Sinergie di Scuola

È un fatto noto che in Italia non siamo particolarmente bravi a gestire il denaro, oltre la semplice propensione al risparmio per cui eravamo famosi in Europa in tempi economicamente meno turbolenti. Ciò che alla gran parte degli italiani è sempre mancata è una minima base di cultura finanziaria, sufficiente spesso a scegliere con cognizione i prodotti largamente disponibili sul mercato, valutandone in autonomia il grado di rischio e i benefici teorici promessi.

Il caso limite è rappresentato infatti da quei derivati sottoscritti negli anni scorsi con tanta leggerezza da amministratori pubblici (volendo dare per scontata la buona fede degli interessati), con conseguenze spesso disastrose per i bilanci a loro affidati. O, più nel piccolo, i fenomeni speculativi che hanno portato in tempi passati migliaia di risparmiatori a perdere ingenti somme per investimenti affrontati ad occhi chiusi su suggerimento di promotori finanziari interessati, purtroppo anche istituzionali.

Come molte altre cose, anche la propensione a un’attenta gestione del proprio denaro si sviluppa col tempo e, senza dovere necessariamente giungere a forme ossessive, dovrebbe cominciare già nell’adolescenza; tanto più oggi, poiché i giovani di questa generazione saranno chiamati nel corso della loro vita a fare scelte economiche probabilmente più complesse di quelle affrontate dai loro genitori.

Nell’ultima edizione del test PISA (2012) ci si è interrogati per la prima volta anche sulla preparazione finanziaria dei quindicenni. Intorno a quell’età infatti i ragazzi cominciano ad essere fruitori di servizi finanziari quali conti bancari, carte prepagate per acquisti on-line, crediti telefonici.

I dati su questa particolare rilevazione sono stati da poco pubblicati in uno specifico report della serie PISA In Focus.

Sul totale del sottogruppo di 18 paesi OCSE partecipanti, il 10% dei ragazzi ha mostrato di essere in grado di analizzare prodotti e affrontare questioni finanziarie di una certa complessità; un altro 15% è stato capace di affrontare semplici decisioni relative alle spese quotidiane e di comprendere lo scopo di documenti finanziari comuni, come una fattura. Ma, dato interessante, solo una piccola percentuale (16%) delle differenze tra i punteggi medi dei paesi coinvolti è direttamente imputabile alla ricchezza media della nazione.

Riguardo alle differenze di genere, il test PISA ha misurato uno scostamento nelle performance in lettura e matematica tra maschi e femmine, ma non nella performance sulla capacità finanziaria; tuttavia, su campioni maschi-femmine che avevano ottenuto risultati simili nei test di lettura e matematica, si è rilevata una maggiore propensione finanziaria a favore dei maschi.

A livello di classifica nazionale/regionale, la parte del leone spetta ancora una volta agli studenti di Shangai. Le regioni Veneto e Friuli V.G. si posizionano sopra la media OCSE dei partecipanti; a seguire, sotto la media OCSE, le regioni del Nord Italia, seguite da quelle del Centro e del Sud.

Riguardo alla preparazione specifica prevista a scuola, è in corso in molti paesi un dibattito sull’opportunità di introdurre o meno materie curricolari ad hoc. Alcuni sistemi scolastici le prevedono già, altri preferiscono demandare ai corsi di matematica lo sviluppo delle competenze necessarie, lasciando poi agli studenti l’onere di applicare quanto imparato in diversi contesti, compreso quello finanziario.

Il fatto che Shangai appartenga a questo secondo gruppo dimostra che il dibattito è ancora aperto.


Primo Levi, lo scrittore e i suoi mestieri

Un documentario a disposizione delle scuole sulla percorso professionale e umano dello scrittore.

Il Centro Internazionale di Studi “Primo Levi” ha segnalato di aver reso disponibile gratuitamente, attraverso il sito Rai Storia, il documentario “Primo ufficio dell’uomo. I mestieri di Primo Levi”, e di aver inserito sul proprio sito www.primolevi.it, sempre a titolo gratuito, una presentazione del documentario, rivolta agli insegnanti, ed un kit didattico diviso in due parti, la prima delle quali affronta il tema del lavoro nelle opere e nell’esperienza di Primo Levi, mentre nella seconda lo stesso tema è approfondito attraverso un percorso nella letteratura italiana della seconda metà del Novecento fino ad arrivare ai giorni nostri.

Il Centro “Primo Levi” mette inoltre a disposizione copia gratuita del documentario in dvd a tutti gli insegnanti che ne facciano richiesta per uso didattico scrivendo all’indirizzo email scuola@primolevi.it o telefonando al n. 011-4369940.


Nel nostro paese gli stipendi degli insegnanti sono fermi

Eurydice: in molti altri Paesi europei si registrano aumenti, ma non in Italia.

Nel 2013/2014 gli insegnanti di 16 paesi europei (Belgio, Danimarca, Germania, Estonia, Francia, Croazia, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Austria, Slovacchia, Finlandia, Regno Unito, Norvegia, ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, Turchia) hanno visto i loro stipendi aumentati rispetto al precedente anno scolastico, grazie soprattutto a riforme salariali e adeguamenti al costo della vita. Questo è ciò che emerge dall’ultimo rapporto Eurydice “Teachers’ and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe 2013/14”.

Tuttavia, in circa la metà dei 33 paesi europei presenti nel rapporto, il potere di acquisto degli insegnanti nel 2014 è ancora al di sotto del livello del 2009. In alcuni paesi – Belgio fiammingo, Danimarca (istruzione primaria e secondaria inferiore), Lituania, Lussemburgo, Austria, Finlandia (istruzione primaria e secondaria inferiore) e Italia (istruzione secondaria superiore) – la diminuzione del potere di acquisto è relativamente bassa, al di sotto del 3%, mentre Cipro, Italia (istruzione primaria e secondaria inferiore), Paesi Bassi, Portogallo, Romania (istruzione primaria) e Regno Unito registrano una diminuzione dal 5 al 10%. In Irlanda, Spagna, Romania (istruzione secondaria), Slovenia e Islanda, gli insegnanti hanno visto ridursi il potere di acquisto dal 13 al 17%. La diminuzione più significativa è registrata in Grecia, con circa il 40%.

Inoltre, gli stipendi di base per gli insegnanti neoassunti del livello primario e secondario inferiore sono inferiori al PIL pro capite in circa tre quarti dei paesi presi in esame. Per la maggioranza dei paesi, questo accade anche per gli stipendi degli insegnanti dell’istruzione secondaria superiore.

Dal rapporto emerge anche che gli stipendi degli insegnanti aumentano con l’anzianità di servizio nella stragrande maggioranza dei paesi. Tuttavia, il livello degli aumenti salariali e la velocità con cui gli stipendi progrediscono sono diversi da paese a paese. In alcuni paesi, gli aumenti sono relativamente bassi ma il livello più alto della scala salariale viene raggiunto piuttosto velocemente (Danimarca, Estonia, Lettonia, Malta, Finlandia, Scozia), mentre in altri paesi vengono raggiunti aumenti significativi solo alla fine di un lungo periodo di servizio (Grecia, Ungheria, Austria, Portogallo, Romania).

Gli stipendi di base degli insegnanti possono anche variare considerevolmente in base alle indennità percepite che dipendono da qualifiche aggiuntive, dalla valutazione delle prestazioni, o dal fatto di insegnare ad alunni/studenti con bisogni educativi speciali.

Tali incentivi possono contribuire a rendere la professione più attraente, spostando il concetto di una progressione di carriera basata quasi esclusivamente sull’anzianità di servizio a una progressione più orientata allo sviluppo professionale e alla valutazione dei docenti.

Pubblicato in coincidenza con la giornata mondiale degli insegnanti (5 ottobre), il rapporto consta di una sintesi comparativa seguita da schede descrittive nazionali che offrono dettagli, a livello di singolo paese, su:

  1. Organi decisionali responsabili della definizione degli stipendi di insegnanti e capi di istituto;
  2. Stipendi stabiliti per legge minimi e massimi lordi annuali di insegnanti e capi di istituto nelle scuole pubbliche;
  3. Progressione salariale in rapporto all’anzianità di servizio; Informazione sull’aumento/diminuzione dello stipendio nell’ultimo anno;
  4. Diversi tipi di indennità e organi e organi decisionali responsabili della loro assegnazione.

Fonte: Eurydice


Gli alunni con cittadinanza non italiana nati nel nostro paese

In 21.233 completeranno il I ciclo nel prossimo giugno.

Sono 21.233 i ragazzi con cittadinanza non italiana ma nati nel nostro paese che completeranno il I ciclo scolastico con l’Esame di terza media a giugno del 2015. Altri 25.940 lo termineranno nel giugno del 2016. Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca anticipa alcuni dei dati sulla presenza di alunni figli di migranti nelle nostre classi che saranno diffusi con un ampio Report nel mese di novembre. La scheda si sofferma in particolare sul I e II ciclo, anche alla luce delle recenti dichiarazioni in materia di ius soli. Secondo il dato previsionale elaborato dal Miur, nell’anno scolastico appena cominciato sono 442.348 gli alunni con cittadinanza non italiana iscritti al primo ciclo e 182.519 gli iscritti al secondo. Questi numeri verranno consolidati nei prossimi mesi.

I dati del I e II ciclo

Per quanto riguarda l’a.s. 2013/2014 (dati consolidati) 453.013 alunni con cittadinanza non italiana hanno frequentato il I ciclo, 182.181 il II ciclo, per un totale di 635.194 ragazzi, pari al 6,2% della popolazione scolastica totale nel I ciclo e al 2,5% nel II ciclo. Il dato è in crescita: nel 2010/2011, quattro anni fa, i figli di migranti iscritti al I ciclo erano 412.212 (5,7% del totale degli alunni), 153.423 gli iscritti al II ciclo (2,1% del totale), per un totale di 565.635 studenti fra la primaria e le superiori.

I nati in Italia

Cresce visibilmente la quota di nati in Italia. Nell’anno scolastico 2013/2014 hanno frequentato il I ciclo di istruzione 246.653 alunni con cittadinanza non italiana nati nella nostra penisola, mentre in 27.790 erano iscritti al II ciclo. I nati in Italia sono ormai il 38,8% del totale dei figli di migranti iscritti al I ciclo di istruzione. La percentuale è del 4,4% nel II ciclo. Quattro anni fa, nel 2010/2011 queste percentuali erano del 30,5% e del 2,4%.

Vai all’Anticipazione dati del Report annuale.


Tasse universitarie, borse e prestiti agli studenti: troppe disparità in UE

Un confronto tra i sistemi europei di tassazione universitaria e le varie opportunità a sostegno del reddito.

Tra i Paesi europei sono ancora troppe le disparità per quanto riguarda le tasse universitarie e l’erogazione di borse di studio e prestiti agli studenti.

Questo è il quadro che emerge dal nuovo rapporto della rete Eurydice dal titolo “National Student Fee and Support Systems in European Higher Education 2014/15”.

La relazione interessa 33 paesi europei e rivela che nel continente, nonostante alcune importanti eccezioni, i sistemi di tassazione universitaria sono rimasti relativamente stabili. La Germania è l’unico paese ad aver recentemente abolito le tasse universitarie, benché queste fossero state introdotte solo nel 2007, e alcuni Paesi, quali l’Estonia, dal 2014 fanno pagare solo gli studenti che non riescono ad ottenere il necessario numero annuo di crediti. Analogamente, anche nella Repubblica Ceca, Spagna, Croazia, Ungheria, Austria, Polonia e Slovacchia il pagamento delle tasse è strettamente correlato ai risultati negli studi.

Il più alto livello di tassazione si ha in Inghilterra, sebbene le tasse vengano versate solo dopo la laurea, quando lo stipendio degli studenti supera una determinata soglia.

Nel nostro Paese, insieme a Lettonia, Lituania, Ungheria, Paesi Bassi e Slovenia, gli studenti pagano subito tasse piuttosto elevate.

«L’Europa ha un disperato bisogno di migliorare l’accesso all’istruzione superiore per i nostri giovani. Ciò permetterebbe di migliorare notevolmente le loro opportunità di ottenere un buon lavoro, oltre a rafforzare le nostre economie, che necessitano del contributo di innovazione e di creatività di brillanti laureati», ha affermato Androulla Vassiliou, Commissaria europea responsabile per l’Istruzione, la cultura, il multilinguismo e la gioventù.

«Qualora gli Stati membri decidano di introdurre tasse universitarie dovrebbero sempre disporre di misure, tra cui le borse di studio, atte a garantire parità di accesso all’istruzione superiore per tutti, in particolare per gli studenti provenienti da contesti svantaggiati».

Il capitolo borse di studio fotografa una situazione piuttosto deprimente: infatti, nella maggior parte dei paesi europei è solo una minoranza di studenti a beneficiare di borse di studio. Quasi tutti questi sistemi coniugano borse di studio basate sulle necessità economiche e borse di studio basate sul merito.

In circa metà dei paesi interessati i prestiti per studenti sovvenzionati con fondi pubblici si rivelano importanti nel sostenere gli studenti. Sempre in circa la metà dei paesi alcuni elementi del sostegno dipendono dalla situazione familiare generale e non sono corrisposti direttamente agli studenti, ma vengono erogati sotto forma di agevolazioni fiscali per i genitori o di assegni familiari.

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