Sinergie di Scuola

Lavoro agile

Il fenomeno della pervasività che caratterizza la tecnologia anche in ambito lavorativo ha reso necessario riportare al centro di ogni interesse la persona, garantendo uno spazio definibile “libertà dalla tecnologia” ovvero “diritto alla disconnessione”.

In Europa, la Francia è stata il primo Stato che ha legiferato in merito a tale problema: nel 2016 è stata emanata una legge sul lavoro denominata Loi Travail che, all’art. 55, definisce – per l’azienda con un numero di dipendenti superiore a 50 – l’obbligo di contrattare sindacalmente le modalità di “disconnessione”, precisando il divieto di inoltrare al lavoratore, al di fuori dell’orario di lavoro, comunicazioni veicolate da posta elettronica o telefonate.

Il primo atto normativo italiano riguardante il diritto alla disconnessione nasce invece presso l’Università statale dell’INSUBRIA, fondata nel 1998 e avente sedi nelle città di Como e Varese.

Il Direttore Generale dell’Ateneo, il 7 aprile 2017 ha emanato il Decreto n. 289 che ha per titolo “Diritto alla disconnessione al di fuori dell’orario di lavoro e attivazione del Giorno di indipendenza dalle e-mail in ogni trimestre”.

Questo documento (che ha valenza giuridica di Regolamento) è finalizzato a tutelare i cosiddetti “spazi di vita” del lavoratore, mettendolo al riparo da richieste di reperibilità costante e continuativa tramite i mezzi di comunicazione che la tecnologia moderna mette a disposizione.

La Legge n. 81 del 22/05/2017 ha sancito nuovamente, in Italia, il diritto in questione pur facendolo dipendere da un altro riferimento al mondo del lavoro.

Il Capo II di tale legge riguarda, infatti, il cosiddetto smart working o “lavoro agile”, che all’art. 18 viene definito come «modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa».

Questa forma di organizzazione del lavoro era già stata identificata all’interno dell’ordinamento italiano dal D.Lgs. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale) e successivamente nel D.Lgs. 179/2016, recante modifiche al suddetto Codice.

L’elevato regime di flessibilità circa i tempi e le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa – che potrebbe comportare l’eliminazione di vincoli temporali – trova un limite, nella norma, in primo luogo nella definizione della durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale.

Inoltre, all’art. 19, si prevede un accordo scritto relativo alla modalità di lavoro agile, nel quale vengano individuati i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e organizzative atte a garantire la disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.

Lo smart working interessa in primo luogo soprattutto le aziende, pur se la norma esaminata prevede l’applicazione anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2 del D.Lgs. 165/2001.

Per quanto concerne il MIUR, il Decreto dipartimentale n. 12 del 6/03/2018 ha dato avvio alla sperimentazione dello smart working negli ambienti ministeriali.

Il bando emanato il 29 marzo 2018 ha riguardato 26 unità di personale dipendente dalla Direzione generale per le risorse umane e finanziarie e dalla Direzione generale per i contratti, gli acquisti e per i sistemi informativi e la statistica.

Presso le Direzioni Scolastiche Regionali sono state successivamente istituite apposite Commissioni, che hanno valutato e selezionato le istanze e i progetti di lavoro agile formulate dai dipendenti in relazione al D.D.G. n. 1333 e della nota MIUR prot. n. 15629, entrambe del 30/07/2018, concernenti le modalità di attuazione all’interno del MIUR del lavoro agile.

Quest’ultimo è stato anche realizzato presso alcune sedi universitarie, come ad esempio l’Ateneo di Pavia – il cui rettore, nel Decreto riguardante il Piano delle azioni positive per il biennio 2017-2019, ha previsto, all’Azione 2, l’analisi di fattibilità delle nuove forme di flessibilità lavorativa introdotte, tra l’altro, dalla Legge 124/2015 e finalizzate alla promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro che le amministrazioni pubbliche sono chiamate ad adottare.

Lo smart working nel nuovo CCNL

Nelle Istituzioni Scolastiche, l’art. 22, comma 4, punto c6, del nuovo CCNL assegna alla contrattazione integrativa d’Istituto la facoltà di specificare i criteri per avvalersi delle nuove modalità di svolgimento della prestazione lavorativa con la flessibilità riconosciuta al personale ATA.

La flessibilità potrà riguardare sia la distribuzione della prestazione nel corso della settimana, sia l’orario giornaliero.

Nell’individuazione dei criteri vanno considerate le esigenze organizzative e funzionali degli uffici, anche tenendo conto di quanto è emerso nell’assemblea programmatica di inizio anno con il personale.

Alcuni Dirigenti, in accordo con i DSGA, hanno già previsto l’applicazione dello smart working nel Piano delle attività del personale ATA, selezionando le attività realizzabili in tale modalità, predisponendo una precisa organizzazione, individuando la quota massima di lavoratori che potranno accedere a tale forma di lavoro anche in base alla valutazione dell’adeguatezza della strumentazione informatica.

Se ci riferiamo, infine, all’istruzione e alla formazione, la modalità di lavoro sin qui descritta viene definita Smart school e comporta l’introduzione di un nuovo metodo di insegnamento-apprendimento, condotto con strumenti interattivi e basata su relazioni collaborative, finalizzate alla partecipazione da parte di tutti con un conseguente contrasto della dispersione.

Il lavoro agile, quindi, ha fatto la sua comparsa anche nelle aule scolastiche (o meglio, al di fuori delle stesse ma all’interno delle attività didattiche), ad esempio in progetti di alternanza scuola-lavoro come quello denominato “Giornalisti in alternanza”, consistente in un’esperienza lavorativa in modalità smart working alla quale ogni studente può partecipare senza essere vincolato al gruppo classe.

Il diritto alla disconnessione

Tornando al D.Lgs. 179/2016, meglio conosciuto come nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale, si richiama nuovamente l’attenzione sulle possibili conseguenze nell’applicazione generalizzata del diritto – da tale norma sancito – all’uso delle nuove tecnologie.

Infatti, c’è il rischio, per dirla con le parole di M. Weiss nel suo “Digitalizzazione: sfide e prospettive per il diritto del lavoro” (in Diritto delle relazioni industriali, 2016, pp. 651-653) che venga meno il confine tra tempo di lavoro e tempo privato «con conseguenze significative sulla vita familiare, la salute e la sicurezza dei lavoratori e dei membri della famiglia, nonché sul benessere della società in generale».

È per tutelare il lavoratore, quindi, che il diritto alla disconnessione esclude – almeno al di fuori di alcune fasce orarie – comunicazioni come circolari, ordini di servizio, comunicazioni di modifica di orari, ecc. per via telematica o tramite applicazioni su smartphone (Whatsapp, sms, mms, Telegram ecc.).

Ne deriva che non può essere attribuita al lavoratore alcuna responsabilità circa la mancata osservanza di disposizioni impartite fuori orario anche se effettuate con tecnologie innovative.

Tale condizione, ovviamente, non va riferita unicamente al lavoro agile ma deve essere applicata anche alle forme di lavoro tradizionali.

C’è l’obbligo di reperibilità?

La nostra analisi, a questo punto, procederà evidenziando alcuni punti critici di tale disposizione e rapportandone gli effetti nell’ambito scolastico.

Un dubbio implicito nel diritto che stiamo esaminando potrebbe riguardare, in primo luogo, il dovere o meno, da parte del lavoratore, di rimanere connesso nelle giornate e nelle fasce orarie riportate nella contrattazione.

L’art. 22 dell’ultimo CCNL (comma 4, lettera c, punto 8: Criteri generali per l’utilizzo di strumentazioni tecnologiche di lavoro in orario diverso da quello di servizio, al fine di una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare), nel prevedere la contrattazione a livello d’Istituto riguardante il diritto alla disconnessione, sembrerebbe infatti affermare implicitamente l’obbligo di connessione in alcune fasce orarie.

Tale obbligo risponderebbe alla necessità di ampliamento e flessibilità dell’orario di servizio del personale scolastico, conseguente all’attuale situazione critica di molti istituti a causa dell’insufficienza di personale (vedi reggenze per carenza di Dirigenti scolastici, posti vacanti di DSGA, tagli degli organici di personale docente e ATA).

In realtà, la reperibilità sussiste solo per determinate categorie di lavoratori, mentre per il personale della scuola (Docente e ATA) il contratto di lavoro non prevede tale obbligo.

Dalla giurisprudenza (combinato disposto degli artt. 2086, 2094 e 2104 del Codice Civile e ordinanza n. 7410/2018 della Corte di Cassazione, VI Sezione Civile) si evince l’illegittimità dell’assegnazione di compiti aggiuntivi ed estranei alla prestazione ordinaria (di cui la reperibilità è un elemento) con obbligo di esecuzione da parte del lavoratore.

La reperibilità può essere, tuttavia, scelta dal lavoratore che intende offrirsi per svolgere, in caso di necessità, prestazioni al di fuori dal proprio orario di lavoro. In tal caso, deve esistere l’indennità (distinta tra chiamata per comunicazioni ed effettuazione di ore aggiuntive) che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere in cambio di tale servizio. La regolamentazione di tale reperibilità andrà descritta nel contratto integrativo d’Istituto.

Anche per quanto riguarda le normali comunicazioni con docenti e ATA, sembra chiaro che spetta alla contrattazione definire tempi e modi con cui il Dirigente scolastico potrà rivolgersi al personale per fornire informazioni relative agli impegni lavorativi.

Nel definire contrattualmente le modalità di applicazione, oltre a giornate e orari entro i quali contattare il personale (escludendo sempre i giorni festivi e le ore notturne), debbono essere individuati gli strumenti utilizzabili, nonché indicate le figure autorizzate a ricorrervi per inviare comunicazioni al personale (per i docenti e per il personale ATA).

Il lavoratore, inoltre, dovrà espressamente autorizzare l’amministrazione a tali forme di comunicazione.

Rimane, comunque, il seguente problema: fino a poco tempo fa non veniva identificata una fascia oraria in cui potevano essere inviate comunicazioni; ora, in presenza di un accordo contrattuale che prevede il controllo della posta con una cadenza oraria definita, può sembrare che la mancata ottemperanza abbia rilevanza sul piano disciplinare.

La migliore organizzazione è quella che prevede la pubblicazione delle comunicazioni stesse con congruo anticipo sul sito dell’Istituzione scolastica, per dar modo a tutti di visionarle e di organizzare adeguatamente i propri impegni personali in relazione a quelli lavorativi.

Malfunzionamenti della rete

Tornando al connotazione di diritto – per il lavoratore – rispetto alla disconnessione, va ancora inserito il diritto del personale scolastico a non doversi fare carico di eventuali malfunzionamenti della rete andando oltre il normale servizio.

Ci si riferisce soprattutto all’utilizzo del registro elettronico al di fuori dell’orario di presenza a scuola, con particolare riguardo a quelle scuole non dotate di wi-fi che hanno inteso ugualmente adottare tale dispositivo presupponendo l’impegno, per i docenti, a compilarlo a casa.

Si ribadisce che, al di fuori dall’orario di lavoro, l’uso delle tecnologie non può essere un obbligo.

Una lettura attenta della disposizione di cui all’art. 22 del CCNL evidenzia inoltre il fatto che le strumentazioni impiegate per la connessione dovrebbero essere “di lavoro” mentre in molti casi sono quelle personali, di cui il lavoratore stesso sostiene personalmente le spese.

Tornando ai registri elettronici si sottolinea infine che i dati contenuti nei registri rappresentano (come ho già avuto modo di chiarire in precedenti articoli comparsi su Sinergie di Scuola) atti emanati da un pubblico ufficiale, il quale (per legge con rilevanza penale) è tenuto a documentare tempestivamente i fatti avvenuti in sua presenza.

È illegittima, quindi, la compilazione effettuata in luogo e in tempo diverso.

Alcune osservazioni finali

Ricordiamo che, comunque, può essere interesse del lavoratore entrare in possesso di informazioni relative al proprio lavoro, in quanto l’effettivo svolgimento dello stesso, in certe circostanze, verrebbe penalizzato dal rimando ad un momento successivo della conoscenza delle richieste, che risulterebbero, in tal modo, accumulate in prossimità dell’esecuzione.

Giova tuttavia ribadire che il diritto alla disconnessione descrive una situazione giuridica dotata di un aspetto attivo e di uno passivo: da un lato essa si configura come “diritto” del lavoratore, dall’altro come un “dovere” dello stesso anche nei confronti di se stesso.

Dovere che non può realizzarsi senza la necessaria collaborazione dell’interessato, che sarà tenuto a sua volta a non fare uso della strumentazione tecnologica e dei mezzi di comunicazione per fini connessi alla prestazione lavorativa durante l’orario di “disconnessione”.

In alcuni casi, al fine di evitare che il dipendente non ottemperi a tale dovere, potrebbe essere addirittura necessaria un’azione, da parte del datore di lavoro, consistente, più che in accorgimenti tecnici – come la disattivazione dei server in orario extra lavorativo – in un’opera di sensibilizzazione del dipendente circa le conseguenze pregiudizievoli della connessione ad oltranza.

Il Dirigente scolastico dovrebbe ricomprendere l’azione di formazione ed educazione del personale ad un uso adeguato delle strumentazioni tecnologiche nei propri compiti, come datore di lavoro, di tutela della salute dei lavoratori.

Il diritto alla disconnessione si applica anche nei confronti dell’utenza, nel senso che genitori e studenti non possono imporre ai docenti una continua richiesta di comunicazioni tramite sms, Whatsapp, email ecc.

Qui andrebbe aperta una seria riflessione sulla deontologia professionale dei docenti stessi, in quanto ho personalmente sperimentato situazioni in cui gli insegnanti hanno incoraggiato le famiglie ad intraprendere un continuo scambio di messaggi che, alla fine, ha condotto in qualche caso anche a serie disfunzioni nel rapporto scuola-famiglia.

I docenti dovrebbero essere i primi a tutelare se stessi di fronte a richieste non consone al proprio ruolo e alla propria figura professionale.

Va sottolineato che il diritto alla disconnessione deve applicarsi anche in senso bidirezionale (verso la dirigenza e viceversa), oltre che tra colleghi. L’altra faccia della medaglia è quindi il dovere, da parte del dipendente, di astenersi dalle stesse pratiche comunicative al di fuori dell’orario di lavoro, anche rispetto alle comunicazioni con gli Uffici per l’espletamento di pratiche personali.

Concludendo, si ricorda che il principio dell’intoccabilità del riposo è un diritto già formalizzato nella Costituzione, i cui riflessi devono essere percepiti sulla qualità del lavoro oltre che sui processi di informatizzazione inerenti ai servizi amministrativi e a supporto dell’attività scolastica.

E infine, oltre a prendere atto del diritto alla disconnessione, dovremmo anche considerare il dovere di disconnetterci da tutti i social network nel momento in cui, da lavoratori, dovremmo prestare attenzione solo al nostro lavoro.

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