Sinergie di Scuola

Gli adempimenti delle scuole in ordine ai problemi di disabilità, disagio, inclusione e bisogni degli alunni con maggiori difficoltà diventano sempre più gravosi e stringenti.

Come mostrano i dati riportati nell’interessante e recente studio, condotto dal MIUR in occasione della Giornata Mondiale delle persone con disabilità, solo per quanto riguarda gli alunni diversamente abili si parla di un incremento pari quasi al 40% negli ultimi 10 anni, con una netta maggioranza di disabilità psicofisica soprattutto nelle scuole primarie e secondarie di primo grado.

Tale aumento, a prescindere dai motivi, si dovrebbe convertire in adeguamento delle risorse a disposizione, e tuttavia si scontra con una realtà di contrazione delle stesse; ne abbiamo parlato più volte, ad esempio a proposito del sostegno, che vede i genitori richiedenti trovare conforto solo nella aule giudiziarie a fronte di esigenze non evase adeguatamente dall’amministrazione scolastica.

Le diverse cause di difficoltà di apprendimento, come noto, danno luogo ad aggravamenti della ordinaria attività delle scuole anche dal punto di vista amministrativo-burocratico, stante la differenziazione esistente sul punto delle disabilità, le varie tipologie di disturbi specifici di apprendimento (DSA) delle certificazioni e delle diagnosi, delle gravi difficoltà di apprendimento e dei cosiddetti “Bisogni Educativi speciali”, su cui è intervenuta recentemente una interessante pronuncia giurisprudenziale.

I Bisogni educativi speciali

Rammentiamo brevemente che sul punto dei BES sono intervenuti diversi interventi normativi di rango “secondario” (ovvero non legislativi), quali:

  • la Direttiva del 27/12/2012: ricorda che i BES comprendono vari deficit, spesso associati ad altri disturbi dell’età evolutiva e di minore gravità (non ascrivibili alle disabilità certificate), ma comunque aventi diritto a trovare ausilio nella scuola, che è il cardine fondamentale nel processo riabilitativo. I Consigli di Classe, in relazione a tali fenomeni, possono avviare un Piano Didattico Personalizzato o altre misure;
  • la circolare n. 8 del 6/03/2013: rafforza il ruolo del Consiglio di Classe e rammenta che, nei casi diversi dai DSA che non necessitino di certificazione, debbano essere comunque tutelati gli alunni con bisogni educativi speciali, e raccomanda ai Consigli di motivare adeguatamente sia l’adozione che la mancata adozione di provvedimenti, estendendo le competenze del Gruppo di Lavoro per l’Inclusione anche alla rilevazione e trattamento dei BES;
  • la circolare n. 2563 del 22/11/2013 (che richiama la precedente n. 1551 del 27/06/2013) individua casi di disturbo che non siano mere difficoltà di apprendimento ma nemmeno disabilità gravi, ribadisce l’autonomia dei Consigli sia in presenza di diagnosi senza diritto a certificazione, sia in mancanza di qualsivoglia attestazione, e riconosce in capo all’amministrazione scolastica la facoltà di individuare casi di BES, anche senza certificazione, adottando eventuali misure come percorsi di studio individualizzati.

La gestione dei BES secondo la giurisprudenza

Sull’argomento, è intervenuto in tempi recentissimi il TAR Campania, con la sentenza 1363/2016. La questione muoveva dal ricorso di due genitori, richiedenti l’annullamento della mancata promozione del figlio minore per l’illegittimità del mancato esercizio di “attività obbligatorie” per l’alunno portatore di bisogni educativi speciali, con contestuale richiesta di risarcimento danni morali (per la cifra evidentemente simbolica di 1 euro) e materiali (danno emergente per conseguente iscrizione a una scuola privata del minore con correlate spese).

Il ricorso tendeva a una riformulazione della motivazione della bocciatura, che non avrebbe tenuto conto delle «ragioni patologiche alla base dei comportamenti e dello scarso rendimento che hanno portato il minore alla non ammissione alla classe successiva».

Il TAR ricostruisce la questione evidenziando come i genitori del minore, che manifestava scarsi rendimento e disciplina, fossero stati invitati dalle insegnanti ad approfondire il problema da personale specializzato; gli stessi genitori, dopo aver prodotto certificazione di uno specialista privato attestante una particolare disfunzione, erano stati invitati dall’amministrazione scolastica a produrre certificazione pubblica. La ASL di riferimento aveva riscontrato problemi comportamentali e carenze attentive solo nel mese di maggio. Nonostante le segnalazioni apposite dei genitori e della ASL, il minore non fu ammesso all’anno successivo; i ricorrenti ritennero questo atteggiamento oppositivo e contestarono il non aver assunto alcun provvedimento in relazione alla prima certificazione prodotta dallo specialista privato.

L’occasione del ricorso consente al magistrato amministrativo di operare una attenta ricognizione della normativa sul punto esistente; dalla Costituzione, che impone di rendere effettivo il diritto allo studio ai vari atti normativi applicativi, quali la Legge 53/2003 e la Legge 170/2010, che ha consentito di affrontare la materia dei DSA.

Con atti di normazione interna, ovvero con le direttive e circolari sopra viste, l’ordinamento ha cercato di regolare poi i BES, specificati dalla Direttiva del 27/12/2012; la direttiva, premesso che il contesto della disabilità è estremamente variegato ed è da superare la dicotomia netta tra alunni con disabilità e senza, richiede alle istituzioni scolastiche di individuare i BES prescindendo da preclusive tipizzazioni e dalle certificazioni, arrivando a specificare che «ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta».

Secondo il TAR, gli atti di normazione interna consentono di inserire i BES in una situazione “variabile”, distinta dalle situazione di mera difficoltà di apprendimento; tale situazione può comportare l’adozione di un piano didattico personalizzato da parte del Consiglio di classe, in assenza di necessità di apposita certificazione pubblica o diagnosi specialistica; parimenti il Consiglio, dopo accurata valutazione, può negare l’attivazione di particolari misure anche se espressamente richieste.

Venendo al caso di specie, il TAR ricorda come alcune docenti fossero a conoscenza di una diagnosi, che il problema dell’alunno fosse stato segnalato poiché ritenuto critico e antisociale, e che la scuola fosse stata informata della certificazione pubblica, resa dalla ASL nel mese di maggio, che constatava evidenti difficoltà comportamentali e di apprendimento e consigliava percorsi di ausilio di insegnamento individualizzato.

A fronte di tali elementi, l’amministrazione scolastica, pur evidenziando numerosi problemi dell’alunno da verbale del consiglio di classe del primo quadrimestre, e indirizzando i genitori verso una consulenza specialistica, risulta in un certo modo impermeabile alle informazioni risultanti da diagnosi e certificazioni, e assume un atteggiamento non conforme agli atti normativi richiamati, in particolare per i seguenti motivi:

  • per aver richiesto una certificazione pubblica quando tale adempimento non è richiesto in caso di BES, potendo l’istituto agire con piani individuali anche in assenza di certificazione o diagnosi;
  • per non aver considerato poi il disturbo, potendo valutare anche negativamente l’implementazione dei piani motivando adeguatamente la valutazione negativa;
  • per aver tenuto un atteggiamento formalistico e non collaborativo con la famiglia, contrario allo spirito inclusivo e collaborativo degli atti richiamati.

Il giudizio, che si conclude con l’annullamento parziale del provvedimento per vizio di istruttoria e motivazione e contestuale non caducazione della parte dispositiva, ma obbligo di procedere ad integrare la motivazione, rigetta le richieste risarcitorie, per motivi che esulano dal nostro interesse.

Ciò che conta puntualizzare è che, ancora una volta, la magistratura sollecita l’attenzione delle amministrazioni pubbliche sulla inadeguatezza e la carenza istruttoria e motivazionale degli atti amministrativi.

La motivazione, come ricorda l’art. 3 della Legge 241/1990, è elemento essenziale dell’atto, che deve sussistere ed essere adeguata in ogni provvedimento amministrativo, sia positivo che, a maggior ragione, negativo. Come dimostra il caso di specie, spesso ciò che comporta annullamenti in sede giurisdizionale non è la decisione finale dell’amministrazione, ma l’inadeguatezza del percorso logico argomentativo che ha portato l’amministrazione a decidere in un senso piuttosto che in un altro. Il caso esaminato dal TAR Campania e la decisione finale sembrano in questo caso condivisibili.

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