Sinergie di Scuola

Nel mese di giugno 2020 la Corte dei Conti (Delibera n. 5/2020/G) ha esaminato “La gestione degli acquisti di beni e servizi da parte del Ministero della Difesa e del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca” nel periodo 2014-2017, limitandosi ad osservare la gestione a livello di strutture centrali e quindi non – relativamente al MIUR – per le singole Istituzioni scolastiche, ma alcune osservazioni possono comunque risultare interessanti.

Innanzitutto, il ricorso preponderante alle procedure semplificate risulta generalizzato, con scarso utilizzo di quelle aperte o ristrette; in nessun caso le amministrazioni si sono avvalse del dialogo competitivo. Il ricorso all’affidamento diretto, che la normativa consente per gli acquisti sotto soglia «può produrre il rischio di sottrarre al mercato una percentuale significativa dei contratti, con ripercussioni sulla tutela del principio della libera concorrenza».

Per quanto riguarda il MIUR, alcuni dati sono rappresentati in tabella 1. Il prospetto è significativo, poiché – per l’acquisto di beni – nel 2017 il MIUR si è avvalso principalmente delle convenzioni CONSIP e del catalogo MePA, procedendo inoltre a una modesta percentuale di affidamenti diretti, tutti aggiudicati con il criterio del massimo ribasso.

L’importo medio degli acquisti di beni procurati con affidamento diretto e con MePA si aggira su circa 4.000 euro, una cifra analoga a quello che può essere l’acquisto di una singola scuola per beni di consumo, pur con le dovute cautele che la tipologia di acquirente (struttura ministeriale/istituto scolastico) e soprattutto la statistica del pollo di Trilussa richiedono.

La relazione evidenzia anche che, per i servizi offerti da Consip, si sono riscontrate «criticità riconducibili alla mancanza di continuità tra la scadenza delle convenzioni e il rinnovo delle stesse», mentre «i contratti tipo sul portale MePA, talvolta, risultano carenti di dettagli e richiedono, pertanto, il completamento con clausole aggiuntive».

Secondo la Corte, inoltre, «risulta necessario ridurre le stazioni appaltanti, anche al fine di rafforzarne la competenza tecnica».

Infine, il Ministero dell’Istruzione riferisce che «non sempre le procedure sono precedute dalla determina a contrarre, come nel caso degli acquisti ripetitivi sotto i 40mila euro» e riporta l’adozione della «determina in maniera semplificata nel provvedimento con cui viene assunto l’impegno di spesa».

Gli acquisti ripetitivi nella scuola

Quali spunti utili possiamo desumere dunque per l’acquisto di beni a carattere ripetitivo sotto i 40.000 euro, come avviene nella maggioranza dei casi, nelle scuole, per il materiale di consumo, sia per l’amministrazione che per la didattica, e il materiale di pulizia per i locali scolastici?

Ricorrere agli strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, messi a disposizione da Consip Spa (convenzioni Consip e MePA)

È opportuno utilizzare il mercato elettronico per acquisti di beni e servizi nonostante alcune criticità del sistema, aggiuntive rispetto a quelle evidenziate dalla Corte dei Conti, e nonostante l’evidenza che il MePA non sia esattamente performante per le mille diverse necessità delle scuole, le quali rimangono del resto le uniche P.A. a non avere l’obbligo di usarlo, salvo che per servizi e beni informatici e di connettività di qualsiasi valore.

Nel MePA infatti si nota, oltre a quella «carenza di dettagli» che richiede il completamento della procedura con «clausole aggiuntive» o dichiarazioni integrative, la mancanza di adeguati filtri di ricerca delle offerte: a tutt’oggi il metodo di confronto più utilizzato è la ricerca del catalogo, la sua esportazione e l’uso “artigianale” degli strumenti Excel per le operazioni necessarie, con il risultato che paragonare le migliaia di offerte presenti è un’impresa non semplice, che fa propendere verso soluzioni più veloci ed efficaci quali l’ordine diretto o, al limite, la trattativa diretta con un unico fornitore.

La modalità è consentita dalla legge, ma vanifica l’ipotesi di quel confronto concorrenziale che dovrebbe essere rapido ed economico, portando alla riduzione di costi e tempi, come promesso dai sistemi di e-procurement.

Si può procedere ad acquisti extra Consip, senza incorrere nelle sanzioni previste dall’art. 1, comma 1 primo periodo del D.L. 95/2012, nelle ipotesi previste dalla nota MIUR 20/03/2013 e comunque dopo apposita autorizzazione, specificamente motivata, del Dirigente scolastico, trasmessa alla Corte dei Conti competente per territorio.

Aggregare gli acquisti a carattere ripetitivo

L’aggregazione degli acquisti che più frequentemente interessano le scuole di ogni ordine e grado è possibile per l’approvvigionamento di beni consumabili, cancelleria per ufficio e attività didattiche, materiali per la pulizia dei locali scolastici. Può essere sufficiente un solo acquisto annuo, massimo due, se viene adeguatamente svolta un’attività di programmazione per anno scolastico (o solare), che tenga conto delle risorse finanziarie del Programma annuale, la cui gestione in termini di obiettivi da realizzare deve essere coerente con il PTOF, triennale e annuale.

Il lavoro importante da fare è l’analisi dei bisogni: che cosa mi serve, quanto mi serve e per farne che cosa, sono le classiche ma solo apparentemente banali domande che stanno alla base di qualsiasi razionale programma degli acquisti, necessario per una corretta e funzionale gestione delle risorse.

Un programma sarà quindi coerente e congruente con i bisogni rilevati, oltre che opportuno per evidenti motivi di efficacia ed efficienza, anche in considerazione dell’obbligo imposto dalla normativa di adottare un piano biennale che indichi gli acquisti di beni e servizi di importo unitario stimato pari o superiore a 40.000 euro (IVA esclusa), casistica non frequentissima negli Istituti scolastici in generale, ma probabile in quelli di istruzione superiore.

Il piano obbligatorio comprende una serie di dati, quali ad esempio:

  • valore complessivo dell’acquisto, ripartito per annualità;
  • eventuale suddivisione in lotti funzionali (es. macchinari e strumenti per laboratori tecnici);
  • ordine di priorità degli acquisti;
  • copertura economica, con l’indicazione delle fonti di finanziamento.

Di chiarezza meno solare è l’obbligo di indicare un nuovo codice, il CUI (Codice Univoco di Intervento), oltre al CUP (Codice Unico di Progetto) che, con espressione di vago sapore tautologico, la norma dispone di riportare «per ogni acquisto per il quale è previsto» (eccezion fatta per i progetti finanziati con fondi UE quali Erasmus+ e PON, c’è qualche difficoltà a identificare le forniture che costituiscano un vero e proprio investimento: nel dubbio, fatte salve le indicazioni del M.I., può quindi essere utile fare riferimento alla delibera CIPE n. 143 del 27/12/2002 per individuare i progetti di investimento pubblico).

Tali codici sono aggiuntivi rispetto ai CIP (Codice Identificativo di Progetto) dei PON e ai successivi CIG (Codice Identificativo di Gara): un proliferare di codici che non sempre garantisce trasparenza e interoperabilità dei sistemi di monitoraggio della spesa pubblica, ma certamente non agevola il lavoro delle Segreterie.

Dato sempre per assodato il ricorso al criterio di proporzionalità nella scelta delle procedure più adeguate e idonee rispetto alle finalità e agli importi degli affidamenti, si ritengono comunque consigliabili:

  1. l’osservazione del trend storico degli acquisti: l’analisi dei partitari di spesa degli ultimi due/tre anni consente sicuramente di acquisire i dati delle tipologie di acquisti ripetitivi, la loro frequenza, gli elenchi dei fornitori, le quantità e gli importi impegnati;
  2. la ricognizione delle esigenze di acquisti di beni e servizi necessari all’ordinaria attività scolastica, generale, didattica e amministrativa (segreteria, docenti per plesso, assistenti tecnici, collaboratori scolastici per plesso), possibilmente annuali/semestrali e raccolte su modulo fornito dalla Segreteria, con dati preordinati, in file Excel, in modo che possano essere facilmente aggregati e totalizzati;
  3. l’analisi delle disponibilità del PA e l’ovvio confronto con il DS, per definire le priorità degli acquisti;
  4. ultima, ma non per importanza, l’attenta lettura del regolamentoapprovato dall’Istituto ai sensi dell’art. 45, comma 2 del D.I. 129/2018 per conoscere:
    1. i criteri e i limiti a cui il Dirigente scolastico deve attenersi per gli acquisti superiori a 10.000 euro IVA esclusa;
    2. le regole del fondo economale, qualora deliberato e anticipato;
    3. altre utili informazioni che autoregolamentano quella specifica scuola, negli spazi non definiti da norme di rango superiore.

Per il punto 3 ci si riferisce ad esempio a:

  • individuazione del RUP (Responsabile Unico del Procedimento, che in genere è il DS, oppure – previa delega formale – il DSGA o altro dipendente che ne abbia i requisiti);
  • eventuale individuazione del DEC (Direttore Esecuzione Contratto, che di regola coincide con il RUP, salvo casi di particolare complessità che richiedano l’esercizio di una pluralità di competenze);
  • criteri di selezione dei commissari di gara;
  • definizione del modico valore ed eventuale classificazione degli affidamenti in categorie e sottocategorie, ai fini dell’applicazione del principio di rotazione.
Prevedere la stipula di contratti pluriennali

Una durata pluriennale (in media tre anni) è spesso prevista nella stipula di contratti di servizi di cui sono note condizioni essenziali che perdurano nel tempo, come ad esempio i contratti di manutenzione, assicurazione, noleggio attrezzature, oppure servizi specifici quali quelli del medico competente, del RSPP, del DPO.

Potrebbe tuttavia essere interessante, oltre che vantaggioso, stipulare un accordo pluriennale (previa delibera del Consiglio di Istituto ai sensi dell’art. 45, comma 1, lett. d del D.I. 129/2018) in cui l’operatore economico mantiene inalterato il prezzo del bene/dei beni per tutta la durata contrattuale, soprattutto quando le forniture sono necessarie in modo continuato, ripetitive e non soggette a oscillazioni importanti.

L’aumento del volume di spesa e la difficoltà di definire dall’inizio tutti i termini contrattuali (quantità, prezzi, importi, eventuale suddivisione in lotti) richiede di essere estremamente dettagliati sia nella procedura di scelta dell’aggiudicatario, sia nell’esplicitazione degli accordi e degli obblighi reciproci (es. percentuali di possibili oscillazioni dei prezzi, importi a base d’asta con quantità presunte di acquisto, tempistica dei singoli ordinativi e della parziale consegna delle forniture ecc).

Stipulare accordi di rete

La Corte dei Conti, nella sua relazione, sottolinea la necessità di «ridurre le stazioni appaltanti, anche al fine di rafforzarne la competenza tecnica».

Considerato che ogni scuola è una stazione appaltante e che è ancora lontana la qualificazione delle stazioni appaltanti prevista dall’art. 38 del D.Lgs. 50/2016 con l’obiettivo di favorire forme di centralizzazione e professionalizzazione dei soggetti che si occupano di public procurement, si evidenzia la “sartorialità” del D.I. 129/2018, che all’art. 47 propone uno strumento di centralizzazione della spesa già previsto dall’art. 7 del D.P.R. 275/1999, ma finora scarsamente utilizzato: l’accordo di rete (di scopo, non necessariamente di ambito) per «la gestione comune di funzioni ed attività amministrativo-contabili, ovvero la gestione comune delle procedure connesse agli affidamenti di lavori, beni e servizi e agli acquisti».

L’esempio di rete più diffuso è quello relativo alla procedura negoziata volta alla stipula di un Accordo Quadro per la convenzione di cassa, parzialmente “guidata” dal Ministero che emana linee guida e mette a disposizione schemi-tipo, avviata da una scuola capofila che individua un unico operatore economico a condizioni fisse a beneficio di una rete di scuole di cui ciascuna poi stipulerà i singoli contratti attuativi. È evidente che tutti gli oneri (di tempi, costi e procedure) sono a carico della scuola capofila, mentre le altre scuole della rete potranno fruire del lavoro già fatto, limitandosi alla stipula di un contratto di cui sono già definiti tutti i termini, con particolare riferimento all’individuazione dell’aggiudicatario, che è la parte che rappresenta i maggiori risvolti di possibile contenzioso.

Senza entrare nel ginepraio normativo che caratterizza e distingue i cd. contratti aperti e gli accordi quadro, si ritiene opportuno delineare alcune caratteristiche di questi ultimi, così come descritti all’art. 54 del D.Lgs. 50/2016:

  • l’accordo quadro è definibile quale contratto finalizzato alla fissazione del contenuto di futuri contratti che la stazione appaltante (= scuola) si riserva di stipulare o meno, per cui non costituisce impegno per una parte né garanzia per l’altra;
  • le tipologie di accordo quadro sono diverse; può infatti essere stipulato da una o più stazioni appaltanti con uno o più operatori economici, a condizioni fisse o con rinegoziazione. È evidente che bisogna valutare attentamente quando sia preferibile giungere a un accordo quadro completo (es. per acquisti standardizzati) o invece a uno incompleto (es. per acquisizione di beni ad alta obsolescenza tecnica), tenendo presente che maggiore è il grado di completezza, minore sarà la flessibilità e viceversa; evidentemente anche la scelta del numero di operatori economici con i quali concludere un accordo quadro è determinata dal contesto di riferimento: un solo operatore potrebbe facilmente incrementare le economie di scala ma anche il rischio di corruzione, mentre più operatori consentirebbero di tutelare le piccole e medie imprese e offrire una certa personalizzazione ed eterogeneità del prodotto alla stazione appaltante;
  • la finalità è quella di semplificare le procedure, con riduzione di tempi e costi per la stazione appaltante che può ricorrere all’accordo quadro quando non è predeterminato in modo preciso e circostanziato il quantitativo dei beni da acquistare, accorpando in un’unica procedura una serie di prestazioni ripetitive e a carattere omogeneo da acquistare solo quando e se necessario, fino alla concorrenza massima dell’importo contrattuale.

In via prioritaria si rimanda al sistema delle convenzioni Consip, obbligatorie per le P.A., che sono contratti quadro riconducibili alla tipologia degli accordi quadro completi stipulati con un solo operatore economico con cui l’aggiudicatario di una gara si impegna ad accettare ordini di fornitura emessi da singole stazioni appaltanti fino alla concorrenza di un massimo di quantità che rende disponibili alle condizioni previste dalla convenzione stessa.

Semplificare ogni volta che sia possibile

Ecco alcuni suggerimenti utili in tal senso:

Adottare una determina semplificata per i contratti di importo inferiore a 40.000 euro, come previsto dall’art. 32, comma 2 del D.Lgs. 50/2016, in cui siano contenuti «l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti».

Utilizzare il minor prezzo come criterio di aggiudicazione, espressamente previsto dalla norma (art. 95, comma 4 del D.Lgs. 50/2016) per l’acquisto di beni standardizzati e forniture ripetitive: oltre a consentire una più veloce individuazione dell’offerta più vantaggiosa da parte del RUP eventualmente coadiuvato da un seggio di gara appositamente istituito, evita il ricorso alla commissione giudicatrice, che va nominata esclusivamente in caso di aggiudicazione prevista con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, considerato che la sua funzione è quella di valutare l’offerta tecnica. In attesa dell’entrata in vigore del sistema dell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici affidato dall’art. 78 all’ANAC, la Commissione giudicatrice richiede comunque l’adozione di criteri di individuazione dei commissari, regole che prevedano un sistema di rotazione, requisiti e competenze desumibili da curricula vitae, la presenza o meno del RUP al suo interno, le dichiarazioni di assenza delle cause di incompatibilità e di astensione, modalità di funzionamento delle sedute, eventuali compensi ai commissari ecc. Se non necessario, quindi, meglio adottare procedure più semplici e oggettive di scelta del contraente.

Utilizzare il fondo economale per gli acquisti imprevisti o per spese ordinarie di modica entità, tenendo presente che non si può superare il limite massimo previsto per l’uso del denaro contante e che non si può utilizzare il fondo per acquisti per il quali la scuola ha in corso un contratto di fornitura.

Il funzionamento delle minute spese va regolamentato con apposita delibera del Consiglio d’Istituto, che può definire, oltre agli importi massimi del fondo e di ogni singola operazione (importi accettabili vanno da 50 a 150/200 euro, a seconda della tipologia di Istituto, sebbene la Determinazione ANAC n. 4 del 7/07/2011, aggiornata con Delibera n. 556 del 31/05/2017, con riferimento agli acquisti di piccolo importo, riporti addirittura un tetto giornaliero di 1.500 euro), anche le tipologie delle spese previste, la documentazione e i giustificativi di spesa consentiti (scontrini, ricevute, fatture ecc.).

Le spese sostenute con il fondo economale non richiedono determina a contrarre, né CIG o CUP o qualsiasi altro creativo codice, e permettono anche di effettuare acquisti on-line con carte di credito prepagate, ma non sono un “tana libera tutti” che autorizzi automaticamente il rimborso di spese sostenute, anche per il bene della scuola, da qualsiasi dipendente della scuola.

A scanso di equivoci, si evidenzia infatti che qualsiasi percorso economale passa sempre attraverso il DSGA, o suo sostituito, cui spetta la gestione esclusiva del fondo.

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