Sinergie di Scuola

Chi segue nel tempo i dati OCSE dei test PISA sa bene che il modello di istruzione finlandese è sempre stato al vertice delle classifiche, ed è stato studiato approfonditamente dai policy makers intenzionati a migliorare i sistemi di istruzione nei rispettivi paesi, in particolare quelli occidentali.

Gli ultimi dati PISA, resi pubblici nel dicembre scorso, confermano tuttavia un declino già osservato nella precedente sessione (2012) in tutti e tre gli ambiti di indagine (scienze, lettura, matematica).

Il Washington Post ha dunque interpellato Pasi Sahlberg, docente finlandese, figura di spicco nelle politiche dell’istruzione della Finlandia e autore del best-seller Finnish Lessons 2.0 – What can the world learn from educational change in Finland (2014).

Secondo Sahlberg, il rimescolamento delle classifiche si può spiegare almeno in parte perché, negli ultimi tempi, molti dei paesi OCSE hanno plasmato le proprie politiche dell’istruzione in modo che fossero allineate con il PISA, nel tentativo di migliorare i punteggi nazionali nel test. In Finlandia invece, storicamente tali politiche non sono “impostate” sul PISA. Detto questo, tuttavia, avverte una ragione più profonda per il suo Paese, che ha a che fare con l’equità dell’istruzione.

Il calo finlandese è iniziato circa otto anni fa, e lo scarso rendimento degli studenti maschi è quello che ha inciso di più. Sahlberg vede un collegamento tra il calo registrato e la diffusione capillare delle tecnologie portatili tra i bambini in età scolastica nell’ultimo decennio. Storicamente i maschi sono meno propensi alle lettura, e ciononostante gli studenti finlandesi erano i migliori lettori del mondo. Ora non più, e non è un caso secondo l’autore. Le più recenti ricerche sugli effetti di internet sul cervello – quindi anche sull’apprendimento – identificano tre conseguenze principali: un processo di elaborazione delle informazioni più superficiale, una maggiore tendenza alla distrazione e un’alterazione dei meccanismi di autocontrollo.

Sahlberg si sofferma poi sulla grave recessione economica che la Finlandia vive dal 2008 (il fallimento della Nokia è stato esiziale), e che ha colpito l’istruzione più di ogni altro settore pubblico. La conseguenza più dannosa di questi tagli è stata la diminuzione degli insegnanti di sostegno, degli assistenti didattici e del personale che si occupa della cosiddetta “pedagogia speciale”. Un tempo la Finlandia godeva di un numero relativamente ridotto di studenti con scarso rendimento scolastico, effetto di politiche incentrate sull’uguaglianza, marchio di fabbrica delle scuole finlandesi. Oggi invece i risultati tendono ad allinearsi alle medie internazionali.

Un discorso a parte merita il fenomeno dell’immigrazione, che anche noi conosciamo bene. Nelle scuole finlandesi il numero di studenti immigrati è in costante aumento, e nessuno di loro parla subito la lingua, che risulta molto difficile da apprendere. In effetti, il divario nei risultati PISA tra nativi e stranieri è ampio; ma conclude Sahlberg, la percentuale relativa resta bassa, e quindi non può essere considerata un fattore decisivo per il calo nazionale.

Alla domanda del Washington Post se e in quale modo la Finlandia interverrà per reagire al calo nei test PISA, Sahlberg si è detto certo che ciò non accadrà, perché l’approccio ai problemi nel suo Paese è diverso. Secondo la logica finlandese, il miglior modo per affrontare il problema dei risultati scolastici insufficienti non è alzare gli standard o aumentare il tempo dedicato a insegnamento o compiti, ma rendere la scuola un posto più interessante e divertente per tutti, motivando di più gli studenti e aumentando il benessere generale a scuola, con il principio dell’equità sempre al centro. Il test PISA, ricorda, ci dice solo una piccola parte di quanto succede nell’ambito dell’istruzione di un Paese, e non sarebbe giusto trascurare temi tuttora rilevanti ma non registrati come l’istruzione infantile finlandese, la grande considerazione che ha la professione dell’insegnamento, l’attenzione sul benessere e sullo sviluppo complessivo dei bambini, e i modelli alternativi di responsabilizzazione. Ma, conclude, una cosa la Finlandia (come qualunque altro Paese) dovrebbe certamente imparare dai risultati PISA: la riduzione della spesa nell’istruzione ha sempre delle conseguenze. Pensare che gli alti risultati scolastici e il continuo miglioramento delle scuole siano possibili quando le risorse si riducono è una cosa davvero poco lungimirante.

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