Sinergie di Scuola

Da anni la tecnologia ha fatto il suo ingresso nelle aule scolastiche in tutti i paesi avanzati, e oggi sono molte le classi attrezzate con computer e lavagne interattive, anche nel nostro Paese. Ma una quantità sempre maggiore di ricerche e studi scientifici indica che la nuova scuola immaginata dai pionieri dell’uso delle tecnologie nella formazione, fondata su una visione ottimistica di una istruzione centrata sullo studente, pratica, personalizzata, rappresenta un’eccezione anziché la norma.

L’idea alla base dell’adozione tecnologica puntava a un nuovo modello formativo, che partisse da un rinnovamento dei metodi di insegnamento. Tuttavia gli studi scientifici degli ultimi anni (realizzati principalmente in America) mostrano che gli insegnanti usano le tecnologie in classe essenzialmente per semplificare il proprio lavoro (specie nell’assegnare gli esercizi in classe e i compiti a casa) piuttosto che per mettere gli studenti in condizione di gestire autonomamente il proprio apprendimento. In tutte le scuole lo schema è ricorrente: pochi insegnanti “entusiasti”, che adottano le nuove tecnologie e si sforzano di cambiare il modo di proporre il programma di studio, e la stragrande maggioranza degli altri che hanno un approccio nullo o al più incrementale, ma quasi sempre “titubante”.

Le ragioni di questa difficoltà ad abbracciare le potenzialità offerte dalle tecnologie sono note: diffidenza e scarse competenze informatiche, formazione insufficiente, mancanza di incentivi a sperimentarne l’uso e supporto istituzionale troppo spesso carente.

Il risultato evidente è che non c’è nulla di innovativo in una classe in cui è presente una LIM e gli alunni sono tutti dotati di tablet, se in quella classe non si attiva un nuovo modo di insegnare e apprendere: ammettiamolo, usare questi strumenti come si fa con le lavagne di ardesia e i normali libri di testo non ne giustifica la spesa.

Secondo l’International Society for Technology in Education (ente internazionale no profit con sede negli USA), gli insegnanti dovrebbero usare gli strumenti informatici per stimolare gli studenti ad esplorare la realtà in ogni ambito; proporre loro casi di studio reali; sviluppare contesti di apprendimento arricchito, nei quali gli studenti siano partecipanti attivi nel fissare gli obiettivi educativi, organizzare l’apprendimento e valutare il proprio rendimento. Tutte azioni che, a ben guardare, alcuni insegnanti già fanno, altri hanno fatto in passato, molto prima che entrassero in scena le tecnologie. Qualcuno certamente ricorderà lo sceneggiato tv degli anni ‘70 “Diario di un maestro”, tratto da Un anno a Pietralata di A. Bernardini. Pensiamo a cosa avrebbe fatto quel maestro se avesse avuto LIM, computer e tablet!

Usare il computer per scrivere una tesina, fare una ricerca su internet (che poi si riduce a copiare malamente da Wikipedia), esercitarsi con i programmi di uso più comune sono certamente operazioni necessarie, ma è troppo limitante ridurre a ciò la disponibilità delle tecnologie informatiche: si potrebbero anche condurre esperimenti matematici e scientifici, sviluppare un prodotto (per esempio partendo dalla prototipazione alla stampa 3D), arricchire il web di creazioni originali (per esempio, invece di saccheggiare ancora una volta Wikipedia, creando o arricchendo voci nuove), sperimentare l’arte (disegno, musica).

È un cambio di paradigma epocale, non è facile. Richiede tempo, curiosità, energie, volontà, e risorse umane ed economiche, fondi certi, sostegno dalla politica e dalle istituzioni. Ma gli strumenti informatici sono arrivati anche a scuola per restare. Indietro è impossibile tornare, e col passare degli anni le resistenze inevitabilmente diminuiranno. È tempo di pensare ad un uso più proficuo, per gli adulti di domani.

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