Sinergie di Scuola

Se riflettiamo sui trascorsi scolastici di ognuno di noi, sappiamo che l’istituto scolastico non è soltanto un luogo in cui lo studente acquisisce competenze curriculari: è altresì un ambito sociale in cui i ragazzi e le ragazze sviluppano quelle capacità di socializzazione e di gestione dell’emotività (rapporto con l’autorità rappresentata dal personale scolastico, con i pari rappresentati dai compagni di scuola, dischiudersi della sfera affettiva al di fuori della cerchia famigliare) che li accompagneranno lungo il corso di tutta la vita.

La maggioranza degli studenti dei Paesi OCSE sente infatti di appartenere alla propria comunità scolastica. Fanno eccezione purtroppo – il fenomeno è naturalmente comprensibile – gli studenti svantaggiati e gli immigrati di prima generazione (dunque non nati nella nazione in cui studiano).

Ma, nonostante sia interesse di tutti il benessere psico-fisico degli studenti, non esiste ancora un approccio condiviso su quali politiche scolastiche – o cambiamenti ai percorsi di studio – adottare per migliorare la qualità della vita degli adolescenti a scuola.

I dati di PISA 2015 mostrano che gli studenti differiscono notevolmente, sia da una nazione all’altra, sia all’interno dello stesso Paese, sul grado di soddisfazione riguardo al loro quotidiano (solo il 12% si definisce fortemente insoddisfatto, maggiormente tra gli studenti svantaggiati), sugli obiettivi che si prefiggono, sul livello di ansia indotto dalla scuola (64% delle ragazze contro il 47% dei ragazzi), sulla partecipazione ad attività fisiche capaci di veicolare sensazioni di benessere e di aggregazione, aspettative per il futuro, esperienze di bullismo, episodi più o meno frequenti di trattamenti ritenuti ingiusti da parte di alcuni insegnanti. Molte di queste differenze sono riconducibili al rapporto dello studente col clima di disciplina diffuso a scuola o in classe, e all’incoraggiamento (spesso alla mancanza dello stesso) ricevuto dai docenti.

L’indagine registra che lo stato di ansia dovuto alla scuola è fenomeno comune tra gli adolescenti (ci siamo passato più o meno tutti). Spesso l’ansietà è la reazione dello studente agli sbagli fatti o che teme di fare: la spiegazione più comune data dagli studenti PISA all’agitazione in vista di un compito in classe o interrogazione è che il docente dà l’impressione di sottovalutare o sminuire le capacità dello studente.

Coloro i quali traggono la loro motivazione ad eccellere a scuola dal timore di deludere qualcuno (la famiglia o, come nel caso dei paesi asiatici più competitivi, tutto il contesto sociale), o da un senso di forte competizione nei confronti dei compagni, sono i più soggetti a questi stati ansiosi. Sarebbe dunque utile che la scuola avesse gli strumenti adatti per identificare quei soggetti a rischio di trasformare un fenomeno tutto sommato normale in uno stato potenzialmente patologico, insegnando loro nel contempo metodi più efficaci di studio e pratiche quotidiane per gestire lo stress.

Alla base di tutto comunque, l’OCSE invita i docenti ad aiutare gli studenti riconoscendone i progressi, non solo in forma di voti, ma anche con un maggior incoraggiamento. Si è rilevato infatti in tutti i Paesi aderenti al test che, laddove gli insegnanti riescono a instaurare con gli studenti un rapporto di fiducia, di confronto e di stimolo positivo, anche nei contesti più difficili, gli episodi di bullismo si riduco drasticamente; questo, insieme a un coinvolgimento delle famiglie nella vita scolastica (mediante rappresentazioni, incontri, locali aperti in occasione di eventi, piccole manutenzioni ad opera dei genitori ecc.), promuove il percorso di integrazione, soprattutto nelle zone a più forte presenza di famiglie immigrate, e contribuisce ad arricchire la vita degli adolescenti e del quartiere in cui la scuola fa da presidio di civiltà, cittadinanza, appartenenza.

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