Negli ultimi mesi l’emergenza epidemiologica, ancora in atto, ha fatto emergere l’utilizzo generalizzato di un istituto già operante da anni per ambiti molto più circoscritti, ovvero le dichiarazioni sostitutive.

Per settimane, le limitate possibilità di spostamento degli italiani sono state condizionate da moduli obbligatori che, richiamando proprio gli artt. 46 e 47 del D.P.R. 445/2000, ovvero le norme sulle dichiarazioni sostitutive, venivano di volta in volta pubblicati sul sito del Ministero dell’Interno in relazione ai cambiamenti che i vari decreti (decreti legge e decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri) disponevano.

Abbiamo assistito ad una interpretazione estremamente elastica dello strumento, che talora, come si evinceva dai moduli via via pubblicati e non da precise disposizioni di legge, è stato utilizzato per ricomprendere fattispecie non ancorate alla normativa in questione (come attestazioni di fatti non verificabili quali alcune ragioni degli spostamenti).

Fortunatamente, tale fase è al momento superata e non è utile disquisire sull’opportunità e la piena aderenza giuridica della fattispecie per come è stata utilizzata.

È utile tuttavia, in un momento di ricostruzione anche normativa del Paese, rammentare i confini e il contenuto delle dichiarazioni sostitutive.

Autocertificazioni e dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà

La quasi totalità dei moduli predisposti dalle amministrazioni pubbliche contiene dichiarazioni sostitutive, di certificazione e dell’atto di notorietà, oppure consiste nelle stesse.

Si ravvisa con notevole frequenza, nonostante la frequentissima applicazione degli istituti, la confusione tra le due fattispecie, che invece necessitano delle opportune distinzioni per non incorrere in atti falsati dai presupposti, e comunque in violazione di legge.

La materia è regolata, come noto, dal D.P.R. 445/2000.

Il testo prevede la figura delle dichiarazioni sostitutive, che hanno lo stesso valore degli atti che sostituiscono, anche temporale, e disciplina:

Limiti alle dichiarazioni sostitutive

Sussistono delle limitazioni alla possibilità di autodichiarare: le limitazioni espresse sono contenute nell’art. 49 del D.P.R. 445/2000, che dispone: «I certificati medici, sanitari, veterinari, di origine, di conformità CE, di marchi o brevetti non possono essere sostituiti da altro documento, salvo diverse disposizioni della normativa di settore».

Si ritiene inoltre che siano attestabili solo documenti o stati, fatti, qualità, verificabili dalla PA; oltre che da interpretazioni giurisprudenziali, ciò si evince dallo stesso D.P.R. 445/2000, precisamente da quanto disposto dall’art. 43, per cui le amministrazioni pubbliche sono tenute ad acquisire d’ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di cui agli artt. 46 e 47 (l’acquisizione d’ufficio sarebbe impossibile per atti non verificabili).

Controlli

Rammentiamo che il D.L. 34/2020, al momento da convertire in legge, ha innovato la materia dei controlli previsti dal’art. 71, il cui comma 1 oggi recita:

1. Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione in misura proporzionale al rischio e all’entità del beneficio, e nei casi di ragionevole dubbio, sulla veridicità delle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47, anche successivamente all’erogazione dei benefici, comunque denominati, per i quali sono rese le dichiarazioni.

Ricordiamo prima di tutto quanto disposto dall’art. 71 del D.P.R. 445/2000, per cui le amministrazioni sono obbligate a effettuare i controlli sulle autocertificazioni e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà; tali controlli debbono essere effettuati anche a campione (sembra quindi ammessa la possibilità di procedere a controlli sempre, e come misura minima a seguito di campionatura) e comunque sempre ove sorgano sospetti fondati sulla veridicità.

I controlli avvengono tramite acquisizione diretta (in caso siano indicati dall’interessato gli elementi essenziali), oppure chiedendo all’amministrazione interessata conferma scritta della veridicità di quanto dichiarato.

L’oggetto dei controlli, ovvero la verificabilità di quanto dichiarato, rafforza l’assunto per cui si possano autodichiarare solo fatti certi, passati e accertabili d’ufficio.

La dichiarazione obbligatoria per gli esami del secondo ciclo

Ha fatto discutere ultimamente la previsione contenuta nel documento tecnico allegato all’ordinanza sugli esami del secondo ciclo di istruzione, che come noto si svolgeranno in presenza; tra le misure organizzative, nel documento è previsto:

Ciascun componente della commissione convocato per l’espletamento delle procedure per l’esame di stato dovrà dichiarare:
- l’assenza di sintomatologia respiratoria o di febbre superiore a 37.5 °C nel giorno di avvio delle procedure d’esame e nei tre giorni precedenti;
- di non essere stato in quarantena o isolamento domiciliare negli ultimi 14 giorni;
- di non essere stato a contatto con persone positive, per quanto di loro conoscenza, negli ultimi 14 giorni.

Nonostante qualche polemica anche aspra sul fatto che le dichiarazioni sarebbero autocertificazioni, comporterebbero rischi penali o violazioni della privacy, dobbiamo notare come, a nostro avviso, ci si muova in questo caso in un terreno ben più congruente con la normativa rispetto alle autocertificazioni dei tempi del lockdown.

Anzitutto, le prescrizioni del documento trovano fondamento in precise disposizioni normative assunte in periodo di emergenza sanitaria, quali, da ultimo:

Conformemente, misure analoghe, specie con riferimento alle precauzioni relative alla temperatura, sono previste nei protocolli di sicurezza di molte aziende.

Se tali previsioni sembrano superare quindi rilievi relativi alla privacy, parimenti non ci sembrano condivisibili gli allarmi relativi alle conseguenze da autocertificazioni false.

A prescindere dalla preoccupazione di chi dichiara dolosamente il falso, che certamente non interessano la polemica in corso, le autodichiarazioni del documento non sembrano autocertificazioni; non sono basate espressamente sul D.P.R. 445/2000, infatti (come viceversa i moduli del periodo del lockdown), riguardano dati sanitari (non autocertificabili) e non consentono teoricamente adeguati controlli per la veridicità del loro contenuto integrale.

A nostro avviso, le dichiarazioni di cui al protocollo sono delle assunzioni di responsabilità autonome, connesse allo stato emergenziale, basate su disposizioni di legge e idonee a sopperire le difficoltà operative delle singole scuole alle prese con l’emergenza e gli esami in presenza (quali l’impossibilità, ad esempio, di misurare a tutti la temperatura). La formulazione peraltro tiene conto della oggettiva capacità di conoscenza del dichiarante, prevedendo, ad esempio, la sola conoscenza del fatto di essere stati a contatto con persone positive (fatto che potrebbe, ovviamente, non essere conosciuto).

In conclusione, riteniamo necessario riscoprire e riapplicare con scrupolo e aderenza normativa le disposizioni sulle dichiarazioni sostitutive, nei casi, tuttavia, di applicabilità delle stesse.

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