Sinergie di Scuola

I primi mesi di lavoro di un Dirigente scolastico neoassunto sono intensi, pieni di aspettative, ricchi di sollecitazioni ed esperienze relazionali che sembrano quasi rompere la solitaria dimensione di studio e concentrazione acquisite negli ultimi anni di preparazione al concorso, dimensione comunque faticosamente coniugata con l’esercizio del ruolo di docente. Potremmo dire che la presa di servizio rappresenta non solo l’atto finale di un processo complesso che segue ad un concorso fatto di prove diverse che ironicamente, direi “attraversano quasi una fase della vita”, ma l’integrazione voluta e sentita di due aspetti che da tempo convivono nella persona che si forma per quel mestiere: il “sentirsi dirigente” e il bagaglio di conoscenze e competenze acquisite per esercitarne il ruolo.

Questo è un aspetto molto importante che impatta sulla modalità di approcciare i problemi e pone il neoassunto fin da subito in un’ottica diversa nell’affrontarli e risolverli.

Le profilature

La richiesta di adempiere in breve tempo a tutte le profilature richieste per associare nei diversi aspetti la persona alla rappresentanza legale dell’istituto cui si è preposti, pone di fronte in modo concreto tutte le responsabilità assunte e implicite nel ruolo. Questo per molti neodirigenti è stato il primo grande banco di prova, non solo come presa di coscienza effettiva del passaggio dal ruolo docente, ma come prima vera fase operativa di insediamento, soprattutto come è accaduto in molte scuole in assenza di DSGA o personale di segreteria esperto.

La dimensione sistemica delle istituzioni scolastiche studiata nei manuali e vagamente percepita nel ruolo di docente appare subito dirompente: un insieme interconnesso di azioni che presuppongono valori, procedure, competenze, decisioni che si dipanano quotidianamente. Il Dirigente segue la pista di chi lo ha preceduto, che spesso – nell’attuale condizione delle scuole – è stato un dirigente reggente che ha gestito come ha potuto, e con affanno, due o più istituti affidandosi all’esperienza, alla delega e al buon senso delle figure di staff o, più in generale, dei collaboratori.

La gestione del personale

La gestione del personale in una realtà che non si conosce appare fin da subito insidiosa: non si ha idea delle risorse disponibili, in termini di competenze, desiderata e contesto di riferimento; la gestione delle MAD impegna le segreterie in un lavoro complesso di comparazione continua; la continuità didattica non sempre rappresenta una strada facilmente percorribile.

Gli ingranaggi della macchina scolastica devono comunque mettersi in moto, coinvolgendo tutta un’altra serie di attori che ruotano attorno all’istituzione e ne completano il servizio: le ditte del servizio mensa, le controparti delle convenzioni scolastiche, le reti per le richieste di contributi, il comitato dei genitori, insomma in una parola tutti gli stakeholder della scuola.

L’avvio delle trattative sindacali

La normativa impone un determinato percorso cronologico delle azioni e delle decisioni da assumere, che il Dirigente neoassunto fatica a mantenere non solo per la scarsa conoscenza del contesto reale in cui opera, ma soprattutto per giustificata inesperienza del ruolo e per la necessità di reperire celermente informazioni approfondite e porle in necessaria correlazione.

Un esempio è dato dall’avvio delle trattative sindacali che pur non ponendo termini perentori, se non espletate nei tempi previsti dalla normativa e dalla consuetudine, possono comunque pregiudicare la qualità delle relazioni e la possibilità di considerare quest’ultime proprio come una risorsa di confronto, e non solo come un mero adempimento da assolvere in vista della necessaria contrattazione d’istituto.

Il Dirigente sceglie l’identità dell’istituto

Nella formazione di un Dirigente neoassunto spesso si sottolinea la necessità di analizzare il contesto e scegliere degli aspetti da migliorare, rispettando la memoria storica delle azioni intraprese o meglio della vision impostata; di contro, il Dirigente neoassunto porta con sé il bagaglio della precedente esperienza lavorativa in veste di docente e ripensa, ogniqualvolta è impegnato ad assumere una decisione, a quegli assiomi che davano certezza del proprio operato di docente e del valore che questi avevano nella comunità scolastica di provenienza.

Per quello che mi riguarda, ho cercato di considerare marginalmente quest’ultimo aspetto. L’istituto che dirigo ha tratti e caratteristiche molto diverse rispetto all’istituto in cui operavo come docente; la mia scelta della sede di servizio, al momento dell’espressione di preferenza richiesta dall’Ufficio Scolastico Regionale, è stata funzionale proprio al cambio di ruolo, e quindi – in ultima analisi – al cambio del punto di vista della dimensione lavorativa: quella di un Dirigente e non di un docente.

Il Dirigente sceglie l’identità dell’istituto, ciò che presuppone un progetto da attuare, una visione da realizzare.

Il passaggio di consegne e lo staff del DS

All’arrivo nella sede di servizio il Dirigente neoassunto ha fatto di norma precedere un incontro con il Dirigente uscente, per il passaggio delle consegne e per conoscere la realtà che lo aspetta. Se non ha elementi utili per valutare come impostare il proprio lavoro, a cominciare dalla scelta dei propri collaboratori, in genere si attiene ai consigli e alle procedure del Dirigente uscente.

La scelta dei collaboratori, se non si mantiene la continuità rispetto all’anno scolastico precedente, rappresenta il primo atto valutabile del Dirigente e inevitabilmente un segnale al collegio. Molti autori e persone di scuola in generale parlano con criticità di creazione di un “cerchio magico”, facendo riferimento ai collaboratori, alle persone che godono della fiducia del Dirigente e lo coadiuvano nell’esercizio delle sue funzioni; quello che, in maniera nuova e in un’ottica diversa, considerando la scuola a metà tra un’azienda e un’istituzione pubblica, è definito “Staff del Dirigente scolastico”.

Con l’avvento della Legge 107/2015 queste figure possono essere riconosciute normativamente come “coadiutori del dirigente”, da rintracciare nel collegio dei docenti fino alla misura del 10%. Si tratta, purtroppo, di un’innovazione mancata, nel momento in cui le istituzioni scolastiche non possiedono le risorse economiche sufficienti atte a sostenere la crescita e la valorizzazione di queste figure. Parimenti, una mancata riforma degli organi collegiali crea talvolta confusione di interpretazione, di ruoli e competenze, frenando di fatto l’innovazione nell’organizzazione scolastica.

Negli ultimi anni in realtà, con l’avvento dei PON e la diffusione delle azioni in rete, si è assistito ad una crescita professionale dei docenti incaricati di ruoli organizzativi che contemplavano non solo competenze proprie del ruolo docente, ma anche di tipo amministrativo. La carenza di personale amministrativo talvolta ha costretto le scuole ad autoformarsi sul campo, impiegando i docenti fuori dall’aula; questo fenomeno paradossalmente ha sostenuto e sostiene molte scuole e rappresenta una risorsa importante per i Dirigenti impegnati in percorsi innovativi.

La scelta dei collaboratori è un segnale alla comunità educante dell’istituzione scolastica, così come lo è l’impatto del primo collegio per il Dirigente. Nei primi giorni di contatto con la nuova istituzione, il Dirigente si è fatto un’idea e inconsapevolmente ha già operato delle scelte in rapporto alla propria vision dell’istituzione cui è preposto; nel primo collegio ne accenna le strutture portanti, che rappresentano i valori che intende sostenere e a cui intende richiamare la comunità dei docenti quale bussola di riferimento nel lavoro.

Il primo collegio docenti

Nel primo collegio docenti gestito nei panni del Dirigente, ho scelto di richiamare i valori della collegialità e ho tentato di definire lo scenario in cui è necessario esercitarla; quello di una realtà complessa, imprevedibile, cangiante così come descritta nelle pagine delle opere del filosofo Morin e rappresentata attualmente dalla problematicità degli istituti scolastici.

Interpretando il normale disagio di una necessaria reggenza dell’istituto, ho proposto ai docenti di costruire nuovi significati di senso per quella realtà. Ho usato la metafora dell’oceano di incertezze di Morin, per definire la realtà complessa e il ruolo e la mission cui è chiamato l’istituto; e, puntando sul valore della professionalità e dello spirito di servizio connaturato al mestiere di chi è impegnato nell’atipica “azienda scuola”, ho invitato il collegio a costruire insieme arcipelaghi di certezze.

In questo modo ho tentato di rispettare il modello di scuola costruito da chi mi ha preceduto e che è stato esperito e sentito dalla comunità tutta, aprendo però anche alla possibilità di nuovi orizzonti. Questo credo sia il compito del Dirigente della scuola dell’autonomia che innova: conoscerne bene il contesto, darne un’interpretazione, creare alleanze con il territorio, analizzare le risorse di cui si dispone, valorizzarle per cercare di evidenziare nuovi spunti di miglioramento.

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