Sinergie di Scuola

Sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 144 Suppl. Ordinario n. 34 del 24/06/2015 è stato pubblicato il D.Lgs. 15/06/2015, n. 80 recante “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”.

Il provvedimento, la cui entrata in vigore è stata fissata per il 25 giugno 2015, interviene prevalentemente sul testo unico a tutela della maternità (il D.Lgs. 26/03/2001, n. 151), e reca misure volte a sostenere le cure parentali e a tutelare in particolare le madri lavoratrici.

C’è da precisare che tali modifiche non sono (per il momento) a tempo indeterminato, perché si applicheranno in via sperimentale esclusivamente per il solo anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute nell’anno 2015. Infatti, solo per il 2015 c’è la copertura finanziaria di 104 milioni di euro.

Per gli anni successivi al 2015 il riconoscimento dei benefici è legato all’entrata in vigore di decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla Legge 10/12/2014, n. 183, che individuino adeguata copertura finanziaria.

Nel caso in cui non dovessero entrare in vigore tali provvedimenti, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e con riferimento alle giornate di astensione riconosciute dall’anno 2016 in poi, tutto torna come prima e le disposizioni modificate dagli articoli 2, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15 e 16 si applicheranno nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del decreto.

L’INPS, prima con messaggio n. 4805 del 16/07/2015 e poi con la circolare n. 139 del 17/07/2015, ha illustrato le novità introdotte dalla Riforma.

Vediamo in sintesi le principali innovazioni, ricordando che nella nuova monografia di Sinergie di ScuolaMaternità e paternità a scuola” è illustrata la disciplina completa dei diritti e doveri di madre lavoratrice e padre lavoratore, con esempi pratici e la modulistica utile per il personale e la segreteria.

Divieto di adibire al lavoro le donne

L’art. 2 apporta modifiche all’art. 16 del T.U., sostituendo la lettera d del comma 1. L’art. 16 così novellato diventa:

1. È vietato adibire al lavoro le donne:
a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all’art. 20;
b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;
c) durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all’art. 20;
d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi.
1-bis. Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall’inizio della gestazione, nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l’attività lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute.


Rinvio e sospensione del congedo di maternità

Sempre lo stesso art. 2 introduce dopo l’art. 16 del T.U. il seguente art. 16-bis:

Art. 16-bis (Rinvio e sospensione del congedo di maternità)
1. In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità per il periodo di cui all’articolo 16, comma 1, lettere c) e d), e di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino.
2. Il diritto di cui al comma 1 può essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed è subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa.

Prolungamento del diritto alla corresponsione del trattamento economico

L’art. 3 apporta modifiche all’art. 24 del T.U, sostituendo così il comma 1:

1. L’indennità di maternità è corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dall’articolo 54, comma 3, lettere a), b) e c), che si verifichino durante i periodi di congedo di maternità previsti dagli articoli 16 e 17.

L’art. 54, comma 3, si riferisce ai casi in cui non vige il divieto di licenziamento, che sono:

  1. colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;
  2. cessazione dell’attività dell’azienda cui essa è addetta;
  3. ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine;
  4. esito negativo della prova.

Congedo di maternità nei casi di adozione e affidamento

L’art. 4 modifica l’art. 26 del T.U., introducendo il comma 6-bis:

6-bis. La disposizione di cui all’articolo 16-bis trova applicazione anche al congedo di maternità disciplinato dal presente articolo.

Questo significa che anche per adozioni e affidamenti si applica il rinvio e la sospensione del congedo di maternità in caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata.


Congedo di paternità

L’art. 5 apporta modifiche all’art. 28 del T.U. inserendo i seguenti commi:

1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1, si applicano anche qualora la madre sia lavoratrice autonoma avente diritto all’indennità di cui all’articolo 66.
1-ter. L’indennità di cui all’articolo 66 spetta al padre lavoratore autonomo, previa domanda all’INPS, per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.

Quindi, il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre e anche se la madre è lavoratrice autonoma avente diritto all’indennità di cui all’art- 66.

Il medesimo art. 5 sostituisce anche il comma 2:

2. Il padre lavoratore che intende avvalersi del diritto di cui ai commi 1 e 1-bis presenta al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende dichiarazione ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
L’INPS provvede d’ufficio agli accertamenti amministrativi necessari all’erogazione dell’indennità di cui al comma 1-ter, con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.

I casi di adozione e affidamento

L’art. 6 modifica l’art. 31 del T.U. sostituendo il comma 2:

2. Il congedo di cui all’articolo 26, comma 4, spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore anche qualora la madre non sia lavoratrice. L’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all’estero del lavoratore.

Il congedo è quello non retribuito, senza diritto ad indennità, spettante alla lavoratrice che, per il periodo di permanenza all’estero, non richieda o richieda solo in parte il congedo di maternità.

Ricordiamo, infatti, che in caso di adozione internazionale, il congedo di maternità può essere fruito prima dell’ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all’estero richiesto per l’incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva. Ferma restando la durata complessiva del congedo, questo può essere fruito entro i cinque mesi successivi all’ingresso del minore in Italia.


Estensione del congedo parentale

Gli artt. 7, 9 e 10 intervengono con importanti modifiche agli artt. 32, 34 e 36 del T.U., prevedendo un’estensione massima dell’arco temporale di fruibilità del congedo parentale (ex astensione facoltativa) dagli attuali 8 anni di vita del bambino a 12. Quello parzialmente retribuito (30%) viene portato dai 3 anni di età a 6 anni; per le famiglie meno abbienti tale beneficio può arrivare sino ad 8 anni (a condizione che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria).

Analoga previsione viene introdotta per i casi di adozione o di affidamento, per i quali il congedo parentale può essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l’età del minore, entro 12 anni (non più 8) dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età. L’indennità è dovuta, per il periodo massimo complessivo previsto, entro i sei anni dall’ingresso del minore in famiglia.

Congedo parentale anche ad ore

Inoltre, il nuovo art. 7 prevede che, in caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, ciascun genitore può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria.

La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale.

È esclusa la cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi.

Riduzione del termine di preavviso per il congedo parentale

Sempre l’art. 7 sostituisce il comma 3 dell’art. 32 prevedendo che, salvo casi di oggettiva impossibilità, per fruire del congedo parentale, il genitore è tenuto a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a 5 giorni (prima era 15) indicando l’inizio e la fine del periodo di congedo. Il termine di preavviso è pari a 2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria.

Prolungamento del congedo parentale

L’art. 8 apporta modifiche all’art. 33, comma 1, del T.U., prevedendo che per ogni minore con handicap in situazione di gravità accertata, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino (non più entro l’ottavo) al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di congedo parentale ordinario, non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore.


Lavoro notturno

L’art. 10 apporta modifiche all’art. 53, comma 2, del T.U., introducendo la lettera b-bis:

2. Non sono obbligati a prestare lavoro notturno:
a) la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa;
b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni;
b-bis) la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di età o, in alternativa ed alle stesse condizioni, il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa.

Dimissioni

L’art. 12 così modifica l’art. 55 del T.U:

1. In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma dell’art. 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. La lavoratrice e il lavoratore che si dimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica al padre lavoratore che ha fruito del congedo di paternità.
3. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche nel caso di adozione e di affidamento, entro un anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare.
4. La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all’art. 54, comma 9, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida è sospensivamente condizionata l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.
5. (Abrogato).

Contribuzione figurativa e riscatto

In forza del combinato disposto degli art. 35, 34 e 32 del D.Lgs. 151/2001, e dei limiti temporali ai quali è sottoposta la riforma, la fruizione del congedo parentale tra il 25 giugno 2015 e il 31 dicembre 2015 è coperta da contribuzione figurativa fino al 12° anno di vita del bambino ovvero fino al 12° anno di ingresso del minore in caso di adozione o affidamento.

Per la valorizzazione del periodo di congedo parentale fruito dal settimo anno di vita in poi si applica il comma 2 dell’art. 35 del D.Lgs. 151/2001 (retribuzione convenzionale, integrabilità con riscatto o versamenti volontari).

Nei limiti temporali ai quali è sottoposta la riforma, l’allungamento della fruibilità del congedo parentale si applica anche al beneficio di cui al comma 5 dell’art. 35 del D.Lgs. 151/2001 (riscatto dei periodi corrispondenti al congedo parentale fuori dal rapporto di lavoro).


Congedo per le donne vittime di violenza di genere

Infine, segnaliamo l’art. 24, il quale introduce un istituto innovativo, che non riguarda espressamente le madri, ma le donne in genere: il congedo per le donne vittime di violenza di genere e inserite in percorsi di protezione debitamente certificati.

Si prevede la possibilità per le lavoratrici dipendenti di datore di lavoro pubblico o privato, con esclusione del lavoro domestico, nonché per le lavoratrici titolari di rapporti di collaborazione coordinata o continuativa di astenersi dal lavoro, per un massimo di tre mesi, per motivi legati a tali percorsi, garantendo loro la retribuzione e gli altri istituti connessi.

Per l’esercizio del diritto, salvo casi di oggettiva impossibilità, la lavoratrice è tenuta a preavvisare il datore di lavoro o il committente con un termine di preavviso non inferiore a sette giorni, con l’indicazione dell’inizio e della fine del periodo di congedo e a produrre la certificazione necessaria.

Durante il periodo di congedo, la lavoratrice ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa. L’indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità. Tale periodo è computato ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, nonché ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto.

Il congedo può essere usufruito su base oraria o giornaliera nell’arco temporale di tre anni secondo quanto previsto da successivi accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, delle modalità di fruizione del congedo, la dipendente può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo.

La lavoratrice ha anche diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale, ove disponibili in organico. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.

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