Sinergie di Scuola

Il 26 aprile 2021 il Dipartimento della Funzione Pubblica ha pubblicato un parere in tema di aspettativa dei dipendenti pubblici, con particolare riferimento alla possibilità prevista dall’art. 18 della Legge 183/2010 (c.d. Collegato lavoro), di richiedere aspettativa per svolgimento di altra attività lavorativa.

Su queste pagine si è trattato di recente il tema dell’aspettativa e dello svolgimento del secondo lavoro in ambito scolastico che, come sappiamo, beneficia di un regime di favore per il personale docente anche a prescindere dalla fruizione dell’aspettativa.

L’art. 18, comma 3 del CCNL Scuola già prevede che l’aspettativa, oltre che per altri motivi – di famiglia e personali, studio, dottorato e ricerca – possa essere richiesta, per un anno scolastico e senza assegni, per realizzare l’esperienza di una diversa attività lavorativa.

L’art. 18 della Legge 183/2010, estende la platea a tutti i dipendenti pubblici, che «possono essere collocati in aspettativa, senza assegni e senza decorrenza dell’anzianità di servizio, per un periodo massimo di dodici mesi e rinnovabile per una sola volta, anche per avviare attività professionali e imprenditoriali. L’aspettativa è concessa dall’amministrazione, tenuto conto delle esigenze organizzative, previo esame della documentazione prodotta dall’interessato». In questo periodo «non si applicano le disposizioni in tema di incompatibilità di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni».

La disposizione del Collegato lavoro esplicitamente prevede che le norme in tema di incompatibilità recate dall’art. 53 del D.Lgs. 165/2001, nel periodo di aspettativa in questione, sono sospese; ciò significherebbe, ad una prima lettura, che anche le disposizioni dall’art. 53 richiamate debbano intendersi sospese.

Ebbene, l’art. 53 del D.Lgs. 165/2001 si riferisce espressamente all’art. 60 del D.P.R. 3/1957, che dispone che «L’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro [...]».

Di conseguenza, sembrerebbe che l’aspettativa richiesta ai sensi della Legge 183/2010 possa consentire, nel periodo di riferimento, di poter svolgere le attività normalmente vietate, ovvero quelle imprenditoriali e quelle di lavoro subordinato.

Il parere del Dipartimento della Funzione Pubblica

Il parere del 26 aprile, sopra richiamato, pare disporre una interpretazione restrittiva della possibilità di svolgere altre attività nel periodo di aspettativa.

Facendo riferimento ad una richiesta di un Ente locale, valevole per tutti i pubblici dipendenti, ovvero se sia consentito agli stessi lo svolgimento di rapporti di lavoro di tipo subordinato (oppure solo attività di lavoro autonomo non occasionale), il parere rammenta che la possibilità disposta dalla Legge 183/2010 prevede che l’aspettativa possa essere concessa «anche per avviare attività professionali e imprenditoriali».

La disposizione, secondo l’interpretazione del Dipartimento della Funzione Pubblica, «pone, quindi, una deroga alla disciplina in materia di incompatibilità prevista dall’art. 60 del T.U. n. 3 del 1957, richiamata dall’art. 53 del D.Lgs. 165, secondo cui, in generale, è vietato ai dipendenti pubblici, tra l’altro, l’esercizio del commercio, dell’industria, e dell’attività professionale o l’assunzione di impieghi alle dipendenze di privati. In ogni caso, l’aspettativa è concessa dall’amministrazione, tenuto conto delle esigenze organizzative, previo esame della documentazione prodotta dall’interessato. Poiché il legislatore del 2010, nel derogare a tale disposizione, ha richiamato esclusivamente le fattispecie indicate nel citato art. 18 – attività professionali e imprenditoriali – se ne desume che, in base al tenore letterale della norma ed alla previsione generale di cui al citato art. 60 del T.U. n. 3 del 1957, è preclusa ai dipendenti pubblici, in assenza di una deroga espressa, la stipula di contratti di lavoro subordinato con datori di lavoro privati nel regime in aspettativa in esame».

Secondo il parere richiamato, quindi, durante il periodo di aspettativa è possibile svolgere attività professionali e imprenditoriali, ma non anche le attività di lavoro subordinato con datori di lavoro privati. Come descritto di seguito, questa interpretazione, per altri versi, è in linea con quella di una Amministrazione scolastica territoriale.

Regime di maggior favore per personale docente

La fattispecie sopra descritta si riferisce all’ipotesi di altra attività svolta durante il periodo di aspettativa a tal fine richiesta.

Va rammentato che per il personale docente, anche in costanza di lavoro, sono consentite delle possibilità ulteriori rispetto a tutti gli altri dipendenti pubblici.

Tali possibilità sono previste dall’art. 508 del D.Lgs. 297/1994, e precisamente:

  • il comma 1 dispone che i docenti possano impartire lezioni private, ad alunni di altro istituto e informando «il direttore didattico o il preside», comunicando generalità e provenienza dell’alunno;
  • il comma 15 recita: «Al personale docente è consentito, previa autorizzazione del direttore didattico o del preside, l’esercizio di libere professioni che non siano di pregiudizio all’assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e siano compatibili con l’orario di insegnamento e di servizio».

Il personale docente quindi (e non, si badi bene, il personale amministrativo), può impartire lezioni private e anche svolgere libere professioni; in tal caso, il regime è quello ordinario delle incompatibilità, ed è quindi necessario che sia richiesta (e concessa) l’autorizzazione al Dirigente scolastico. Le libere professioni devono sempre svolgersi rigorosamente al di fuori dell’orario di lavoro, nel rispetto della non interferenza con le ordinarie attività e in assenza di conflitto di interessi con la pubblica amministrazione. La possibilità di svolgere l’attività professionale parrebbe contrastare con il medesimo art. 508, comma 10 del D.Lgs. 297/1994 che, in linea con il generale divieto previsto dall’art. 60 del D.P.R. 3/1957, comunque vieta, insieme alle altre ipotesi, le attività commerciali, industriali e “professionali”.

Ebbene, sul punto molto utile è la pur risalente interpretazione 742/2006 dell’USR Emilia Romagna, per cui l’apparente incoerenza tra le due disposizioni si risolve, alla luce anche di interpretazioni giurisprudenziali, con la natura dell’attività; chiarisce l’USR: «[...] Diversa, infatti appare la natura della loro esplicazione posto che: l’attività professionale (genericamente indicata al comma 10 e meglio delineata nella nota ministeriale, prot. n. 1584 del 29/07/2005) può essere svolta sia in presenza di un vincolo di subordinazione, sia sotto forma di libero esercizio, mentre la libera professione, di cui a comma 15, stante la precisa scelta del legislatore di ricorrere all’aggettivo “libera”, comporta l’automatica esclusione della possibilità di costituire un qualsiasi vincolo di subordinazione in capo al prestatore che, com’è noto, in tale contesto, fornisce la propria opera professionale secondo le modalità tecniche, operative ed organizzative ritenute più opportune. Il legislatore dunque, ai commi 10 e 15, ha voluto contemplare due distinte ipotesi di prestazione di opera professionale, accordando però la compatibilità con la funzione docente solo ai casi in cui la predetta opera non implichi l’insorgenza di un rapporto di lavoro di natura subordinata. Nel caso di specie [...] la docente opera al di fuori della scuola, in regime di “libera professione”. Tale ultima circostanza lascia intuire una totale indipendenza operativa della medesima, che consentirebbe di inquadrare l’attività da svolgere in quella contemplata dal comma 15 dell’art. 508 summenzionato e per ciò stesso autorizzabile».

Il parere riportato, nel distinguere tra attività professionale “libera” (autorizzabile), e professionale/subordinata, sembra precorrere l’interpretazione del Dipartimento Funzione Pubblica di cui sopra, che proprio il vincolo di subordinazione ritiene dirimente per individuare quelle attività precluse anche in regime di aspettativa.

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