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La legge 190/2012, che reca disposizioni per la prevenzione e repressione di corruzione e illegalità, ha introdotto, solo per i pubblici dipendenti, la figura del c.d. whistleblower (letteralmente, “soffiatore di fischietto”). La legge, recependo sul punto le prescrizioni di convenzioni internazionali e del Consiglio d’Europa, con l’art. 1 comma 51 introduceva l’art. 54 bis nel D.Lgs. 165/2001, che prevedeva, in sintesi:

  • che al di fuori dei casi di calunnia o diffamazione, «il pubblico dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia»;
  • il divieto generale di diffondere il nome del segnalante negli eventuali provvedimenti disciplinari;
  • la vigilanza del Dipartimento Funzione Pubblica su eventuali procedimenti disciplinari discriminatori;
  • la sottrazione delle segnalazioni dalla disciplina del diritto di accesso di cui alla Legge 241/1990.

La normativa, dalla portata fortemente innovativa per il sistema giuridico italiano, è stata integrata da interpretazioni istituzionali, tra cui le Linee Guida ANAC del 2015, pubblicate con determinazione n. 6/2015.

Recentemente, la disciplina ha subito una sostanziale riforma ad opera della Legge 30/11/2017, n. 179, recante “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”.

L’estensione della disciplina al settore privato, prima escluso dalla fattispecie, è certamente l’innovazione maggiormente degna di rilievo; per quanto riguarda il settore pubblico, che qui interessa, le disposizioni cruciali sono recate dall’art. 1 e dall’art. 3, che innovano profondamente l’art. 54-bis citato.

Cosa cambia per il dipendente pubblico che segnala illeciti

Come abbiamo visto, la disposizione antecedente prevedeva una disciplina abbastanza succinta del whistleblowing, comunque integrata dalle successive Linee Guida ANAC; la riforma invece articola maggiormente la disciplina, sui seguenti punti:

Fattispecie. In maniera più esplicita rispetto a prima, la normativa di riforma tratta del pubblico dipendente che segnala al proprio Responsabile Anticorruzione e Trasparenza, oppure all’ANAC, oall’autorità giudiziaria o contabile, condotte illecite, che non può essere «sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione. L’adozione di misure ritenute ritorsive, di cui al primo periodo, nei confronti del segnalante è comunicata in ogni caso all’ANAC dall’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. L’ANAC informa il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri o gli altri organismi di garanzia o di disciplina per le attività e gli eventualiprovvedimenti di competenza».

La normativa di riforma, sempre tutelando la figura di chi denuncia episodi di malagestio (intendendo le condotte illecite in senso ampio) e mettendolo al riparo da eventuali effetti negativi della propria condizione lavorativa, amplia la platea dei destinatari della denuncia; si ricomprende l’ANAC ma si esclude il proprio superiore gerarchico, finalizzando, come aggiunta rispetto a prima, la denuncia all’interesse dell’integrità dell’amministrazione.

La riforma, inoltre, prevede la possibilità di comunicare eventuali misure ritorsive all’ANAC, che informa il Dipartimento Funzione Pubblica o gli altri organismi di garanzia o disciplina (si suppone, interni), per le attività e gli eventuali provvedimenti di competenza.

Notiamo che il termine “eventuali” sembra porre un limite alle attività del Dipartimento, che potrebbe non essere obbligato ad agire in caso di misure ritorsive nei confronti del segnalante.

Categoria del dipendente pubblico segnalante. Anzitutto, viene definita con precisione la figura del denunciante, che a norma del comma 2 ricomprende non solo il dipendente pubblico canonicamente inteso, ovvero il lavoratore «delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, ivi compreso il dipendente di cui all’articolo 3», ma anche i dipendenti di enti pubblici economici (comunque dipendenti pubblici), e soprattutto quelli di diritto privato sottoposti a controllo pubblico ai sensi dell’art. 2359 del codice civile, oppure i lavoratori/collaboratori di imprese che forniscono beni o servizi o realizzano opere per la P.A.

La fattispecie quindi viene estesa all’ampio spettro di tutti coloro entrino in contatto con l’Amministrazione Pubblica, ma in realtà opera un’estensione forse pleonastica, poiché la legge ricomprende anche il settore privato.

Misure di protezione del segnalante. Come già previsto in precedenza, viene disposto che il divieto di rivelare l’identità del segnalante; tale misura può rivelarsi fallace nelle amministrazioni laddove sia agevole, se non certa, la possibilità di risalire al soggetto a conoscenza del fatto.

Viene specificato che in sede penale l’identità è coperta da segreto, e in sede contabile fino alla chiusura della fase istruttoria; qualora si attivi un procedimento disciplinare, l’identità sarà celata se la contestazione si fonda su elementi ulteriori e distinti, altrimenti, se indispensabile per la difesa dell’incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile, ai fini del procedimento disciplinare, solo con il consenso del segnalante a rivelare la sua identità. Come già previsto segnalazione è sottratta al diritto di accesso.

Misure integrative ANAC. Già la riforma in esame prevedeva che intervenissero apposite (quindi nuove) Linee Guida ANAC per disciplinare modalità di segnalazione “protette”. Ebbene, con un comunicato dell’8/02/2018, l’ANAC ha annunciato l’attivazione della applicazione informatica “Whistleblowing”; il sistema permetterà al singolo dipendente di fruire di un codice identificativo univoco per segnalare ad ANAC in modo anonimo, consentendo anche di utilizzare la rete “TOR” (sottorete di internet dedicata alla navigazione in forma anonima, ndr), quale ulteriore garanzia di anonimato.

Misure di protezione e conseguenze per condotta contro il segnalante. La legge di riforma prevede l’adozione di particolareggiate sanzioni (tra 5.000 e 50.000 euro, a seconda dei casi) da parte di ANAC, a carico di chi contravvenga alle cautele nei confronti del segnalante (con misure discriminatorie, assenza di procedure per la gestione delle segnalazioni, mancato svolgimento di verifica e analisi nei confronti delle stesse), restando a carico dell’amministrazione dimostrare che le eventuali misure adottate nei confronti del dipendente non dipendono dalla segnalazione.

È garantita, in caso di licenziamento che abbia causa nella segnalazione, la reintegrazione sul posto di lavoro, ma resta fermo che le tutele non operano qualora siano accertate ipotesi di reato come la calunnia, la diffamazione, o comunque la responsabilità con dolo o colpa grave.

Casi coperti da segreto di ufficio. Con l’art. 3 viene integrata la disciplina del segreto di ufficio, aziendale, professionale e industriale, e previsto che in quest’ambito la rivelazione di notizie è giustificata dalle segnalazioni o denunce nell’interesse dell’integrità delle amministrazioni, a meno che l’obbligo di segreto riguardi chi è legato da un rapporto di consulenza e/o assistenza con l’amministrazione.

Le modalità di segnalazione debbono essere, in caso di coinvolgimento di ipotesi di segreto, più attente e non eccedenti le finalità e i canali regolati dalla disciplina.

Monitoraggio sull’applicazione del whistleblowing

Come visto, la riforma assegna un ruolo preponderante e decisivo all’ANAC, rimanendo quasi svuotate di disciplina le altre ipotesi di segnalazione, pur previste. L’ANAC cura un monitoraggio annuale sull’applicazione del whistleblowing; il secondo monitoraggio, disponibile qui, e pubblicato qualche mese fa, rileva, tra le tante interessanti informazioni e notizie, una certa difficoltà nell’utilizzo delle segnalazioni da parte dei dipendenti pubblici, e un ricorso non raro, viceversa, all’istituto per casi non rientranti nella fattispecie.

Sarà interessante verificare, tra qualche tempo, se l’introduzione della nuova disciplina avrà recato maggiore stimolo all’esatta percezione e al maggior utilizzo dello strumento da parte dei dipendenti pubblici e privati.

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