Le fattispecie che si riferiscono all’accesso agli atti, all’accesso civico e all’accesso generalizzato sono di notevole interesse per il mondo della scuola, e in generale per tutte le pubbliche amministrazioni, stante il gran numero di richieste ordinariamente presentate e i cambiamenti che hanno interessato la figura dell’accesso agli atti negli ultimi anni.

È utile ricordare, in sintesi, la differenza tra le varie figure:

Il diritto di accesso di cui alla Legge 241/1990 può sembrare destinato, per le modalità e i limiti più stringenti, a seguito delle riforme più recenti, ad ambiti residuali; tuttavia, i limiti che incontrano l’accesso civico e l’accesso generalizzato sono più ampi di quelli dell’accesso documentale, poiché quest’ultimo è rivolto, principalmente, alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e interessi spesso giudiziari.

Limiti normativi

La casistica sviluppata sui limiti al diritto di accesso, nelle sue varie declinazioni, è estremamente vasta, soprattutto per quanto riguarda il necessario bilanciamento da operare tra diritto ad accedere e riservatezza dei dati dei terzi, e numerosi sono gli interventi giurisprudenziali, istituzionali e dottrinali sul punto.

Dal lato normativo, i limiti dell’accesso civico sono ricavabili – al contrario – dagli obblighi di pubblicazione, previsti per una serie non generalizzata di atti dal D.Lgs. 33/2013; i limiti all’accesso generalizzato sono invece elencati espressamente dall’art. 5-bis del D.Lgs 33/2013, e comprendono una serie di casi più ampia, e ulteriore, di quella ricompresa dall’art. 24 della Legge 241/1990, relativamente all’accesso documentale.

Per approfondire, è utile consultare le schede del Garante.

Da ricordare poi le più risalenti Linee guida ANAC del dicembre 2016.

Limiti all’accesso civico

Con un recente parere (7/07/2022), il Garante privacy è tornato sul tema tracciando i confini di un diritto che non è illimitato.

Il parere, che si esprime su una richiesta del difensore civico della Città Metropolitana di Roma Capitale, in proposito di una richiesta di accesso inoltrata ad un Comune di detto ambito territoriale rigettata dall’Ente locale, opera una utile ricognizione dei confini del diritto.

Segnatamente, la richiesta era tesa a conoscere, tramite istanza di accesso generalizzato, se si fosse operato con riscossione coattiva nei confronti di tre soggetti per somme non versate relativamente alla tassa sui rifiuti.

Il Garante, nel rammentare la disciplina operante sul punto, ricorda che il rifiuto all’accesso è legittimo se «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia (art. 5-bis, comma 2, lett. a)» , e che «Per dato personale si intende “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile (“interessato”)” e si considera identificabile “la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo on-line o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale” (art. 4, par. 1, n. 1, RGPD)».

Fondamentale è l’inciso con cui il Garante rammenta che i dati ostensibili tramite accesso civico, a differenza dei dati ottenuti tramite accesso documentale ex lege 241/1990, diventano «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’art. 7, sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del D.Lgs. 33/2013). Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell’accesso civico che va valutata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso ai dati, informazioni o documenti richiesti».

Nel caso in esame l’Amministrazione aveva utilizzato per il rifiuto una mera formula di stile e, in tal proposito, il Garante riibadisce la necessità che il rifiuto sia adeguatamente motivato.

Nel merito, tuttavia, si concorda con il rifiuto operato dall’Amministrazione, poiché nel caso di specie «[...] Si tratta non solo di dati anagrafici, ma anche di notizie di carattere economico, contributivo e patrimoniale di soggetti privati che, per motivi individuali, non sempre si desidera portare a conoscenza di soggetti estranei e la cui ostensione può arrecare, in relazione ai casi e al contesto in cui possono essere utilizzati da terzi, tenendo conto anche del particolare regime di pubblicità dei dati oggetto di accesso civico, proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 33/2013». In tal caso, continua il Garante, «la relativa integrale ostensione determina un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà dei soggetti controinteressati, con possibili ripercussioni negative sul piano personale, sociale, relazionale e professionale» anche in relazione a «le ragionevoli aspettative di confidenzialità dei controinteressati in relazione al trattamento dei propri dati personali al momento in cui questi sono stati raccolti [...] nonché la non prevedibilità, al momento della raccolta dei dati, delle conseguenze derivanti a questi ultimi dalla eventuale conoscibilità da parte di chiunque delle informazioni richieste tramite l’accesso civico».

Differenza tra limiti ad accesso civico e documentale

Le differenze tra i limiti dell’accesso documentale e dell’accesso civico sono ricordate nelle conclusioni del parere, laddove il Garante rammenta che « resta in ogni caso ferma la possibilità che i dati personali per i quali sia stato negato l’accesso civico possano essere resi ostensibili, laddove il soggetto istante, riformulando eventualmente l’istanza ai sensi della diversa disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi (artt. 22 ss. della Legge 241 del 7/08/1990), motivi nella richiesta l’esistenza di un interesse “qualificato” e l’amministrazione ritenga sussistere, [...] un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso che possa per altro verso consentire l’ostensione delle informazioni richieste».

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