Sinergie di Scuola

La dibattuta questione della competenza del Dirigente scolastico ad irrogare la sanzione della sospensione sino a 10 giorni, verso un docente che si sia reso inadempiente ai propri doveri, è al centro di una ordinanza della Cassazione, la n. 20059 del 14/07/2021.

Si precisa preliminarmente che il provvedimento in questione non si discosta dall’indirizzo interpretativo maggioritario della Suprema Corte, in base al quale deve ritenersi sottratto alle prerogative del Dirigente scolastico il potere di comminare la sospensione dell’insegnante, anche per un periodo di tempo non superiore a dieci giorni.

Già la Corte d’Appello di Perugia aveva respinto l’appello del Ministero, confermando la decisione di primo grado che aveva annullato la sanzione disciplinare della sospensione dall’insegnamento, per dieci giorni, applicata a un docente, perché emessa da un organo incompetente (dal Dirigente scolastico e non dall’UPD – Ufficio per i procedimenti disciplinari).

La Corte territoriale aveva ritenuto, infatti, che la competenza del Dirigente scolastico avrebbe dovuto individuarsi «in relazione alla sanzione edittale astrattamente irrogabile, sulla base della disciplina sanzionatoria normativamente prevista, e non, invece, stabilirsi sulla base di una valutazione ex ante, rimessa al responsabile della struttura, della gravità della violazione contestata e della sanzione in concreto irrogabile tra il minimo e il massimo previsti».

Per dirla in maniera più semplice, se il comportamento del docente poteva farsi rientrare tra quelli puniti con la pena della sospensione, allora la competenza ad infliggere la sanzione, per i motivi che spiegherò tra breve, doveva ritenersi radicata in capo all’UPD, a nulla rilevando che il preside, sulla base dello svolgimento dei fatti, avrebbe previsto di applicare una pena della sospensione sino a 10 giorni.

Per il M.I. invece sussisterebbe, alla stregua della disciplina di riferimento, la competenza del Dirigente scolastico a promuovere e a concludere il procedimento disciplinare in oggetto, venendo in rilievo l’entità della sanzione applicata in concreto, in rapporto alla gravità dell’infrazione; nello specifico, la sanzione della sospensione irrogata è stata inferiore a «più di dieci giorni» e, pertanto, secondo la Riforma Madia (sulla quale v. infra), perfettamente rientrante nelle competenze del preside.

La decisione della Cassazione

La Cassazione però ha ribadito, come aveva già fatto in casi simili, che il motivo è infondato, proprio citando un suo precedente, ovvero la sentenza 28111/2019, con la quale ha affermato un principio di diritto molto importante.

In tema di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego privatizzato, infatti, «al fine di stabilire la competenza dell’organo deputato a iniziare, svolgere e concludere il procedimento, occorre avere riguardo al massimo della sanzione disciplinare come stabilita in astratto, in relazione alla fattispecie legale, normativa o contrattuale che viene in rilievo, essendo necessario, in base ai principi di legalità e del giusto procedimento, che la competenza sia determinata in modo certo, anteriore al caso concreto ed oggettivo, prescindendo dal singolo procedimento disciplinare».

Diversamente opinando, aggiungono i giudici, l’individuazione dell’organo competente – da cui dipende anche la determinazione delle regole procedurali applicabili – avverrebbe sulla base di un dato meramente ipotetico, che potrebbe anche essere smentito all’esito del procedimento medesimo.

Ciò che ha affermato la Suprema Corte sino qui riguarda, in generale, gran parte del pubblico impiego.

Per il personale docente ed educativo della scuola occorre fare una eccezione, nel senso che, a norma degli art. 492, comma 2, lett. b e 494, comma 1, lett. a, b e c del Testo Unico in materia di istruzione (D.Lgs. 297/1994), è prevista la fattispecie legale della sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio nella misura minima “fino a un mese”; pertanto, ai sensi dell’art. 55-bis, comma 1, primo e secondo periodo, applicabile ratione temporis nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 75/2017 (Riforma Madia), non trattandosi di «infrazioni di minore gravità», per le quali cioè è prevista «l’irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni», sussiste la competenza dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari e non quella del Dirigente scolastico.

Al fine di comprendere meglio questo ultimo assunto, occorre chiarire il contenuto degli artt. 492 e 494 citati, nonché della Riforma Madia.

Quest’ultima ha introdotto il comma 9-quater nell’art. 55-bis del D.Lgs. 165/2001 (contenente le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, comprese quelle che regolano l’esercizio dell’azione disciplinare da parte dei dirigenti delle amministrazioni pubbliche, scuola ovviamente compresa), che ribadisce che i Dirigenti scolastici hanno competenza, per il personale docente, educativo e ATA, ad irrogare tutte le sanzioni disciplinari fino alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per un massimo di dieci giorni. Le restanti sanzioni più gravi sono riservate all’Ufficio Procedimenti Disciplinari.

Cosa dice il CCNL

Per i docenti, però, l’art. 29 dell’ultimo CCNL, relativo al personale del Comparto Istruzione e Ricerca per il triennio 2016-2018, sottoscritto il 19/04/2018, ha specificato che, in attesa di una specifica sessione negoziale a livello nazionale che possa procedere alla definizione, per il personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche, della tipologia delle infrazioni disciplinari e delle relative sanzioni, resta fermo quanto stabilito «dal Capo IV Disciplina, Sezione I Sanzioni disciplinari del D.Lgs. 297/1994 [...]».

Ad oggi, ancora non si è tenuta la specifica sessione negoziale a livello nazionale per definire la materia delle sanzioni disciplinari in ambito scolastico, a cui prima facevo riferimento, anche se, nell’art. 29 del CCNL del 19/04/2018, è stabilito che essa avrebbe dovuto concludersi entro il mese di luglio 2018; pertanto la Riforma Madia attribuirebbe (il condizionale è d’obbligo) ai Dirigenti scolastici la competenza ad irrogare al personale docente ed educativo le seguenti sanzioni disciplinari:

  • avvertimento scritto;
  • censura;
  • sospensione dall’insegnamento fino a 10 giorni.

Le restanti sanzioni più afflittive sarebbero di competenza dell’UPD.

Poiché però per il personale docente trovano ancora applicazione, in attesa di una specifica sessione negoziale di cui si è detto prima, le sanzioni disciplinari previste nel D.Lgs. 297/1994, e poiché esse prevedono, anziché la sanzione della sospensione fino a 10 giorni, quella diversa della «sospensione dall’insegnamento fino a un mese», si è generata confusione sulle norme da applicare in caso di comportamenti dell’insegnante punibili con la pena della sospensione.

Per cercare di fare chiarezza in materia, il Ministero dell’Istruzione, per mezzo della circolare 88 dell’8/11/2010, aveva precisato che «Con riferimento alla sospensione dall’insegnamento fino a un massimo di dieci giorni, la valutazione circa l’entità della sanzione da applicare in rapporto alla gravità dell’infrazione commessa deve essere compiuta dal Dirigente scolastico ex ante. Qualora vi sia incertezza circa l’inquadramento della fattispecie concreta come comportamento sanzionabile con la predetta tipologia di sospensione, gli atti devono essere trasmessi all’ufficio per i procedimenti disciplinari [...]».

In pratica, il M.I. ha consigliato ai Dirigenti di valutare anteriormente (cioè ex ante) il comportamento da sanzionare e, se ritenuto punibile con massimo 10 giorni di sospensione, di procedere autonomamente. Nel caso, invece, il preside ritenesse applicabile la sanzione della sospensione per un periodo eccedente i 10 giorni, oppure vi fosse incertezza circa l’inquadramento della fattispecie concreta da sanzionare, dovrebbe inviare gli atti all’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari.

Questa valutazione ex ante suggerita dal Ministero è stata contestata da alcuni docenti destinatari di sanzioni disciplinari di sospensione dall’insegnamento fino a 10 giorni e impugnata dinanzi al giudice del lavoro, evidenziando il fatto che il Dirigente scolastico non avrebbe avuto il potere di applicare alcuna sanzione disciplinare comportante la sospensione, sia che questa ultima fosse stata fino a 10 giorni, sia che fosse stata di un mese, poiché tutte le sanzioni che comportavano la sospensione del docente, lievi o gravi, erano di competenza dell’UPD, in quanto l’art. 494 del D.Lgs. 297/1994, che è l’unica norma applicabile ai docenti, faceva riferimento ai casi punibili con la sospensione dall’insegnamento fino a un mese (quindi anche fino a 10 giorni), sottraendoli alla competenza punitiva del Dirigente scolastico.

Cosa deve fare il Dirigente scolastico

Sulla base di queste premesse, si può affermare che il Dirigente scolastico, per la definizione della propria competenza, deve limitarsi a inquadrare il comportamento dell’insegnante in quelli elencati e puniti dalle norme del Testo Unico in materia di istruzione. Se ritiene che tale comportamento rientri tra quelli punibili con una sanzione superiore alla censura, rimetterà gli atti all’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari.

Per fare un esempio, se vi sono gravi indizi che il docente abbia compiuto:

  1. atti non conformi alle responsabilità, ai doveri e alla correttezza inerenti alla funzione o per gravi negligenze in servizio, oppure
  2. violazione del segreto d’ufficio inerente ad atti o attività non soggetti a pubblicità, oppure
  3. omissione di atti dovuti in relazione ai doveri di vigilanza,

il Dirigente scolastico, in applicazione dell’art. 494 del D.Lgs. 297/1994, che prevede che tali comportamenti siano punibili con la sanzione della sospensione fino ad un mese, trasmetterà gli atti all’UPD, presso l’Ufficio Scolastico Regionale, essendo egli incompetente ad irrogare tale tipo di sanzione (anche se, per suo convincimento, avrebbe ritenuto congrua una sanzione, ad esempio, di due giorni di sospensione dall’insegnamento).

Con riferimento alla suddetta lett. a, rientra nei comportamenti punibili quello contestato dal Dirigente scolastico di un Istituto d’istruzione superiore di Nuoro alle docenti, ree di aver compiuto «atti non conformi alla responsabilità ai doveri alla correttezza inerenti alla funzione docente» e la violazione di obblighi legati alla prestazione lavorativa, stabilite da norme legislative, e in particolare l’omessa organizzazione e il mancato svolgimento delle prove di simulazione dei test Invalsi programmati per addestrare gli studenti (Trib. Nuoro 25/06/2019, n. 105).

Un altro esempio di violazione riconducibile all’art. 494 suddetto, è stato esaminato nella sentenza del Tribunale di Milano n. 2538/2019, che si è occupato del caso di una docente che, per ottenere l‘attenzione dei discenti e mantenere la disciplina, impiegava una bacchetta durante le lezioni, con la quale percuoteva il malcapitato alunno che si distraeva.

Entrambe le sentenze hanno dichiarato l’incompetenza del DS ad irrogare la sanzione disciplinare della sospensione dall’insegnamento ai docenti.

Dovrebbero quindi essere ora più chiare le ragioni che hanno portato la Suprema Corte a scrivere l’ordinanza commentata – motivazioni che, tuttavia, non sono condivise da tutti gli studiosi del diritto.

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