Sinergie di Scuola

Il dipendente della scuola che si assenta per permesso studio e, nelle stesse giornate, partecipa a delle assemblee sindacali, è tenuta a risarcire l’amministrazione per danno erariale.

A dirlo è la Corte dei conti, sezione Lazio, che con la sentenza n. 163 del 17/02/2014 è intervenuta sul caso di un’assistente tecnica, in servizio presso un istituto d’istruzione superiore, chiamata in giudizio per illegittima fruizione di permessi studio, al fine di risarcire l’importo di € 596,10, di cui € 496,75, corrispondente alla retribuzione percepita nelle giornate di assenza dal lavoro, e € 99,35 per danno da disservizio.

A seguito di documentata denuncia da parte del Dirigente scolastico dell’Istituto in cui la donna prestava servizio, la Procura regionale aveva avviato apposita istruttoria, dalla quale era emerso che la stessa, durante le giornate in cui stava fruendo di permessi studio, si era recata, in rappresentanza della propria organizzazione sindacale, alle riunioni di contrattazione di istituto presso istituti tecnici differenti da quello di appartenenza.

Per la Procura regionale, nella condotta della dipendente scolastica erano ravvisabili gli estremi del dolo contrattuale o, quanto meno, della colpa grave, sulla base della disciplina di riferimento (DPR n. 395/1991, della Circolare Ministeriale n. 319/1991 e di quella della Funzione Pubblica 5/04/1989) e della consolidata giurisprudenza della stessa Corte dei conti, in materia di percezione di somme non dovute per alterazione del sinallagma contrattuale (rapporto di interdipendenza tra prestazione e controprestazione in alcuni tipi di contratto, ndr). Infatti, la donna aveva utilizzato impropriamente permessi di studio per partecipare a riunioni sindacali.

Tale condotta integrerebbe violazione degli obblighi di servizio e sarebbe pertanto fonte di danno erariale, sia dal punto di vista delle retribuzioni illegittimamente corrisposte durante i giorni in questione, sia per il disservizio provocato all’Amministrazione scolastica, in relazione alla disarticolazione dei moduli organizzativi e funzionali, pregiudicando il raggiungimento degli obiettivi di utilità con spreco delle risorse.

A nulla sono valsi i tentativi di difesa della ricorrente, la quale aveva respinto gli addebiti rappresentando che, nei giorni oggetto di permesso di studio, aveva frequentato un corso con accesso al personal computer messo a disposizione dall’associazione sindacale Gilda degli Insegnanti. In alcune delle giornate in questione, era stata chiamata nelle sedi di due istituti scolastici, ubicate a poche centinaia di metri dal luogo ove svolgeva l’apprendimento, poiché era in corso la contrattazione collettiva e nessuno era presente per Gilda. Al riguardo, la donna aveva anche precisato che si era trattenuta in tali istituti solo per 15 minuti, il tempo necessario per dichiarare che l’Organizzazione sindacale da lei rappresentata non avrebbe firmato l’accordo in corso e che, lasciata la riunione, era tornata presso la sede a terminare il corso. La ricorrente aveva dunque insistito sulla brevità e occasionalità delle circostanze dedotte, dichiarando di essere pronta a risarcire il danno erariale contestato «ma solo per evitare i costi del giudizio, in quanto rifiuta l’accettazione dell’addebito, ritenendo di non avere tenuto una condotta censurabile se non, in ipotesi, con colpa lieve».

Ma l’orientamento della Procura regionale è stato confermato anche dalla sentenza in commento, con la quale la Corte dei conti ha richiesto il risarcimento del «danno provocato alla Pubblica Amministrazione per la corresponsione della retribuzione alla odierna convenuta in giorni nei quali la stessa, pur titolare di permessi di studio, si era recata ad alcune riunioni sindacali, privando così della causa giustificativa la mancanza del sinallagma lavorativo con la retribuzione percepita».

«Quanto alla lievità della colpa, dedotta dalla convenuta – ha concluso la stessa Corte – pur se singoli episodi del genere di quello oggetto del presente giudizio non forniscono con immediatezza la percezione della esatta gravità della condotta contestata, va considerato che tale gravità risiede sostanzialmente nella violazione del rapporto fiduciario posto alla base dell’obbligazione lavorativa, specie in ambito pubblico, attesa la natura delle risorse ad esso destinate, e questo vale di per sé a connotare la condotta come gravemente colposa».

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