La legge 183/2010 ha modificato la disciplina in materia di permessi di cui alla Legge 104/92.
Successivamente, l’INPS e il Dipartimento della Funzione pubblica hanno meglio esplicitato i contenuti della novella legislativa.
In particolare, la circolare inps n. 32/2012 e la circolare del Dipartimento Funzione Pubblica n. 1/2012, hanno precisato quanto segue:
- i genitori, anche adottivi, con bambini fino a tre anni di età hanno la possibilità di fruire, in alternativa, dei tre giorni di permesso mensili (art. 33, comma 3 L. 104/92), ovvero dei permessi orari giornalieri (art.33 comma 2 L. 104/92), ovvero del prolungamento del congedo parentale;
- i genitori, anche adottivi, con bambini oltre i tre anni e fino agli otto anni di età possono beneficiare, in alternativa, dei tre giorni di permesso (art. 33, comma 3 L. 104/92), ovvero del prolungamento del congedo parentale; a tale proposito, c’è da segnalare la modifica introdotta dal D.Lgs. 80/2015 (vedi paragrafo successivo);
- i genitori, anche adottivi, con figli oltre gli otto anni di età possono fruire dei tre giorni di permesso mensile (art. 33, comma 3 L. 104/92).
Per quanto riguarda nello specifico i 3 giorni di permesso mensile, per il genitore sono previste delle deroghe alla regola del “referente unico”, vale a dire colui che beneficia dei permessi mensili per tutti i mesi di assistenza alla persona con handicap grave con esclusione, quindi, di altri eventuali soggetti.
I permessi di cui all’art. 33 della Legge n. 104/92 (e anche il congedo straordinario di cui all’art. 42 del D.Lgs. 151/2001) non possono infatti normalmente essere riconosciuti a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona disabile in situazione di gravità.
È fatta eccezione per i genitori, anche adottivi, di figli disabili in situazione di gravità a cui viene riconosciuta la possibilità di fruire di entrambe le tipologie di benefici per lo stesso figlio anche alternativamente, fermo restando che nel giorno in cui un genitore fruisce dei permessi, l’altro non può utilizzare il congedo straordinario.
Ricordiamo che condizione essenziale per poter richiedere i permessi 104 è che al familiare da assistere:
- sia stata accertata la condizione di handicap in situazione di gravità, ai sensi dell’art. 3, comma 3 Legge 104/92;
- la persona con disabilità non sia ricoverata a tempo pieno, intendendosi con ciò il ricovero per le intere ventiquattro ore presso strutture ospedaliere o simili, sia pubbliche che private che assicurano assistenza sanitaria continuativa.
Anche su quest’ultimo punto sono possibili delle eccezioni. Infatti, è consentita l’assistenza nelle seguenti ipotesi:
- interruzione del ricovero a tempo pieno per necessità del disabile in situazione di gravità di recarsi al di fuori della struttura che lo ospita per effettuare visite e terapie appositamente certificate;
- ricovero a tempo pieno di un disabile in situazione di gravità in stato vegetativo persistente e/o con prognosi infausta a breve termine;
- ricovero a tempo pieno di un soggetto disabile in situazione di gravità per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare, ipotesi precedentemente prevista per i soli minori.
Si ricorda che i giorni di permessi non utilizzati non possono essere cumulati con quelli del mese successivo.
Prolungamento del congedo parentale
Discorso a parte merita la modifica apportata dall’art. 8 del D.Lgs. 80/2015 all’art. 33, comma 1, del T.U. Si tratta di una modifica che per il momento avrà applicabilità fino al 31 dicembre 2015, a meno che per il futuro non ci sia adeguata copertura finanziaria.
Per il 2015 quindi, per ogni minore con handicap in situazione di gravità accertata, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino (non entro l’ottavo) al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di congedo parentale ordinario, non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore.