Ai sensi dell’art. 33 della Legge 104/1992 la persona con disabilità grave può essere assistita dal parente o affine che abbia i requisiti previsti dalla legge.
In particolare, hanno diritto a fruire dei permessi lavorativi (tre giorni mensili anche frazionabili in ore) il coniuge, le coppie unite in unione civile (grazie alla Legge Cirinnà), i parenti e gli affini entro il secondo grado. Tra i soggetti legittimati a fruire dei tre giorni di permesso mensile retribuito, la sentenza 213/2016 della Cassazione ha ricompreso anche il convivente di fatto (more uxorio).
In presenza di particolari condizioni è prevista anche la possibilità di estendere il diritto ai parenti ed affini entro il terzo grado.
Se in possesso dei requisiti previsti dalla legge, il soggetto che intendesse fare richiesta dei permessi per prestare assistenza, potrà farla indipendentemente dalla presenza di altri soggetti, nel nucleo familiare, legittimati a prestare assistenza. Non è pertanto necessario acquisire alcuna dichiarazione di rinuncia da parte di eventuali altri familiari aventi diritto.
A tale proposito, già la circolare INPS n. 90/2007 disponeva che:
- a nulla rileva che nell’ambito del nucleo familiare della persona con disabilità in situazione di gravità si trovino conviventi familiari non lavoratori idonei a fornire l’aiuto necessario;
- la persona con disabilità in situazione di gravità – ovvero il suo amministratore di sostegno ovvero il suo tutore legale – può liberamente effettuare la scelta su chi, all’interno della stessa famiglia, debba prestare l’assistenza prevista dai termini di legge;
- tale assistenza non deve essere necessariamente quotidiana, purché assuma i caratteri della sistematicità e dell’adeguatezza rispetto alle concrete esigenze della persona con disabilità in situazione di gravità.
Referente unico
Elemento comunque fondamentale è che il familiare che richiede e ottiene il permesso sia il referente unico: infatti, ai sensi dell’art. 24 della Legge 183/2010 (Collegato lavoro), il diritto ad assistere il familiare con grave disabilità, non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente. È quindi vietato riconoscere a più di un lavoratore dipendente il diritto di assistere la stessa persona disabile grave.
Il parere del Consiglio di Stato n. 5078 del 2008 individua il referente unico nel soggetto che assume «il ruolo e la connessa responsabilità di porsi come punto di riferimento della gestione generale dell’intervento, assicurandone il coordinamento e curando la costante verifica della rispondenza ai bisogni dell’assistito».
Nei moduli di richiesta del beneficio, il dipendente deve quindi specificare di essere l’unico lavoratore che assiste il familiare disabile e dichiarare che ogni modifica della situazione di fatto e di diritto sarà comunicata tempestivamente.
È bene ricordare infine altri aspetti: oltre al requisito della convivenza, già eliminato dall’art. 20 della Legge 53/2000, anche la continuità e l’esclusività dell’assistenza, non sono più elementi essenziali ai fini del godimento dei permessi di cui all’art. 33 della Legge 104/1992, il nuovo dettato normativo (Legge 183/2010) interviene sull’art. 20, comma 1 della Legge 53/2000, e prevede il venir meno dei requisiti della continuità e dell’esclusività quali presupposti necessari ai fini del godimento dei permessi in argomento da parte dei beneficiari.
Permessi e congedo straordinario
Ad eccezione dei genitori, non è possibile che, per la stessa persona disabile, un familiare lavoratore usufruisca del congedo straordinario retribuito di cui all’art. 42 del D.Lgs. 151/2001 e un altro diverso familiare lavoratore usufruisca dei tre giorni di permesso mensili di cui all’art. 33 della Legge 104/1992.
A tale proposito il Dipartimento della Funzione pubblica con circolare 1/2012 ha chiarito che la norma stabilisce che il congedo straordinario (D.Lgs. 151/2001) e i permessi (Legge 104/1992) non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona in situazione di handicap grave.