Sinergie di Scuola

L’esame della sentenza 638/2021 del Consiglio di Stato ci permette di ricordare quali siano per il Consiglio di classe i comportamenti da tenere e gli adempimenti da svolgere, durante tutto l’anno scolastico, in caso di mancata ammissione dell’alunno alla classe successiva, per non incorrere in errori e omissioni, denunciabili innanzi al giudice amministrativo, che porterebbero all’annullamento della bocciatura.

Il caso posto all’attenzione dei giudici di secondo grado si riferisce ad uno studente frequentante il secondo anno della scuola secondaria di primo grado e, pertanto, deve intendersi che i principi esposti dal Consiglio di Stato valgano soprattutto per questo ordine di scuole.

Il caso

I genitori di un allievo della classe II di una scuola secondaria di primo grado hanno impugnato il provvedimento del Consiglio di classe, reso in sede di scrutinio finale, attraverso cui l’Istituto scolastico non aveva ammesso il minore alla classe successiva.

I ricorrenti hanno denunciato che la scuola non avrebbe, da un lato, «adempiuto all’onere di informazione nei confronti dei genitori del minore in ordine alle carenze formative riscontrate», dall’altro che «il minore non risulta essere stato invitato a partecipare alle attività di recupero organizzate presso l’istituto». Inoltre, il Consiglio di classe non avrebbe «operato la dovuta valutazione complessiva del grado di preparazione conseguito dallo studente né sulla capacità di recupero», essendosi limitato ad «una mera presa d’atto dei voti, senza alcuna valutazione sulla capacità di recupero con percorso individuale». Infine, il Piano dell’Offerta Formativa «non è stato adottato dal Consiglio di classe, ma solo a chiusura dell’anno scolastico, ovvero dopo lo scrutinio finale»; pertanto, ha evidenziato la famiglia, anche in presenza di gravi carenze in una o più discipline, il ragazzo avrebbe dovuto essere ammesso alla classe successiva.

La decisione del TAR

Il TAR del Molise in primo grado aveva rigettato il ricorso, rilevando che le censure aventi ad oggetto la comunicazione scuola-famiglia nel corso dell’anno scolastico e la compiuta attivazione dei corsi di recupero da parte della scuola non risultavano in grado di incidere sulla legittimità del giudizio finale di ammissione dello studente alla classe successiva, da formulare sulla base della preparazione e della maturità raggiunte dallo stesso all’esito dell’anno scolastico.

Secondo i giudici, a prescindere dalle cause delle carenze formative, alle stesse non poteva essere posto rimedio consentendo comunque la frequenza del successivo anno scolastico, dal momento che in tal modo si sarebbe vanificata la finalità prima dell’Istituzione scolastica, propriamente formativa, e si sarebbe aggravata la posizione dello stesso minore, il cui interesse non si poteva risolvere nella mera progressione nel percorso scolastico, dovendo coincidere con la crescita e l’apprendimento, risultati non raggiungibili in caso di ammissione alla classa successiva in mancanza del necessario livello di maturità e preparazione.

In parole più semplici, la ammissione alla classe terza non solo non avrebbe colmato, di per sé, le gravi lacune manifestate dallo studente in alcune materie, ma sarebbe stato controproducente, essendo l’impegno richiesto nel successivo anno scolastico ancora più gravoso, visto l’insufficiente grado di maturazione del discente e la sua scarsa propensione allo studio.

In ogni caso, l’Istituto scolastico aveva fornito prova, secondo il TAR, di aver costantemente curato il dialogo con i genitori nel corso di numerosi incontri con i docenti, e di aver organizzato corsi di recupero mirati al fine di promuovere il superamento delle carenze formative di ciascun alunno.

I giudici amministrativi hanno aggiunto che non avrebbe potuto argomentarsi diversamente neanche invocando l’ordinanza 5169/2018 del Consiglio di Stato, tenuto conto che con tale pronuncia era stato affermato che, a prescindere dalle insufficienze riscontrate, non poteva essere disposta la non ammissione all’anno successivo nel caso in cui il periodo di valutazione fosse contenuto ad un solo anno scolastico, e quindi si trattasse di un alunno iscritto al primo anno. Nel caso di specie, invece, il percorso scolastico dell’alunno aveva raggiunto un livello di sviluppo tale da poter essere compiutamente apprezzato, proprio nell’arco di ben due anni scolastici.

Il TAR rileva infine che:

  • il Piano didattico educativo, con la puntuale indicazione delle finalità e degli obiettivi educativi del POF, era stato approvato all’unanimità dal Consiglio di classe a inizio anno, ed era stato successivamente attuato, anche mediante progetti e iniziative di recupero, a partire dalla fine del primo quadrimestre, in conformità ai bisogni formativi degli studenti;
  • la decisione di non ammissione, deliberata all’unanimità dal Collegio dei docenti in sede di scrutinio finale, risultava adeguatamente motivata, con riferimento alle cinque insufficienze riportate dallo studente, ed era stata puntualmente esplicitata con apposito giudizio analitico, che ne illustrava in modo diffuso e dettagliato i presupposti e le ragioni di fondo.

La sentenza del Consiglio di Stato

Tutto ciò premesso, il Consiglio di Stato ha disatteso le motivazioni contenute nella sentenza del TAR, sviluppando il seguente ragionamento.

Ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. 62/2017:

1. Le alunne e gli alunni della scuola secondaria di primo grado sono ammessi alla classe successiva e all’esame conclusivo del primo ciclo, salvo quanto previsto dall’art. 4, comma 6 del D.P.R. 249 del 24/06/1998 e dal comma 2 del presente articolo.
2. Nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, il consiglio di classe può deliberare, con adeguata motivazione, la non ammissione alla classe successiva o all’esame conclusivo del primo ciclo.
3. Nel caso in cui le valutazioni periodiche o finali delle alunne e degli alunni indichino carenze nell’acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, l’Istituzione scolastica, nell’ambito dell’autonomia didattica e organizzativa, attiva specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento.

Dalla lettura dei commi riportati emerge che l’ammissione degli studenti della scuola secondaria di primo grado alla classe successiva, o all’esame conclusivo del primo ciclo, costituisce la regola generale, derogabile soltanto ove risultino condotte rilevanti sul piano disciplinare ai sensi dell’art. 4, comma 6 del D.P.R. 249/1998, oppure si riscontri una parziale o mancata acquisizione da parte dell’alunno dei livelli di apprendimento in una o più discipline.

In tale ultima ipotesi, affinché il Consiglio di classe, nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica, possa legittimamente rifiutare l’ammissione dell’alunno alla classe successiva, occorre una decisione espressamente corredata da adeguata motivazione, dovendo indicarsi le ragioni per le quali nel caso concreto, avuto riguardo alla posizione del singolo studente, non possa operare la regola generale, di prosecuzione del percorso di studi con l’ammissione alla classe successiva o all’esame conclusivo.

Il Consiglio di classe, per corroborare la sua decisione in merito al respingimento dell’alunno, dovrà dimostrare innanzitutto che sono state attivate, come prescritto proprio dal comma 3 del predetto art. 6, specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento, una volta rilevate, all’esito delle valutazioni periodiche o finali degli alunni, carenze nell’acquisizione dei livelli di conoscenze in una o più discipline.

La disposizione fa riferimento non soltanto alle valutazioni periodiche in corso di anno scolastico, ma anche alle valutazioni finali, «cioè a quelle al termine del secondo quadrimestre»; il che evidenzia la necessità che l’Istituto scolastico attivi i percorsi di recupero, una volta accertata una carenza nell’acquisizione dei livelli di apprendimento riferita al singolo studente, non soltanto nel corso dell’anno scolastico, all’esito della valutazione periodica negativa riportata dall’alunno, ma anche successivamente, tenendo conto della valutazione finale negativa espressa dal Consiglio di classe.

I giudici amministrativi, quindi, hanno evidenziato che «La valutazione finale, dunque, anche ove negativa, non giustifica, di per sé, la mancata ammissione alla classe successiva, imponendo, in ogni caso, di verificare se le carenze rilevate al termine dell’anno scolastico possano, comunque, essere recuperate dall’alunno successivamente, mediante strategie di intervento a tale scopo da attivare. Soltanto qualora tale verifica si concluda negativamente, allora, potrà disporsi la non ammissione dello studente alla classe successiva».

Le motivazioni per la mancata ammissione

Alla stregua delle osservazioni svolte, la mancata ammissione alla classe successiva necessita di un’adeguata motivazione che dia conto:

  • delle specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento, attivate dall’Istituto scolastico una volta rilevate, in corso d’anno, le carenze dell’alunno nell’acquisizione dei livelli di conoscenze in una o più discipline;
  • dell’esito negativo del percorso di recupero organizzato tempestivamente dall’Istituto scolastico, specificatamente rivolto al superamento delle carenze rilevate e, dunque, al miglioramento dei livelli di apprendimento;
  • dell’impossibilità di recuperare le carenze rilevate mediante strategie di intervento organizzabili dall’istituto procedente, anche successivamente alla valutazione negativa espressa dai docenti.

Attivazione di corsi di recupero

Nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha rilevato come l’Istituto scolastico, da un lato, non avesse organizzato adeguati percorsi di recupero specificatamente volti a consentire allo studente di migliorare i propri livelli di apprendimento; dall’altro, non avesse congruamente motivato le ragioni per le quali l’alunno non potesse recuperare le carenze rilevate mediante strategie di intervento programmabili successivamente, anche durante la frequentazione della classe successiva.

Mancava, infine, un giudizio predittivo sulle possibilità di recupero in un più ampio periodo scolastico (cioè nel corso di un eventuale terzo anno di frequenza), non essendo state indicate le ragioni per le quali le carenze rilevate in sede di scrutinio finale non potessero essere recuperate, nell’ambito di specifiche strategie di intervento suscettibili di essere attuate successivamente, durante la frequenza, come detto, della classe successiva, cui potere, dunque, ammettere il relativo alunno.

Il che sarebbe stato necessario anche in considerazione del complessivo progresso comunque compiuto nel corso dell’anno scolastico dallo studente, il quale, sebbene avesse riportato in sede di scrutinio finale e limitatamente ad una materia un’insufficienza più grave rispetto a quella registrata nello scrutinio intermedio (4 in Tecnologia assegnato nella valutazione finale, a fronte del voto 5 attribuito in sede di scrutinio intermedio), aveva recuperato comunque l’insufficienza in Scienze motorie e sportive, incrementando la votazione (con l’attribuzione di 7) in Scienze; il che aveva dimostrato la sussistenza di margini di miglioramento non adeguatamente valutati dal Consiglio di classe nel giudizio finale di non ammissione alla classe successiva.

In altre parole, l’alunno ha dato segni di miglioramento del profitto durante la parte finale dell’anno scolastico, facendo ben sperare in un eventuale recupero delle carenze accumulate, ma di questa “inversione di rotta” i docenti non hanno tenuto conto e non hanno speso alcuna parola circa le eventuali strategie di recupero da porre in essere per il recupero delle lacune evidenziate in alcune materie, strategie che ben potevano portare, nel corso dell’anno successivo – visti i miglioramenti dimostrati dallo studente – ad un pieno recupero didattico.

In sintesi

Riassumendo, affinché il Consiglio di classe, nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica, possa legittimamente rifiutare l’ammissione dell’alunno alla classe successiva, occorre che la decisione sia corredata da “adeguata motivazione”, dovendo indicarsi le ragioni per le quali nel caso concreto, avuto riguardo alla posizione del singolo studente, non possa operare la regola generale, di prosecuzione del percorso di studi con l’ammissione alla classe successiva o all’esame conclusivo.

Tale decisione deve tenere conto:

  1. delle specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento attivate dall’Istituto scolastico una volta rilevate, in corso d’anno, le carenze dell’alunno nell’acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline;
  2. dell’esito negativo del percorso di recupero organizzato tempestivamente dall’Istituto scolastico, specificatamente rivolto al superamento delle carenze rilevate e, dunque, al miglioramento dei livelli di apprendimento (nel caso di alunni frequentanti la scuola secondaria superiore di secondo grado, però, la giurisprudenza prevalente sembra essere di segno contrario, legittimando la bocciatura anche in assenza dell’attivazione di appositi corsi di recupero). Ciò presuppone, ovviamente, che la scuola si sia fatta carico di istituire tali corsi e che essi abbiano riguardato proprio le materie in cui l’allievo dimostrava gravi lacune;
  3. dell’impossibilità di recuperare le carenze rilevate mediante strategie di intervento organizzabili dall’istituto procedente, anche durante l’anno successivo. Tale impossibilità deve essere motivata adeguatamente dal Consiglio di classe, indicando perché tali strategie sarebbero irrilevanti al fine di “compensare” le insufficienze nelle varie materie;
  4. del fatto che non siano stati mostrati dallo studente evidenti progressi nel corso dell’anno, ma anzi sia emerso un generale disinteresse per il recupero delle lacune emerse;
  5. che, in base agli artt. 1 e 6 del D.Lgs. 62 del 13/04/2017, e alla circolare M.I. 1865 del 10/10/2017, il giudizio di non ammissione alla classe successiva faccia riferimento a periodi più ampi rispetto al singolo anno scolastico, e ciò «anche nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline”. Pertanto, si deve ammettere l’alunno alla classe successiva anche se in sede di scrutinio finale viene attribuita una valutazione con voto inferiore a 6/10 in una o più discipline da riportare sul documento di valutazione» (così la circolare cit. a pag. 3, ultimo capoverso).
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