Sinergie di Scuola

Il tema delle assenze per malattia, della loro esatta imputazione, del corretto calcolo del periodo di comporto, delle precise decurtazioni da operare e di altri aspetti ancora, interessa moltissimo le amministrazioni pubbliche e le scuole per la varietà delle fattispecie, delle normative applicabili e le diverse interpretazioni.

Proprio recentemente, la Corte dei Conti si è pronunciata a proposito della c.d. “malattia frazionata”, ovvero della possibilità di fruire degli “ulteriori” 18 mesi di assenza (successivi ai primi) in maniera non continuativa.

È il caso di trattare questo argomento perché la Corte interviene, nel caso di specie, direttamente nei confronti dell’atto di un singolo Dirigente scolastico, e lo fa mutando indirizzo rispetto ai precedenti.

La norma

La disposizione di riferimento relativamente alle assenze per malattia e al “limite massimo” da osservare per i lavoratori della scuola è l’art. 17 CCNL Scuola vigente; riportiamo i primi tre commi, di nostro interesse:

1. Il dipendente assente per malattia ha diritto alla conservazione del posto per un periodo di diciotto mesi. Ai fini della maturazione del predetto periodo, si sommano, alle assenze dovute all’ultimo episodio morboso, le assenze per malattia verificatesi nel triennio precedente.
2. Superato il periodo previsto dal comma 1, al lavoratore che ne faccia richiesta è concesso di assentarsi per un ulteriore periodo di 18 mesi in casi particolarmente gravi, senza diritto ad alcun trattamento retributivo.
3. Prima di concedere su richiesta del dipendente l’ulteriore periodo di assenza di cui al comma 2 l’amministrazione procede all’accertamento delle sue condizioni di salute, per il tramite del competente organo sanitario ai sensi delle vigenti disposizioni, al fine di stabilire la sussistenza di eventuali cause di assoluta e permanente inidoneità fisica a svolgere qualsiasi proficuo lavoro.

Il fatto e la pronuncia

La Corte dei Conti, sezione di controllo per il Piemonte, con la pronuncia n. 32 del marzo 2016, interviene su un decreto con cui un Dirigente scolastico aveva collocato (con riconoscimento dell’intera retribuzione) una docente in assenza per inidoneità fisica per un periodo limitato inferiore ad un mese, su richiesta della Ragioneria Territoriale che aveva, sull’atto, formulato dei rilievi (rifiutando il visto); i rilievi vertevano appunto sulla possibilità, per l’assenza di malattia successiva ai primi 18 mesi, di godere del diritto in maniera frazionata e non continuativa. La Dirigente rispondeva ai rilievi ritenendo, principalmente, la situazione di alternanza tra periodi di criticità e periodi di miglioramento dello stato di salute il motivo fondamentale per tale tipo di concessione.

La Corte, pronunciatasi sul punto, offre un punto vista interpretativo di notevole interesse.

Anzitutto, il giudice contabile rammenta, a norma della disposizione richiamata, come gli ulteriori 18 mesi (successivi ai primi) di assenza per malattia, ipotesi ricorrente nel caso di specie, possano essere concessi dall’amministrazione solo dopo aver accertato la «non assoluta e permanente inidoneità»; questo perché, in caso contrario, l’amministrazione sarebbe obbligata a risolvere il rapporto di lavoro.

Per inciso, nel caso di specie la dipendente aveva alternato numerosi episodi di assenza, imputandoli a malattia a volte “ordinaria”, a volte per causa di servizio (che, a norma dell’art. 20 CCNL, dà invece luogo all’intera retribuzione per tutto il periodo di conservazione del posto).


La Corte, dopo aver risolto in senso positivo il problema di una pronuncia della Commissione Medica di Verifica emessa anteriormente alla domanda di fruizione del periodo di malattia (in modo da legittimare nel merito la concessione degli ulteriori 18 mesi), passa a trattare della questione di cui sopra, ovvero se l’assenza nei secondi 18 mesi possa essere frazionata oppure debba fruirsi continuativamente.

In assenza di esplicita disposizione normativa sul punto, il giudice contabile si pronuncia in via interpretativa, partendo dall’interpretazione letterale del secondo comma dell’art. 17 sopra richiamato: esponendo l’inciso «ulteriore periodo di 18 mesi», lo stesso sembra definire in senso inequivoco la necessità di fruizione continuativa. Continua così la Corte: «A tale conclusione, d’altra parte, induce non solo il dato letterale ma anche quello logico sistematico: questo secondo periodo di assenza è concesso “in casi particolarmente gravi”, dunque in situazioni di malattia e/o infortunio di grande rilevanza e non, invece, per malattie di breve durata. Lo stesso inciso del comma 3, nel richiedere il previo accertamento medico legale circa l’inesistenza di una permanente ed assoluta inidoneità fisica, costituisce uno spartiacque con le ordinarie assenze per malattia disciplinate dal primo comma. Mentre il primo periodo di astensione (primi 18 mesi) si caratterizza per una pluralità di assenze giustificate dal solo certificato del medico di base, il secondo periodo pone a fondamento un accertamento medico legale il quale, è evidente, non può che riferirsi all’intero periodo di 18 mesi».

Il giudizio della Commissione medica in luogo del solo certificato del medico di base, bastevole per le assenze dei primi 18 mesi, quindi, farebbe da spartiacque tra possibilità di fruizione frazionata (primi 18 mesi) e obbligo di fruizione continuativa (su concessione, nei secondi 18 mesi e solo dopo acquisizione di accertamento medico legale specifico).

La Corte specifica poi, a corroborare l’assunto, che la differenza tra il primo e secondo periodo sarebbe confermata dal fatto che i primi 18 mesi si calcolano, come noto, a partire dall’ultimo episodio morboso ripercorrendo il triennio precedente, mentre tale modalità di calcolo non è prevista per i secondi 18 mesi. A questo proposito, anzi, il giudice del controllo prosegue paventando il rischio che «Diversamente opinando, d’altra parte, applicando il meccanismo di calcolo previsto per i primi 18 mesi anche ai secondi, si rischierebbe di dilatare oltre misura la conservazione del posto del dipendente, con evidente danno al buon andamento dei pubblici uffici».

Infine, ad ulteriore conforto della tesi, la Corte rammenta il parere ARAN 532/2011, per cui l’espressione «ulteriore periodo di 18 mesi» non prevede la frazionabilità, anche se, sempre per l’ARAN, ciò non esclude la possibilità di un rientro anticipato previo accertamento (ragionevolmente operato dal medesimo organo medico) delle condizioni di salute del lavoratore.

La Corte, in buona sostanza, esclude con tale pronuncia, argomentando in via interpretativa, la frazionabilità del periodo di malattia previsto dai commi 2 e 3 dell’art. 17 CCNL scuola, e sul punto, è importante sottolinearlo, rimanda la questione alla Procura competente per la valutazione degli eventuali profili di responsabilità del Dirigente, rifiutando contestualmente il visto.

Valore mutevole delle interpretazioni e applicazione del diritto

La pronuncia appena analizzata interessa non solo perché interviene su un punto di notevole interesse per le amministrazioni scolastiche, ma anche perché rammenta, come più volte del resto ricordato su queste pagine, che l’interpretazione del diritto, anche se di fede privilegiata quando operata dagli organi giurisdizionali, non fa stato né costituisce precedente, ma ha la funzione solo di orientare l’interprete (qual è qualsiasi funzionario nell’esercizio delle sue funzioni).

Nel caso di specie, e come precisa la pronuncia della sezione Piemonte, il Dirigente scolastico concedente, nel giustificare la sua condotta, aveva comprensibilmente richiamato la registrazione di decreti di analogo tenore (si suppone, quindi, concedenti ulteriori 18 mesi di assenza in maniera frazionata) in sede di controllo della medesima Sezione. Ebbene la Corte, a tal proposito, “giustifica” il cambio di orientamento, rammentando che «Tale situazione, peraltro, non comporta alcuna definitiva “patente di legittimità” atteso che lo stesso Ufficio, approfondita ulteriormente la questione, ha ritenuto di sottoporre la stessa all’esame collegiale della Sezione».

Il mutamento di indirizzo, così definito in poche parole dalla Corte, richiama quindi sull’attenzione meticolosa di qualsiasi operatore del diritto, in questo caso Uffici del personale e Dirigenti scolastici, sull’applicazione di disposizioni normative e contrattuali; certamente, quando la legge non è chiara e le interpretazioni istituzionali contrastanti e mutevoli, l’attività quotidiana può rivelare degli aspetti di non agevole soluzione, ed esporre al rischio di valutazione delle proprie responsabilità anche in sede amministrativa, proprio come in questo caso.

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