Sinergie di Scuola

Nella nostra società sono sempre più diffuse le situazioni di coppie conviventi, ovvero non sposate con rito civile o religioso.

Secondo l’attuale legge, il convivente della persona disabile non ha diritto a fruire del congedo per l’assistenza ai disabili in situazione di gravità, in quanto non rientra tra i soggetti legittimati alla fruizione.

In questo caso, possono subentrare i genitori del disabile non conviventi?

La risposta è contenuta nell’interpello n. 23 del 15/09/2014, con cui il Ministero del lavoro risponde all’Anci, Associazione Nazionale Comuni Italiani, circa la possibilità di concedere la fruizione del congedo di cui all’art. 42, D.Lgs. 151/2001 al genitore del disabile, pur in presenza di convivente (dunque non coniuge) di quest’ultimo.

Questo il ragionamento del Ministero.

Innanzitutto, l’art. 42, comma 5, D.Lgs. 151/2001, riconosce al coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità il diritto a fruire di un periodo di congedo continuativo o frazionato, non superiore a due anni, con conservazione del posto di lavoro (art. 4, comma 2, legge n. 53/2000).

In caso di mancanza, decesso o patologie del coniuge convivente, la normativa individua in subordine ulteriori categorie di soggetti, stabilendo il seguente ordine di priorità sulla base del vincolo di parentela con il disabile:

  1. il padre o la madre anche adottivi;
  2. uno dei figli conviventi;
  3. uno dei fratelli o sorelle conviventi.

Con circolare n. 41/2009 l’Inps ha precisato che i genitori naturali o adottivi e affidatari del disabile hanno titolo a fruire del congedo solo nella misura in cui si verifichi una delle condizioni sotto riportate:

  • il figlio – portatore di handicap – non sia coniugato o non conviva con il coniuge;
  • il coniuge del figlio non presti attività lavorativa o sia lavoratore autonomo;
  • il coniuge del figlio abbia espressamente rinunciato a godere per lo stesso soggetto e nei medesimi periodi del congedo in esame.

Oltre a questo, la Corte Costituzionale con sentenza n. 203/2013 – anche al fine di garantire una particolare tutela in favore dei familiari di soggetti portatori di handicap in condizione di gravità – ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, il parente o l’affine entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla disposizione (cfr. circ. INPS n. 159/2013).

Da quanto sopra si evince quindi che l’individuazione dei soggetti aventi diritto al periodo di congedo non sia comunque suscettibile di interpretazione analogica, ma risulti tassativa anche in ragione del fatto che durante la fruizione dello stesso il richiedente ha diritto a percepire una specifica indennità.

In risposta al quesito avanzato, il Ministero ritiene pertanto che, nell’ipotesi in cui il disabile non risulti coniugato o non conviva con il coniuge, ovvero quest’ultimo abbia effettuato espressa rinuncia nei termini sopra indicati, l’art. 42, comma 5, D.Lgs. 151/2001 consenta al genitore non convivente di beneficiare del periodo di congedo, anche laddove possa essere garantita idonea assistenza da parte di un convivente more uxorio, non essendo tale soggetto legittimato a fruire del diritto.

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