Sinergie di Scuola

I controlli sulle dichiarazioni sostitutive di certificazione sono materia consueta per le Istituzioni scolastiche, specie in sede di stipulazione di contratti a tempo determinato, procedura che, come noto, solo in parte riguarda l’inizio dell’anno scolastico.

Da ultimo, l’O.M. n. 60 del 10/07/2020 (Procedure di istituzione delle graduatorie provinciali e di istituto di cui all’art. 4, commi 6-bis e 6-ter della Legge 3/05/1999, n. 124 e di conferimento delle relative supplenze per il personale docente ed educativo) rammenta più volte che le dichiarazioni rese con procedure informatizzate, finalizzate alle graduatorie provinciali per le supplenze, soggiacciono all’ordinario regime delle autocertificazioni, regolato dal D.P.R. 445/2000, e che spetta all’Istituzione scolastica ove l’aspirante stipula il primo contratto di lavoro il controllo tempestivo sulle dichiarazioni rese (art. 8, comma 7).

L’obbligo di controllo è stato ribadito dalla nota M.I. n. 1588 dell’11/09/2020, che ricorda che spetta al Dirigente scolastico effettuare i controlli, comunicare l’esito degli stessi all’Ufficio di Ambito e all’interessato per le determinazioni conseguenti, e valutare, infine, e assumere le determinazioni ai fini dell’eventuale responsabilità penale di cui all’art. 76 del D.P.R. 445/2000.

Tempestività dei controlli

I controlli, da disciplina generale e come ribadito dall’O.M. 60/2020 richiamata, debbono essere tempestivi; la prescrizione impone che gli stessi siano attivati nell’immediatezza della stipula del primo contratto di lavoro, con l’avvio delle richieste nei confronti delle amministrazioni certificanti.

In tal proposito, se può rammentarsi il termine generale di 30 giorni per la conclusione del procedimento, va ricordata l’ulteriore prescrizione a carico delle amministrazioni; l’art. 72 del D.P.R. 445/2000, in tema di “Responsabilità in materia di accertamento d’ufficio e di esecuzione dei controlli” e di rapporti tra amministrazioni certificanti, prescrive al comma 3 che «La mancata risposta alle richieste di controllo entro trenta giorni costituisce violazione dei doveri d’ufficio e viene in ogni caso presa in considerazione ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei responsabili dell’omissione».

Se quindi sussistono specifiche responsabilità, con relative conseguenze, per le amministrazioni certificanti in sede di controllo delle dichiarazioni sostitutive, ciò opera su un piano diverso rispetto agli adempimenti e conseguenze nei confronti di chi è responsabile delle proprie dichiarazioni.

Il termine di 30 giorni generale per la conclusione dei procedimenti amministrativi e quello più specifico imposto dall’art. 72 non possono consolidare, ove sia decorso, le posizioni assunte sulla base di dichiarazioni false.

Riguardo alle conseguenze delle dichiarazioni mendaci, invece, si deve ricordare che:

  • a norma dell’art. 75, comma 1 del D.P.R. 445/2000, la non veridicità della dichiarazione comporta la decadenza dai benefici conseguiti;
  • a norma dell’art. 76, comma 1 del D.P.R. 445/2000, chi rilascia dichiarazioni mendaci è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia (sanzioni aumentate nel corso degli anni) e, nel caso le dichiarazioni siano dirette ad ottenere pubblici uffici, il giudice può disporre anche l’interdizione temporanea (comma 4);
  • a norma dell’art. 55-quater, comma 1, lett. d del D.Lgs. 165/2001, è comunque previsto il licenziamento disciplinare per la falsità documentale dichiarata nell’instaurazione del rapporto di lavoro.

Rimane comunque in capo al Dirigente scolastico effettuare le opportune distinzioni tra dichiarazioni false (es. titolo non posseduto) o erronee (es. titolo posseduto ma non valido ai fini della selezione), e di operare le conseguenti valutazioni, che non incidono sulle eventuali determinazioni della Procura eventualmente investita dei casi di specie.

Dichiarazioni false o errate

La valutazione sulle eventuali mendacità spetta, come detto, alle Istituzioni scolastiche, e il discrimine tra falsità ed erroneità della dichiarazione può non essere in certi casi agevole.

Se una dichiarazione falsa, infatti, è quella che travisa la realtà oggettivamente verificabile (es. affermare di detenere un titolo mai conseguito), lo stesso non può dirsi per una dichiarazione che implica una analisi, una valutazione di un dato (es. autocertificare un titolo che si reputa, per errore, conforme a quello richiesto). La seconda ipotesi è ancora più giustificabile in caso di normative incerte o dubbie, tanto che una famosissima sentenza della Corte Costituzionale (n. 364/1988), valevole per la legge penale ma estensibile in ogni ambito, in proposito della massima per cui “ignorantia legis non excusat” (ignorare la legge non esime dalla responsabilità), introdusse il concetto di ignoranza inevitabile, che si può verificare anche in caso di incertezza normativa (eccessivo numero di leggi, difficile interpretazione o reperibilità).

Per inciso, nella legislazione dell’emergenza degli ultimi mesi, la continua e complessa produzione normativa e l’intersecarsi di norme di varia natura e origine, fino all’alterazione di fatto della gerarchia delle fonti, rende la fattispecie dell’ignoranza scusabile o inevitabile molto più verificabile rispetto al passato.

La falsità ideologica si verifica, inoltre, solo in presenza di dolo (intenzionalità), e non di colpa (negligenza, leggerezza, superficialità).

Falsa dichiarazione su titoli di merito

Sul caso di dichiarazioni di titoli di merito, che determinano punteggio ma non costituiscono requisiti di accesso alla selezione, è intervenuta la giurisprudenza; il TAR Lazio, con pronuncia n. 11389/2018, ha richiamato sul punto il parere del Consiglio di Stato, n. 5762/2012, per cui la conseguenza di mendacità in titoli che hanno effetto sulla determinazione di punteggio ma non sulla partecipazione, può avere rilievo solo sui primi (ovvero sui punteggi). Nel caso di specie, il TAR Lazio, verificata la buona fede della dichiarante (si trattava, per inciso, di dichiarazione sulla patente E.C.D.L.), stabilì la correttezza del riposizionamento in graduatoria ma non l’esclusione dalla procedura.

Sul tema, inoltre, non può non rammentarsi il principio di diritto statuito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 18699 dell’11/07/2019, per cui «il determinarsi di falsi documentali (art. 127, lett. d del D.P.R. 3/1957) o di dichiarazioni non veritiere (art. 75 del D.P.R. 445/2000) in occasione dell’accesso al pubblico impiego è causa di decadenza, per conseguente nullità del contratto, allorquando tali infedeltà comportino la carenza di un requisito che avrebbe in ogni caso impedito l’instaurazione del rapporto di lavoro con la PA».

Sul punto, esiste ulteriore giurisprudenza, anche recente, maggiormente favorevole al dichiarante, nel senso sopra visto; tale orientamento, basato sul riconoscimento della buona fede di chi autocertifica, si presume si consolidi ulteriormente per il futuro, per le motivazioni legate alla legislazione emergenziale sopra descritte.

Si ritiene anzi che la complessità della normativa emergenziale, come da fonti autorevoli già paventato, possa determinare nel prossimo futuro una produzione giurisprudenziale di sicuro rilievo sulla questione delle responsabilità dei cittadini a fronte della complessità della normativa, in ogni campo.

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