Sinergie di Scuola

Il caso che commentiamo ha come protagonista una docente di un istituto statale che, con decreto del Dirigente scolastico, è stata dichiarata decaduta dall’impiego per aver superato il tetto massimo di assenze consentite.

L’insegnante non si è data per vinta e ha impugnato il provvedimento dirigenziale innanzi al Tribunale, il quale ha accolto la domanda e ha dichiarato nullo il decreto che ne attestava la decadenza.

Anche la Corte d’appello ha dato ragione alla docente, con sentenza pubblicata in data 1/03/2018, rigettando l’appello proposto dal Ministero della Istruzione e della Università e Ricerca, nonché dall’Ufficio Scolastico Regionale e dall’Istituto statale d’istruzione.

La Corte territoriale ha condiviso la valutazione espressa dal Tribunale circa la riconducibilità delle assenze (protrattesi per oltre quattro anni, dal 5/03/2004 al 31/07/2008) ad una grave patologia, come previsto dall’art. 17, comma 9, del CCNL Scuola del 5/09/1995, statuendo che il detto periodo dovesse essere detratto dal numero delle assenze registrate, il che ha condotto a statuire il mancato superamento del tetto massimo di assenze previsto dalla legge per la decadenza dall’impiego.

La Corte ha ritenuto che la documentazione prodotta dalle parti comprovasse che le assenze erano state determinate da una grave patologia psichiatrica (disturbo d’ansia generalizzata con episodici attacchi di panico; disturbo distimico).

In particolare, ha dato rilievo ad una certificazione rilasciata dall’ASL, in cui si attestava che la «signora [omissis] affetta da grave patologia, può beneficiare per anni 1 (uno) a decorrere dalla data odierna, dei periodi di assenza per malattia ai sensi dell’art. 17, comma 9, CCNL», nonché alla successiva nota della stessa ASL, con cui, a richiesta di chiarimenti (in particolare che fosse fornita adeguata e chiara certificazione medica da cui risultasse la gravità della patologia, il tipo di terapia cui la dipendente era sottoposta e i suoi eventuali effetti invalidanti), l’Ente dichiarava di non poter fornire ulteriori informazioni, per tutelare la privacy della interessata.

Contro la sentenza il MIUR ha proposto ricorso in Cassazione, reputando che la certificazione posta dalla Corte d’appello a base del riconoscimento del beneficio di cui all’art. 17, comma 9, del CCNl Scuola 2002-2005 (che ha aggiornato quello del 5/09/1995) fosse inidonea allo scopo, perché:

  • non conteneva un chiaro riferimento ai giorni di assenza per malattia, la quale può essere certificata solo dal medico curante;
  • non emergeva dal certificato l’impossibilità del dipendente di svolgere attività lavorativa in quanto affetto da patologie gravi che richiedevano terapie temporaneamente o parzialmente invalidanti.

Inoltre, continuava il MIUR, la decisione:

  • si era fondata su una certificazione e successiva integrazione rilasciata da una commissione avente finalità estranee alla giustificazione delle assenze dei dipendenti per ragioni di salute;
  • non conteneva alcun riferimento ai giorni di malattia e non prevedeva una prognosi.

Quanto alla CTU (consulenza tecnica di ufficio) disposta nel giudizio di merito, essa, a detta del MIUR, non valeva a fornire la prova richiesta, dal momento che il consulente nominato dal giudice non aveva riconosciuto la sussistenza di uno dei presupposti per l’applicazione della norma, e cioè che le terapie farmacologiche a cui l’interessata era stata sottoposta avessero effetti invalidanti.

La decisione della Cassazione

Occorre subito evidenziare che la Corte di Cassazione, che si è pronunciata con la sentenza 26033 del 17/11/2020, è competente a decidere sulla corretta interpretazione delle norme giuridiche applicate dai giudici di primo e secondo grado, mentre non può trasformarsi in un giudice di terzo grado, compiendo una ulteriore valutazione degli elementi probatori già effettuata dai giudici del merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Pertanto gli Ermellini hanno affermato che è necessario accettare le statuizioni e la ricostruzione dei fatti comunicati dai giudici nei primi due gradi di giudizio.

È interessante, ai nostri fini, il richiamo che la Cassazione ha fatto a quel passaggio argomentativo della sentenza della Corte d’appello, nel quale, a differenza di quanto ha opinato il MIUR, la Corte territoriale non ha ritenuto superflua, ai fini dell’esclusione dal computo dei giorni di assenza ex art. 17, la sottoposizione della dipendente a terapie invalidanti ma, al contrario, ha stabilito che tale circostanza di fatto emergesse, sia pure in via implicita, dalla certificazione rilasciata dall’ASL.

Quindi, sulla base di tale certificazione, anche se non rilasciata dal medico curante, corroborata dalla consulenza tecnica d’ufficio, è emerso che la patologia di cui soffriva la docente fosse di una gravità tale da impedire l’esecuzione della prestazione lavorativa e che, a norma dell’art. 17, comma 9 del CCNL Scuola, per il quadriennio normativo 2006-2009, non dovesse essere computata nei giorni di assenza e di malattia di cui ai commi 1 e 8 dello stesso articolo.

Il comma 1, infatti, precisa:

1. Il dipendente assente per malattia ha diritto alla conservazione del posto per un periodo di diciotto mesi. Ai fini della maturazione del predetto periodo, si sommano, alle assenze dovute all’ultimo episodio morboso, le assenze per malattia verificatesi nel triennio precedente.

Tale periodo è ulteriormente prorogabile di 18 mesi in casi particolarmente gravi, senza diritto ad alcun trattamento retributivo, a mente del comma 2. Il comma 8 a sua volta statuisce:

8. Il trattamento economico spettante al dipendente, nel caso di assenza per malattia nel triennio di cui al comma 1, è il seguente:
a) intera retribuzione fissa mensile, ivi compresa la retribuzione professionale docenti ed il compenso individuale accessorio, con esclusione di ogni altro compenso accessorio, comunque denominato, per i primi nove mesi di assenza. 20 Nell’ambito di tale periodo per le malattie superiori a 15 gg. lavorativi o in caso di ricovero ospedaliero e per il successivo periodo di convalescenza post-ricovero, al dipendente compete anche ogni trattamento economico accessorio a carattere fisso e continuativo;
b) 90% della retribuzione di cui alla lett. a) per i successivi 3 mesi di assenza;
c) 50% della retribuzione di cui alla lett. a) per gli ulteriori 6 mesi del periodo di conservazione del posto previsto nel comma 1.

Ovviamente, entrambi i commi vanno riletti alla luce del comma 9 (e dell’art. 19, comma 15 per il personale a tempo determinato, che comunque richiama espressamente la stessa disciplina contenuta nel comma 9 dell’art. 17), che afferma:

9. In caso di gravi patologie che richiedano terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti,sono esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia, di cui ai commi 1 e 8 del presente articolo, oltre ai giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital, anche quelli di assenza dovuti alle conseguenze certificate delle terapie. Pertanto, per i giorni anzidetti di assenza spetta l’intera retribuzione

Per una panoramica più ampia della disciplina riguardante le assenze per malattia, rimandiamo alla lettura di due articoli di Mara Bonitta: “Quando il lavoratore si assenta per malattia” e “Visite fiscali, assenze per visite e terapie, salute e gravidanza”.

Assenze per ricovero ospedaliero o day hospital

Il richiamo alle assenze per ricovero ospedaliero o day hospital, però, non deve essere inteso in modo “restrittivo”, nel senso che, come precisato nella circolare 4401/2013 dell’USR Calabria, la particolare agevolazione contrattuale si riferisce anche a tutte le giornate di assenza dovute agli effetti a distanza provocati dalla terapia, purché tali effetti siano anch’essi certificati (a titolo esemplificativo: le patologie tumorali che richiedono trattamentichemioterapici; le insufficienze renali che richiedono terapie di dialisi. «Al contrario, il dipendente che sia stato colpito, per esempio, da ictus cerebrale e abbisogni di frequenti terapie fisioterapiche e riabilitative non rientra nella previsione di questa norma, non perché si disconosca la gravità della sua patologia, ma perché le terapie cui egli viene sottoposto non sono temporaneamente e/o parzialmente invalidanti, bensì idonee a recare direttamente benefici», così il Tribunale di Foggia, ordinanza 18399/2010).

Cosa si intende per gravi patologie

Il CCNL Scuola, a differenza dei contratti di altri comparti, non individua tassativamente i casi qualificabili come gravi patologie, dai quali originano i benefici previsti dal comma 9 dell’art. 17 citato.

Al fine di scongiurare ipotesi di eccesso di potere datoriale, nei casi in cui il lavoratore abbia prodotto una certificazione attestante una grave patologia, riconosciuta tale dalla competente autorità sanitaria pubblica, il Dirigente scolastico dovrà limitarsi a prenderne atto, senza possibilità di ulteriore giudizio.

Pertanto, in assenza di una specifica elencazione di malattie comprese nella dizione “gravi patologie”, la valutazione della gravità non può essere rimessa al Dirigente scolastico ma deve essere preventivamente accertata e certificata dalla competente ASL (o anche del medico curante o di uno specialista che opera presso gli ambulatori ASL).

I due requisiti che devono coesistere e che vanno valutati contestualmente: la documentazione della “grave patologia” e il ricorso a terapie “invalidanti”.

Perché il dipendente possa invocare l’applicazione dei benefici di cui all’art. 17, comma 9 (esclusione dal computo dei giorni di assenza per malattia e retribuzione al 100%) quindi, non è sufficiente che sia affetto da una patologia definita grave, ma è necessario che la predetta condizione sia seguita da quella ulteriore di essere soggetta a terapie, ovviamente relative alla patologia medesima, che siano temporaneamente e/o parzialmente invalidanti.

Le certificazioni presentate dal dipendente non possono essere di contenuto generico, ma debbono riportare in modo chiaro e inequivocabile indicazioni specifiche in termini di grave patologia e conseguente terapia.

Ricordiamo anche che tali periodi sono esclusi dall’obbligo del rispetto delle c.d. fasce di reperibilità (9.00 – 13.00 e 15.00 – 18.00), così come previsto dall’art. 55-septies, comma 5 del D.Lgs. 165/2001.

Questioni di privacy

Circa i motivi legati alla riservatezza e alla privacy, essi non sembrerebbero potersi addurre dal dipendente, a mente della circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 2 del 28/09/2010, che ha precisato che «esistono però alcune situazioni particolari in cui il datore ha necessità di conoscere la diagnosi. [...] ciò accade nelle ipotesi di esenzione dalla decurtazione della retribuzione e dal regime della reperibilità ai fini della visita fiscale. In queste situazioni l’amministrazione è tenuta ad applicare il regime generale a meno che non abbia la documentazione che consenta di derogarvi ed è innanzitutto interesse del dipendente che si assenta che l’amministrazione abbia tutti gli atti necessari per applicare in maniera corretta la normativa di riferimento».

In caso di mancata ostensione da parte del lavoratore dei dati ritenuti necessari, l’Istituzione scolastica interessata potrebbe, quindi, non riconoscere le garanzie contrattuali previste (esclusione dal computo dei giorni di assenza per malattia e retribuzione al 100%), dandone comunicazione all’interessato.

Abbiamo visto, però, che le sentenze dei giudici di primo e secondo grado, non smentite dalla sentenza 26033 del 17/11/2020 della Cassazione che si commenta, hanno ammesso che la sottoposizione della dipendente a terapie invalidanti potesse ricavarsi implicitamente (visto il richiamo dei medici proprio all’art. 17, comma 9 del CCNL. Scuola) dalla certificazione prodotta dall’insegnante e non hanno ritenuto infondato il rifiuto dell’ASLdi fornire ulteriori informazioni alla scuola, legate alla patologia gravemente invalidante, al fine di tutelare la privacy della docente interessata (sconfessando, di fatto, la circolare 2/2010 della Presidenza del Consiglio dei Ministri).

Leggi altri contenuti su:

© 2024 HomoFaber Edizioni Srl - Tutti i diritti riservati. Sono vietate la copia e la riproduzione senza autorizzazione scritta. Sono ammesse brevi citazioni ed estratti indicando espressamente la fonte (Sinergie di Scuola) e il link alla home page del sito.