Sinergie di Scuola

In tema di valutazione, il Consiglio di Stato pone un limite temporale più ampio rispetto al singolo anno scolastico affinché sia possibile formulare un giudizio di non ammissione di un alunno alla classe successiva. Le scuole, in virtù dell’autonomia scolastica, deliberano i criteri e le modalità di valutazione; quest’ultima, per essere intangibile dai giudici esige che sia integrata dalla descrizione del processo e del livello globale di sviluppo degli apprendimenti raggiunto dall’alunno. Va da sé che la valutazione non può ridursi ad un mero calcolo delle medie aritmetiche dei voti registrati.

Diverse pronunce giurisprudenziali si sono espresse in merito al giudizio di ammissione alla classe successiva nella scuola secondaria di primo grado. La disposizione normativa che regola la procedura giuridicamente corretta per determinare un eventuale giudizio di non ammissione è l’art. 6 del D.Lgs. 62/2017, che detta “Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato” (in specie i commi 2 e 3), cui ha fatto seguito la nota ministeriale 1865/2017, esplicativa del decreto.

In sede di valutazione finale i Consigli di classe sono dunque tenuti a considerare le disposizioni stabilite nel citato art. 6. Sulla non ammissione alla classe successiva, il comma 2 riporta che «nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, il consiglio di classe può deliberare, con adeguata motivazione, la non ammissione alla classe successiva o all’esame conclusivo del primo ciclo». Il precetto è chiaro: spetta al Consiglio di classe deliberare sulla non ammissione, purché quest’ultima sia corredata di adeguata motivazione. Sull’argomento la nota 1865/2017 specifica che «la non ammissione viene deliberata a maggioranza». Sembrerebbe così inequivocabile la ratio della legge, che pone a capo dell’organo collegiale una discrezionalità tecnica il cui esercizio, secondo consolidata giurisprudenza, «deve rispondere ai dati concreti, deve essere logico e non arbitrario» potendo il giudice sindacare sulla «attendibilità delle operazioni tecniche effettuate» (Cons. di Stato, Sez. VI n. 4663 del 2010).

Non ammissione alla classe successiva

Riguardo al giudizio di non ammissione, con ordinanza n. 5169 del 24/10/2018 il Consiglio di Stato riconosce la fondatezza dell’appello cautelare a favore di un alunno che non era stato ammesso alla seconda classe della scuola media, esplicitando tra i motivi della decisione che «l’ammissione alla classe successiva nella scuola secondaria di primo grado [...] deve fondarsi su un giudizio che faccia riferimento unitario e complessivo a periodi più ampi rispetto al singolo anno scolastico, e ciò anche nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline. Pertanto l’alunno viene ammesso alla classe successiva anche se in sede di scrutinio finale viene attribuita una valutazione con voto inferiore a 6/10 in una o più discipline da riportare sul documento di valutazione».

Dunque i giudici asseriscono che la bocciatura di un alunno deve rapportarsi ad un periodo più ampio, non collegato ad un singolo anno scolastico.

L’ordinanza riprende infatti le disposizioni della nota 1865/2017, la quale stabilisce che l’ammissione alla classe successiva è disposta, in via generale, anche in presenza di insufficienze. Tra le righe se ne ricava che il giudizio di non ammissione deve derivare da valutazioni ponderate, susseguitesi nel corso del tempo (più ampio rispetto al singolo anno scolastico) e in grado di documentare oggettivamente che la decisione del Consiglio di classe è il frutto di osservazioni e strategie adottate per favorire il recupero delle carenze progressivamente evidenziate.

Non c’è dubbio che l’iter valutativo del Consiglio di classe per essere corretto debba avere carattere diacronico, poggiando su elementi concreti: «i giudizi espressi dal Consiglio di classe sull’apprendimento e la preparazione raggiunto dai singoli alunni sono connotati da discrezionalità tecnica con la conseguenza che al Giudice della legittimità amministrativa spetta solo di verificare se il procedimento, a conclusione del quale tale giudizio è stato formulato, sia conforme al parametro normativo, ovvero ai criteri deliberati previamente dall’organo stesso, e non risulti inficiato da vizi di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti» (Sentenza TAR Puglia Bari, Sez. Unite, 6/09/2018, n. 1210).

La verbalizzazione del Consiglio di classe

Quest’ultima sentenza invita a riflettere sulle procedure documentali adottate dalle scuole. I verbali redatti durante le riunioni dei Consigli di classe sono spesso carenti di analisi descrittive circa l’andamento didattico e disciplinare del singolo alunno, cosicché è difficile ricostruirne il percorso scolastico, e in caso di giudizio negativo, attestare che le operazioni svolte dall’organo collegiale siano congrue e opportunamente motivate nonché dilatate nel tempo.

A ciò si aggiunga che le attuali norme sulla valutazione, introdotte con il D.Lgs. 62/2017, in caso di giudizio negativo propongono diverse soluzioni per evitare la non ammissione alla classe successiva. Il legislatore fornisce infatti precise indicazioni in ordine alla valutazione che, se correttamente rispettate, non daranno luogo ad alcun sindacato giurisdizionale.

Anzitutto la possibilità di non ammettere alla classe successiva o all’esame conclusivo del primo ciclo, «nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline», giudizio che deve essere supportato da adeguata motivazione e dall’attivazione di «specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento [...] nel caso in cui le valutazioni periodiche e finali delle alunne indichino carenze nell’acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline».

In proposito specifica meglio la nota 1865/2017 che l’ammissione alle classi seconda e terza delle medie è disposta anche nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, e l’alunno viene ammesso alla classe successiva anche con una valutazione con voto inferiore a 6/10 in una o più discipline. A seguito della valutazione finale, la scuola provvede a segnalare tempestivamente alle famiglie eventuali livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione e attiva specifiche strategie e azioni che consentano il miglioramento dei livelli di apprendimento.

Quindi l’indicazione di ammettere alla classe successiva è disposta ordinariamente anche nelle situazioni di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline. In caso di non ammissione, deliberata a maggioranza, i presupposti da soddisfare sono molteplici, tutti riconducibili ai criteri di valutazione e alle modalità definiti dal Collegio dei docenti e inseriti nel PTOF; criteri che devono essere applicati dal Consiglio di classe in sede di valutazione e fare riferimento «a periodi più ampi rispetto al singolo anno scolastico» (ordinanza 5169/2019).

Da ciò si ricava che il giudizio di non ammissione non può che essere corredato da continue osservazioni, in grado di provare che l’organo collegiale, nel tempo, ha anche attivato «specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento». In siffatta situazione diventa fondamentale la verbalizzazione in seno ai Consigli di classe, che dovrà essere in grado di attestare il percorso scolastico compiuto dal singolo alunno. Solo così facendo, la non ammissione alla classe successiva sarà il frutto di un giudizio ponderato.

La valutazione formativa

Tenuto conto che il giudizio di non ammissione deve concernere periodi più ampi, le procedure per evitare che in tema di valutazione l’operato della scuola sia sottoposto ad un sindacato giurisdizionale, volto ad accertare il corretto svolgimento delle azioni effettuate, sono rinvenibili in primis nel D.Lgs. 62/2017, che stabilisce quanto segue: «la valutazione ha per oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento [...] ha finalità formativa ed educativa e concorre al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo degli stessi, documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove la autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze» (art. 1, comma 1), «è integrata dalla descrizione del processo e del livello globale di sviluppo degli apprendimenti raggiunto» (art. 2).

Ciò significa che la valutazione formativa precede, accompagna e segue i percorsi curricolari, poggia su una documentazione progressiva e dinamica, dà atto delle strategie adottate per il miglioramento dei livelli di apprendimento. È una valutazione che osserva l’intero processo formativo.

Detti principi trovano in effetti riscontro in due sentenze del TAR Friuli-V. Giulia, Trieste, la n. 369 del 13/09/2019, cui ha fatto seguito la n. 458 del 2/11/2019; con la prima veniva accolto il ricorso presentato dai genitori per la mancata ammissione di un ragazzo alla classe successiva; con la seconda, i genitori, tramite richiesta di ottemperanza cui poi espressamente rinunciavano (con conversione del rito da ottemperanza a ordinario), sollecitavano «la rinnovazione dello scrutinio, cui, fino a quel momento, non si era ancora provveduto».

Le due sentenze sono invero importanti perché delineano alcuni principi direttamente connessi alla procedura di valutazione che, se rispettati, difficilmente possono essere considerati opinabili dal giudice amministrativo.

Resta inteso che durante le riunioni dei Consigli di classe la verbalizzazione sull’andamento didattico di ciascun alunno diventa significativa ai fini di un giudizio di non ammissione, salvo che il giudizio sia poi sindacabile dal giudice amministrativo.

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