Sinergie di Scuola

La responsabilità del personale educativo in ordine ai danni occorsi agli alunni che siano sottoposti alla loro vigilanza, trae origine fondamentalmente da due disposizioni normative:

  • art. 2048 c.c., comma 2, a norma del quale i «precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza»;
  • art. 61 Legge n. 312/1980, comma 1 per cui «La responsabilità patrimoniale di personale direttivo, docente, educativo e non docente della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato e delle istituzioni educative statali per danni arrecati direttamente all’Amministrazione in connessione a comportamenti degli alunni è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave nell’esercizio della vigilanza sugli alunni stessi».

Le disposizioni, variamente richiamate dai Contratti Collettivi e dal T.U. 297/1994, sono state integrate negli anni da una vasta giurisprudenza, considerata l’importanza del tema e, soprattutto, l’ampia e ricorrente casistica produttiva di ricorsi e di richieste di risarcimento.

La Corte di Cassazione ha, in generale, più volte chiarito la natura della responsabilità del Ministero e delle istituzioni scolastiche, anche private, che dipende anche dalla natura della domanda di risarcimento, ovvero la responsabilità è:

  • contrattuale qualora la domanda sia mirata all’inadempimento dell’obbligo di vigilanza;
  • extracontrattuale qualora sia connessa alla generale violazione dell’obbligo di neminem laedere (es. Corte di Cassazione n. 3680/2011), individuando così un duplice titolo di responsabilità.

Indubbio è comunque, come principio più volte ribadito dalla giurisprudenza, che l’iscrizione alla scuola dell’alunno determini la nascita di un vincolo negoziale (definito da “contatto sociale”) da cui discende l’obbligo della vigilanza, che comporta non solo l’adozione degli accorgimenti “materiali” necessari in termini dsicurezza di strumenti e strutture, ma anche un onere non indifferente del corpo insegnante e scolastico in generale, che assume vesti gravose sia, appunto per la vastità dei casi che si possono verificare, sia per la particolare attitudine al danno della platea degli studenti.

È interessante quindi approfondire i casi in cui concretamente venga riconosciuta, in capo al personale scolastico, la responsabilità di essere coinvolti nel risarcimento, ricorrendo gli specifici elementi della responsabilità erariale.

Il percorso logico argomentativo di una recente sentenza della Corte dei Conti può aiutare in tale proposito, e alleggerire le preoccupazioni in particolare del corpo insegnante.

Dolo e colpa grave in caso di infortunio degli alunni

Con la sentenza n. 65/2018, la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, si è pronunciata su un giudizio di responsabilità promosso dalla Procura nei confronti di due insegnanti; il giudizio prendeva le mosse da una precedente condanna del MIUR, obbligato dal Tribunale a risarcire il danno occorso a uno studente.

Nel caso specifico, lo studente, durante la ricreazione, era caduto dal davanzale di una finestra, in occasione di uno scontro fortuito con un compagno, in assenza delle insegnanti, e per la Procura tale evento avrebbe causato un esborso a titolo risarcitorio a carico dell’Amministrazione; esborso ritenuto non giustificato e ascrivibile ad un comportamento gravemente colposo delle docenti.

La Corte dei Conti ricusa tale ricostruzione, e giunge ad assolvere le due insegnanti, disegnando con precisione confini della colpa grave e del dolo, come noto elementi soggettivi necessari per il riconoscimento della responsabilità

La Corte, premesso e ribadito l’importante principio di separazione e autonomia tra giudizio civile (riconoscimento della pretesa risarcitoria) e giudizio contabile (verifica della responsabilità erariale del dipendente pubblico), esclude la sussistenza di responsabilità finanziaria in capo alle docenti.

Questo snodo aiuta a comprendere i primi confini della responsabilità del personale scolastico, e in generale del dipendente pubblico; i profili risarcitori dibattuti in sede civile infatti possono comportare un obbligo risarcitorio a carico dell’amministrazioni, ma le responsabilità, e quindi gli obblighi di rifusione economica, a carico dei dipendenti sono cosa diversa, e implicano autonome valutazioni da esperirsi in sede contabile. Nel caso di specie, alla condanna in sede civile del MIUR è seguita la necessaria valutazione delle due dipendenti coinvolte nell’evento, in sede di giudizio della Corte dei Conti.

Per il giudice contabile la condotta tenuta non sarebbe connotata da colpa grave, intesa come “scriteriatezza” e massima negligenza nell’esercizio del proprio ruolo; per connotarsi colpa grave infatti debbono sussistere elementi di «grave disinteresse nell’espletamento delle proprie funzioni, di negligenza massima, di deviazione [...]senza il rispetto delle comuni regole di comportamento e senza l’osservanza di un minimo grado di diligenza», che non sono emersi nel caso in questione, quindi «la qualificazione della gravità della colpa rinvia ad un giudizio di valore che deve essere compiuto mediante il raffronto tra la condotta esigibile e quella osservata dal soggetto agente la limitazione delle responsabilità amministrative alle ipotesi di dolo o colpa».

Degna di nota è l’affermazione per cui la diligenza richiesta al pubblico dipendente consentirebbe un giudizio di valore più elastico, considerato che le note disfunzioni dell’apparato amministrativo consentono di valutare la diligenza richiesta con minore rigore, e che occorre evitare che il timore di commettere errori scoraggi il dipendente da un sereno svolgimento delle proprie mansioni.

Nel caso di specie, la Corte riconosce che i fatti si sono svolti repentinamente e improvvisamente in un contesto di normalità, causando esiti imprevedibili e inevitabili.

Testualmente, e citando peraltro giurisprudenza consolidata, la Corte afferma che «l’omissione di vigilanza da parte del docente non è ravvisabile nell’ipotesi di infortunio occorso ad un alunno in maniera repentina ed imprevedibile» e che «è esente da responsabilità l’insegnante, al quale non può essere addebitata culpa in vigilando, per l’infortunio subito da un alunno a causa del repentino ed imprevedibile comportamento di altro scolaro, la cui azione rende vano qualsiasi intervento. A tali costanti decisioni si aggiungono concordi e risolutive affermazioni in ordine ai criteri di valutazione del grado di colpa del personale scolastico nell’esercizio dell’attività di vigilanza degli alunni».

Riflessioni

Come ricostruito, emerge un quadro di sostanziale, possiamo dire, “comprensione” nei confronti del ruolo e delle difficoltà del personale educativo nell’esercizio del difficile compito non solo educativo, ma di vigilanza in senso stretto, che viene valutato, come nel caso di specie, alla luce delle difficoltà “aggravate” dei dipendenti pubblici in generale (questo riconoscimento sembra, a memoria di chi scrive, una novità importante nella giurisprudenza di settore) e della peculiarità della funzione educativa in particolare.

Tale interpretazione può confortare soprattutto ripensando a quelle sentenze, come la famosa pronuncia della Cassazione n. 21593/2017 (che ha dato luogo alle seguenti note modifiche normative) che rammentava che gli studenti sono sottoposti alla responsabilità della scuola finché non siano “presi in consegna” da altri soggetti che esercitano legittima vigilanza.

Ancora, più recentemente, la stessa Cassazione, con ordinanza 2334/2018, a proposito delle lesioni riportate da una studentessa maggiorenne di un liceo, ha ritenuto che l’obbligo di vigilanza continua a permanere i capo agli organi scolastici anche nei confronti degli studenti ultradiciottenni, perché le disposizioni in materia prescindono dal requisito dell’età.

L’interpretazione, peraltro consolidata, della Corte dei Conti non solleva certamente dalla massima attenzione che si deve prestare nella vigilanza degli alunni, ma consente di ripensare alle funzioni di vigilanza in modo meno allarmistico.

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