rappresentato dal territorio di appartenenza e dai suoi stakeholders.
Il D.P.R. 275/1999 ha fornito strumenti concreti al Dirigente scolastico in rapporto all’autonomia didattica e organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo; all’art. 3, punto 2, parlando dei contenuti del Piano Triennale dell’Offerta Formativa, sottolinea che il documento in questione «riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione territoriale dell’offerta formativa». Per tali fini il Dirigente scolastico «promuove i necessari rapporti con gli Enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti nel territorio; inoltre, nella predisposizione del piano, tiene conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni dei genitori e, per le scuole secondarie di secondo grado, degli studenti».
Le Istituzioni scolastiche non possono affrontare la valorizzazione delle diversità e la sfida della lotta alla dispersione se anche il territorio non si muove in quella direzione e se non viene direttamente coinvolto dalla scuola; i fondi europei hanno costituito in tal senso una importante prerogativa per lo sviluppo di progetti di inclusione e integrazione locali, ma di fatto è il patto con il territorio a creare sinergie significative e ricadute importanti per la scuola.
I Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti
Nel caso degli alunni stranieri, gli interventi di mediazione linguistica non interessano solo l’alunno a scuola ma coinvolgono la famiglia, che ha la necessità di integrarsi e costruirsi un progetto di vita che oltrepassi le mura scolastiche. Una mancata integrazione non genera solo malessere a scuola, senso di estraneità alla comunità, rifiuto dell’apprendimento; costringe anche a ripiegare su altre identità, rende più vulnerabili all’illegalità ed innesca un processo a catena di frustrazione e disagio che passa dall’alunno al docente, dalla classe alla comunità scolastica e in ultima analisi dal futuro cittadino alla società e alle istituzioni. Pertanto la scuola può essere un centro propulsore dell’integrazione attraverso l’attivazione di servizi per gli studenti ma anche indirettamente per i genitori, cercando alleanze, ad esempio, con i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (CPIA), istituiti con il D.P.R. n. 263 del 29/10/2012.
In particolare l’art. 4 del decreto prevede la riorganizzazione dei percorsi di istruzione per gli adulti in percorsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana, laddove l’art. 3 indica quali destinatari di tali corsi gli adulti stranieri; essi sono finalizzati «al conseguimento di un titolo attestante il raggiungimento di un livello di conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello A2 del quadro comune europeo di riferimento per le lingue elaborato dal Consiglio d’Europa».
Il raccordo con i CPIA diventa un elemento strategico nella pianificazione di un intervento congiunto sul territorio che miri, attraverso l’Istituzione scolastica, non solo alla programmazione di corsi di alfabetizzazione per la lingua italiana per le mamme degli studenti stranieri (che spesso sono confinate e isolate nel proprio contesto familiare) o all’attivazione di sportelli di orientamento per le iscrizioni e per il supporto linguistico, ma anche al censimento dei bisogni e alla diffusione delle informazioni alle famiglie dell’utenza; in quest’ottica, la redazione dei principali documenti della scuola in una lingua ad uso veicolare come ad esempio l’inglese o in più lingue, può semplificare le relazioni scuola-famiglia-territorio e indirettamente facilitare il percorso scolastico degli studenti.
Gli obiettivi che la scuola deve porsi
L’ottica è considerare lo studente quale cittadino globale, capace di costruire un nuovo percorso all’interno dell’esperienza di integrazione e del nuovo contesto di appartenenza; le Indicazioni nazionali e nuovi scenari per il primo ciclo del 2018 disegnano efficacemente l’evoluzione rapida dei cambiamenti nel mondo in tutti i campi (tecnologico, economico e culturale), evidenziando fin da subito come le spinte migratorie verso i Paesi più ricchi avrebbero costretto le istituzioni – e più da vicino la scuola – ad interrogarsi sui temi della convivenza civile e democratica, sul confronto interculturale e sulle problematiche dell’inclusione.
Le nuove Indicazioni, recependo i contenuti dei principali documenti internazionali quali la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 22 maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente e il quarto obiettivo dell’Agenda 2030, disegnano efficacemente la nuova dimensione del cittadino globale e il ruolo dell’educazione nei nuovi scenari.
Il quarto obiettivo dell’Agenda indica l’esigenza di garantire un’istruzione di qualità inclusiva ed equa e di promuovere opportunità di apprendimento continuo per tutti. Si intende garantire a tutti, in particolar modo ai più emarginati e vulnerabili l’accesso ad un’istruzione e ad una formazione adeguate alle loro esigenze e al contesto in cui vivono. L’istruzione, e la formazione più in generale, danno infatti un contributo importante per creare un mondo più sicuro, sostenibile e interdipendente.
La scuola coinvolta in una progettualità di questo tipo è una scuola che rivede sé stessa e il proprio ruolo nella società in modo innovativo. Lavora, si impegna con l’utenza e il territorio su obiettivi di cittadinanza e, indirettamente, ha l’occasione di elaborare, accogliere e offrire un curricolo aperto e più ricco.
In questa dimensione di sviluppo globale, l’apprendimento della lingua italiana, considerato in generale il primo ostacolo per l’apprendimento e l’integrazione, diventa nella scuola un aspetto contingente facilmente superabile con una ampia progettualità aperta a più attori.