Sinergie di Scuola

La recente sentenza del TAR Lazio n. 5714 del 17 aprile scorso, che ha annullato la circolare della Funzione Pubblica sulle assenze per visite e terapie, assume degli aspetti interessanti non troppo approfonditi dai media, e produce conseguenze ancora incerte per chi giornalmente si trova ad applicare il diritto.

Cerchiamo di accennare ai profili, ulteriori rispetto a quelli già trattati, che ci paiono rilevanti a proposito della importante pronuncia della magistratura amministrativa.

Valore delle fonti di diritto

Senza voler entrare in una disquisizione da cultori del diritto, sembra utile brevemente accennare alle fonti del diritto nel nostro sistema giuridico, dove proprio la ricostruzione è effettuata dalla dottrina e dalla giurisprudenza prima ancora che dal legislatore.

In tale sistema, le circolari assumono una posizione piuttosto dubbia, ma certamente non dal valore preminente. Le circolari infatti sono, per alcune ricostruzioni, agli ultimi posti tra le fonti del diritto; questi atti sono considerati per lo più “norme interne”, valevoli per coloro cui sono dirette quali disposizioni di servizio, oppure utilizzabili come semplici interpretazioni. 

La dottrina più attenta dà un valore diverso alle circolari in relazione al loro contenuto (normative, organizzative, interpretative...), mentre la Corte di Cassazione (ad esempio con la sentenza 5137 del 2014) ha negato del tutto il valore delle circolari (nel caso di specie si trattava di materia tributaria) quali fonti del diritto. 

Lo stesso TAR Lazio, con la pronuncia n. 7395 del 2012, ha definito le circolari quali atti amministrativi oppure atti interni, dalla dubbia impugnabilità dinanzi al giudice amministrativo; generalmente, la giurisprudenza maggioritaria ha ritenuto impugnabili davanti al giudice solo i singoli atti lesivi applicativi, e non le circolari generali. 

La dottrina, a proposito della autonoma impugnabilità delle circolari, è quindi sempre stata piuttosto incerta; il medesimo TAR del 2012 ha chiarito che, comunque, non si può escludere la tutela giurisdizionale neanche nel caso delle circolari interpretative, poiché anche questi atti possono avere idoneità lesiva e, di conseguenza, incidere su situazioni soggettive del privato che può avere interesse a ricorrere.

Il discorso della autonoma impugnabilità o meno delle circolari viene affrontato recentemente dalla sentenza n. 5711/2015 (sempre del TAR Lazio), che interviene sul medesimo argomento e con le medesime argomentazioni di merito, su ricorso, stavolta, della UIL. Consigliamo la lettura a chi volesse approfondire il discorso della impugnabilità degli atti in concreto lesivi di diritti dei lavoratori.

Il caso delle assenze per visite e terapie, con una circolare interpretativa annullata dal giudice amministrativo, ha rappresentato quindi una interessantissima declinazione di questa querelle dottrinale.

Sembra desumersi che, nel caso di specie, si sia verificata proprio la situazione soggettiva di lesione dell’interesse dei lavoratori a non vedere ridotti i propri benefici in tema di salute, e di determinazione contrattuale dei propri diritti.


La sentenza del TAR 

La pronuncia della magistratura amministrativa del Lazio, senza porsi troppi problemi di natura teorica, ha annullato la circolare n. 2/2014 della Funzione Pubblica. 

Ha quindi, con effetto retroattivo, determinato la caducazione di quanto dalla circolare interpretato, e ha sua volta “reinterpretato” quanto previsto dall’art. 55-septies comma 5-ter del D.Lgs. 165/2001, introdotto dall’art. 16 comma 9 Legge 111/2011 e poi modificato dal D.L. 101/2013 (convertito nella Legge 125/2013).

L’interpretazione del TAR, che non innova il diritto ma interpreta, con valore privilegiato, una norma già esistente, contrariamente a quanto affermato nella circolare, premette che il legislatore ha introdotto la parola “permesso” per distinguere l’assenza-stato patologico dal permesso per visite mediche effettuate, ad esempio, a fini di controllo e prevenzione; nella prima ipotesi, chiaramente, sarà il medico a operare una connessione eventuale tra visita e stato invalidante. 

La parola “permesso” sarebbe usata, nel caso di specie, per indicare le visite non collegate ad un evento morboso in atto, e le modifiche legislative sarebbero intervenute, in tal senso, proprio per creare una nuova tipologia di permessi, diversi dalla malattia in senso stretto anche perché giustificabili, per legge, tramite attestazione del medico privato. 

I permessi brevi o a recupero, per il giudice erroneamente “imposti” dalla circolare per effettuare visite e terapie, sarebbero in realtà destinati ad altro, poiché previsti dai contratti nella vigenza di una normativa poi superata. 

Di conseguenza, e qui il punto centrale della sentenza, i contratti (ricordiamolo, bloccati da anni per il congelamento dei salari pubblici imposto per legge) devono adeguarsi alla nuova normativa nel frattempo subentrata. Del resto, rammenta il Tar Lazio, la stessa Funzione Pubblica nella ipotesi di CCNL quadro per il pubblico impiego (e, dalle notizie informali che circolano sulla stampa, questa dovrebbe essere la strada che si sta seguendo, con la probabile introduzione di permessi ad ore per effettuare visite e terapie), indica la necessità di adeguare la contrattazione alla nuova normativa.

La circolare è illegittima per il Tar Lazio, in conclusione, perché esorbita dai propri poteri “invadendo” la materia di spettanza contrattuale, nella parte dove impone di utilizzare, nei casi di cui al comma 5-ter citato, i permessi previsti oggi dai contratti come quelli a recupero o altre ipotesi di permesso personale.

Quindi, appurato che i permessi per visite e terapie non sono imputabili a categorie quali i previsti permessi personali, e che non si può negare che esistano ma non sono ancora contrattualmente previsti, cosa fare da oggi (anzi da ieri, essendo la sentenza già vecchia di qualche giorno)? Si possono concedere permessi, eventualmente anche ad ore, per visite e terapie?


Le indicazioni del MIUR e delle altre circolari

Preliminarmente, riportiamo l’ultimo testo del comma 5-ter richiamato:

5-ter.  Nel caso in cui  l’assenza  per  malattia  abbia  luogo  per l’espletamento di  visite,  terapie,  prestazioni  specialistiche  od esami  diagnostici il  permesso  e’  giustificato  mediante   la presentazione di  attestazione  anche  in  ordine  all’orario, rilasciata dal medico o dalla struttura,  anche  privati,  che  hanno svolto la visita o la prestazione o  trasmessa  da  questi  ultimi mediante posta elettronica. 

Le indicazioni fornite dalla giurisprudenza reinterpretano il dettato normativo, che ci offre qualche punto fermo, alla luce della nuova interpretazione fornita dal TAR:

  • il legislatore ha introdotto dei permessi ad hoc per lo svolgimento di visite e terapie anche non connesse ad uno stato di malattia;
  • tali permessi sono diversi da quelli contrattualmente previsti (personali, a recupero ecc.) e ulteriori;
  • tali permessi sono giustificabili anche tramite l’attestazione del medico privato;
  • tali permessi infine sono previsti dal legislatore, ma ancora non recepiti dalla contrattazione nazionale (ormai bloccata da anni).

Per recepire la recente sentenza del Tar Lazio, molte amministrazioni hanno diramato circolari per i propri dipendenti, come il Ministero della Salute, il CNR, l’INPS, e anche il MIUR (n. prot. n. 7457 del 6/05/2015); la nota ministeriale valevole per le scuole, come più o meno anche le altre, si limita a prendere atto della situazione, riassumendo quanto accaduto e invitando ad applicare strettamente il disposto normativo.

Tali interventi ministeriali di dettaglio, che spesso ci troviamo a commentare, paiono meramente riproduttivi di situazioni di fatto e non introducono concrete modalità operative. Permanendo i molti dubbi cui si accennava e aspettando, come ribadito dalla circolare MIUR, interventi di maggiore chiarezza che dovrebbero intervenire a breve, non resta che ripristinare la situazione precedente all’intervento di cui alla circolare annullata, tenendo conto delle indicazioni sopra riportate che derivano dalla normativa reinterpretata dalla giurisprudenza del TAR.

La “malattia oraria”

Rimane da chiarire se il legislatore abbia in qualche modo voluto prevedere, nell’assenza di disposizioni contrattuali di dettaglio (e di circolari precise e non annullate), la possibilità di utilizzare il permesso introdotto ex novo ad ore. 

Ebbene, la specifica disposizione «anche in ordine all’orario» sembra proprio andare in tal senso; se l’assenza per malattia connessa a stato patologico è attestata dal medico di base (o convenzionato SSN) e non è certo correlata ad un orario ma ai giorni di prognosi, e se quelli di cui al comma 5-ter sono permessi diversi da quelli personali, che senso avrebbe l’indicazione dell’orario se non fosse ipotizzabile giustificare l’assenza temporanea dal lavoro con l’indicazione dell’orario stesso da parte della struttura dove si è effettuata la visita?

Vedremo se questa interpretazione personale sarà suffragata dagli attesi interventi ufficiali di chiarimento.

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