I diritti connessi all’assistenza dei disabili sono variamente normati dal legislatore, che prevede diverse possibilità, per i lavoratori onerati da obblighi di assistenza, connesse ad altrettanti benefici.

Come noto, oltre ai benefici dei permessi mensili e dei diritti connessi al trasferimento/avvicinamento di sede per chi assiste familiari disabili in condizioni di gravità, l’art. 42, comma 5 del D.Lgs. 151/2001 prevede l’istituto del congedo straordinario, circoscritto a requisiti più rigorosi.

Cos’è il congedo straordinario

Tale congedo:

Il requisito della convivenza

La convivenza, come prescritto dalla legge in materia e sopra riportato, è requisito essenziale per la fruizione del congedo.

La Corte Costituzionale, con la sentenza 232/2018, dopo ampia disamina sul diritto del disabile a ricevere assistenza nell’ambito della sua comunità di vita, diritto che «inscindibilmente connesso con il diritto alla salute e a una integrazione effettiva, rappresenta il fulcro delle tutele apprestate dal legislatore e finalizzate a rimuovere gli ostacoli suscettibili di impedire il pieno sviluppo della persona umana», ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5 del D.Lgs. 151/2001 «nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni stabilite dalla legge, il figlio che, al momento della presentazione della richiesta del congedo, ancora non conviva con il genitore in situazione di disabilità grave, ma che tale convivenza successivamente instauri, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, del padre e della madre, anche adottivi, dei figli conviventi, dei fratelli e delle sorelle conviventi, dei parenti o affini entro il terzo grado conviventi, legittimati a richiedere il beneficio in via prioritaria secondo l’ordine determinato dalla legge».

È quindi possibile, per l’interpretazione della Corte, presentare domanda per la fruizione del congedo e perfezionare successivamente, si presume alla decorrenza iniziale del congedo stesso, il requisito della convivenza.

Le attività consentite durante il periodo di congedo

Il congedo biennale si differenzia dai permessi per assistenza ai disabili per numerosi elementi formali (primi fra tutti la disciplina di riferimento e i requisiti per la fruizione). Di conseguenza, anche le possibilità di svolgere ulteriori attività, proprio perché il congedo si utilizza per periodi ben più lunghi, sono diverse e più “elastiche”.

La normativa sul punto, per la vasta eterogeneità del contesto di riferimento, non reca indicazioni sulle attività consentite; le possibilità quindi si evincono dalle pronunce giurisprudenziali, fermo restando il canone del buon senso che si auspica guidi il comportamento dei singoli.

Una interessante sentenza della Corte dei Conti, sezione giurisdizionale della Lombardia, n. 261/2021, interviene sia sul punto delle attività consentite durante il periodo di congedo che sul requisito della convivenza.

In ordine al primo, la Corte afferma che «in generale può affermarsi che nell’ambito di un rapporto di pubblico impiego, il concetto di assistenza a persona disabile con handicap grave, sia nell’ambito dell’istituto previsto dalla Legge104/1992, sia in quello di cui al D.Lgs. 151/2001, ai fini della concessione al dipendente pubblico dei relativi permessi non va inteso come vicinanza continuativa ed ininterrotta alla persona disabile, atteso che la cura di un congiunto affetto da menomazioni psico-fisiche, non in grado di provvedere alle esigenze fondamentali di vita, spesso richiede interventi diversificati, non implicanti la vicinanza continuativa allo stesso, a che venga assicurata una condizione causale tra assenza dal lavoro e cura del soggetto bisognoso. Questo principio risulta pacifico nella giurisprudenza ordinaria, amministrativa e contabile [...]».

Nel caso di specie, sulla base della documentazione dalla dipendente prodotta «in merito all’espletamento di attività di gestione, nei giorni oggetto di contestazione, di un immobile del padre [...] e avuto riguardo al fatto che tale attività rientra nel concetto lato di assistenza, come inquadrato dalla giurisprudenza [...] secondo cui l’assistenza al disabile può essere prestata con modalità e forme diverse, anche attraverso lo svolgimento di incombenze amministrative, pratiche o di qualsiasi genere, purché nell’interesse del familiare assistito», la Corte ha ritenuto non illecita la gestione di attività al di fuori della residenza per curare, appunto, gli interessi del disabile.

Diverso il caso, per la giurisprudenza, della fruizione del congedo per attività ricreative e vacanze.

La Corte di Cassazione, con sentenza 19580/2019, e richiamando proprio la pronuncia della Corte Costituzionale n. 232/2018, intervenne in proposito di un dipendente che, in costanza di congedo straordinario, aveva fruito di alcuni giorni di vacanza, peraltro in luogo molto distante dalla residenza del disabile da assistere.

Ribadendo, sulla stregua dell’interpretazione della Consulta, che il congedo straordinario si realizza in un intervento assistenziale «permanente, continuativo e globale», la Cassazione in questo caso è giunta a rinviare gli atti alla Corte territoriale, che una interpretazione estensiva aveva pronunciato, ammettendo la fruizione, insieme al congedo, di attività confacenti ai propri spazi di vita, ma sottolineando che debbono essere «complessivamente salvaguardati i connotati essenziali di un intervento assistenziale che deve avere carattere permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e di relazione del disabile».

Per la Corte, nel caso di specie (e il principio può essere esteso a casi assimilabili) va definito «se l’allontanamento dal disabile, per un lasso temporale significativo, al fine di soggiornare a centinaia di chilometri di distanza, abbia comunque preservato le finalità primarie e prevalenti dell’intervento assistenziale che deve avere carattere permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e di relazione del disabile».

Requisito della convivenza e coabitazione

Per la medesima sentenza della Corte dei Conti Lombardia sopra richiamata, in relazione poi al requisito della convivenza, e all’impianto accusatorio relativo al fatto che «la convenuta risiedesse soltanto formalmente presso l’abitazione del padre disabile [...] ma dimorasse abitualmente insieme al marito» (in altro luogo) «e che pertanto non sarebbe stato rispettato l’obbligo della convivenza previsto in particolare per i congedi ex art. 41, D.Lgs. 151/2001», si è osservato che se è vero, come normativamente previsto, che il presupposto per la concessione del beneficio risulta essere la convivenza, è comunque da richiamare che l’interpretazione giurisprudenziale del dato normativo si è consolidato nell’ammettere un concetto di “convivenza” non sempre coincidente con quello di “coabitazione”, risultando necessario esclusivamente che venga assicurata in favore del genitore disabile un’assistenza abituale e costante.

Rimane fermo che la concessione del periodo di congedo non può prescindere, a parere di chi scrive, dalla disamina rigorosa dei requisiti richiesti dalla legge, quali esistenti e dimostrati al momento della domanda.

Leggi altri contenuti su:

© 2024 HomoFaber Edizioni Srl - Tutti i diritti riservati. Sono vietate la copia e la riproduzione senza autorizzazione scritta. Sono ammesse brevi citazioni ed estratti indicando espressamente la fonte (Sinergie di Scuola) e il link alla home page del sito.