Sinergie di Scuola

Un recente episodio di cronaca ha visto coinvolte alcune studentesse di un liceo della provincia di Cosenza, che hanno denunciato un loro insegnante per presunte molestie sessuali subite fin dal primo anno di frequenza della scuola.

Le accuse delle ragazze hanno evidenziato, come riportato dai principali quotidiani nazionali, che «In prima liceo questo professore mi ha chiesto la foto del seno per la sufficienza»; quando il professore si è seduto al suo fianco, l’allieva si sarebbe spostata e subito l’insegnante le avrebbe detto: «Tranquilla polpettina che non ti faccio niente, non ti mangio, ci facciamo solo qualche carezzina, dai»; l’ultimo episodio riferito alla forze dell’ordine sarebbe stato di questo tenore: « [...] faceva spostare la mia compagna di banco. Si sedeva e mi aiutava con matematica per farmi prendere la sufficienza, ma mentre mi spiegava cosa dovevo fare, poggiava la mano sulla schiena e pian piano scendeva. Cercavo di spostarmi per evitare che mi toccasse e lui la smetteva per un po’. Dopo ricominciava [...] e mi indicava le cose cercando in qualche modo di toccarmi il seno».

In tutti questi casi ho usato il condizionale, poiché i fatti denunciati sono ancora in via di accertamento da parte della magistratura, ma ciò non impedisce di porre alcune domande: in situazioni del genere, ci sono obblighi da parte del corpo docente, del Dirigente scolastico e dei collaboratori scolastici, di denuncia all’autorità giudiziaria qualora siano venuti a conoscenza degli accadimenti?

I collaboratori scolastici e gli insegnanti possono riferire direttamente al Preside o devono rivolgersi unicamente alle forze dell’ordine?

Obbligo di denuncia per il personale

Innanzitutto, occorre stabilire cosa si intende con il termine “denuncia”: essa è l’atto formale attraverso il quale la scuola informa l’autorità giudiziaria penale di fatti che, se veri, costituiscono un reato.

Si badi bene: non presuppone la certezza che il reato sia stato commesso, ma è sufficiente la sussistenza di una serie di indizi che vadano oltre il “mero sospetto” dell’operatore scolastico. Tali indizi si possono ricavare anche da fatti a cui il docente (o altro operatore scolastico) non ha assistito direttamente, ma che gli siano stati riferiti da terzi.

La denuncia, quindi, avrà la funzione di attivare un procedimento giudiziario finalizzato a stabilire la sussistenza di un reato, accertandone le responsabilità individuali e, al contempo, strutturare una serie di interventi posti a protezione del minorenne.

La denuncia dovrà essere sporta indifferentemente nel caso in cui il minore sia vittima di un coetaneo, di un adulto, o sia egli stesso il presunto autore del reato.

Nel presente articolo mi limiterò ad esaminare il caso in cui l’alunna sia stata oggetto di un reato perpetrato da un docente o da altro operatore scolastico.

Laddove la scuola abbia notizia di condotte astrattamente integranti un reato, commesse da un insegnante o dal personale della scuola in danno di minori, la stessa ha l’obbligo di denunciare il fatto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario, competente a procedere contro il maggiorenne presunto autore del fatto ma, al contempo, di segnalare il fatto anche alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni (che si occupa della vittima) onde avviare eventuali provvedimenti civili.

Ho parlato, genericamente, dell’obbligo della scuola di denunciare il crimine subito dagli studenti, ma, più nello specifico, quali figure in concreto sono gravate da tale dovere?

Il Dirigente, gli insegnanti e i collaboratori scolastici, rivestendo la qualifica di pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio, commettono un illecito qualora omettano di denunciare o ritardino nel denunciare fatti costituenti reato, di cui vengano a conoscenza durante l’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, come previsto dagli artt. 361 e 362 del Codice penale (l’art. 357 del Codice penale evidenzia che «agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa»).

In particolare, qualora si sospetti la commissione di reati procedibili d’ufficio (ossia quei reati per cui la legge non prevede come necessaria la querela da parte della persona offesa per procedere), il Dirigente scolastico ha l’obbligo di denunciare la notizia di reato all’Autorità giudiziaria (o ad altra autorità che abbia l’obbligo di riferire a quella, come ad esempio i Carabinieri o la Polizia di Stato), pena la configurabilità del reato di omessa denuncia di reato.

Il personale docente e in generale il personale scolastico adempie l’obbligo in questione riferendo al Dirigente scolastico la notizia di reato di cui sia venuto a conoscenza nell’esercizio delle proprie funzioni.

È da evitare che la denuncia sia preceduta da atti di accertamento o di indagine svolti da chi non è preposto a compierli e non ha le competenze adeguate (come i Dirigenti stessi o il personale scolastico), ciò al fine di evitare un “inquinamento delle prove”, poiché l’acquisizione delle stesse e la valutazione dell’attendibilità delle fonti di informazione sono di competenza esclusiva dell’Autorità giudiziaria.

Nell’ipotesi in cui vi sia l’assenza temporanea del Dirigente, i docenti e il personale scolastico dovranno senza indugio informare il vicario designato a sostituirlo.

Nei casi in questione, la tempestività nella comunicazione della notizia di reato è da valutare con attenzione, tenuto conto soprattutto dell’esposizione al rischio del minore vittima del reato.

Come fare denuncia

È opportuno che la denuncia sia fatta in forma scritta (o esposta oralmente alle forze dell’ordine che verbalizzeranno), anche nel caso in cui l’autore del reato non sia conosciuto, attendendosi strettamente ai fatti, riportando i dati in proprio possesso in maniera completa ed esauriente, ma senza effettuare valutazioni sull’attendibilità del fatto.

Il “sospetto sufficientemente fondato” che vi sia un reato ai danni del minore, si basa su una serie di fattori tra cui:

  • informazioni raccolte nell’esercizio delle proprie funzioni (colloqui con il minorenne o con i genitori o altri parenti, confidenze fatte spontaneamente dall’allievo ecc.);
  • notizie allarmanti sulla studentessa raccolte durante l’esercizio delle proprie funzioni;
  • presenza di indicatori fisici o psicologico-comportamentali di maltrattamento o abuso notati o rilevati nell’esercizio delle proprie funzioni.

Ecco alcuni consigli su come fare una segnalazione:

  • deve essere scritta e firmata dagli insegnanti, collaboratori scolastici, educatori, assistenti, operatori delle cooperative che educano gli alunni fuori dal consueto orario, ma all’interno della scuola, che hanno rilevato i segnali di preoccupazione e/o atteggiamenti a rischio del minore o sul minore. La comunicazione dovrà essere fatta al Dirigente scolastico tramite l’ufficio protocollo;
  • deve riportare quanto osservato e ascoltato nel contesto scolastico in relazione sia al minore che ai genitori o alla famiglia;
  • deve fornire riferimenti temporali e nominativi, quando possibile;
  • non deve contenere giudizi, ipotesi e/o accuse di alcun tipo;
  • deve essere inviata al Dirigente o a chi ne fa le veci che, come già ricordato, inoltrerà la segnalazione a chi di competenza (servizi sociali o polizia giudiziaria);
  • la normativa non prevede un termine rigido e predeterminato (l’art. 331 del Codice di procedura penale prevede infatti che la denuncia vada presentata “senza ritardo”): tuttavia, è punito il ritardo ingiustificato, che vanifichi lo scopo di accertamento e repressione del reato che costituiscono la finalità della norma.

La molestia sessuale è un reato procedibile d’ufficio?

Innanzitutto occorre precisare che l’art. 660 del Codice penale punisce con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 516 euro «chi, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo».

Dalla lettura della norma si evince che il legislatore non ha previsto un autonomo delitto di molestie sessuali, bensì un più generico reato di molestia o disturbo alle persone arrecato per una ragione riprovevole.

Trattasi di una contravvenzione, cioè di un reato minore, che, secondo la Corte di Cassazione, si realizza ogniqualvolta si sia in presenza di un continuo e insistente corteggiamento che risulti sgradito alla persona destinataria o, ancora, l’insistente corteggiamento che si estrinsechi in ripetuti pedinamenti e in continue telefonate, così come il comportamento di chi segua metodicamente in automobile l’ex fidanzato/a e lo/a infastidisca.

Dalla lettura degli articoli di giornale, sembrerebbe che il presunto comportamento del docente molestatore si possa avvicinare anche alla fattispecie di reato prevista dall’art. 609-bis del Codice penale, che punisce la violenza sessuale, prevedendo che «Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali, è punito con la reclusione da sei a dodici anni». Infatti, secondo la Corte di Cassazione, il toccamento non casuale di una parte del corpo non considerata come zona erogena, ma suscettibile di eccitare il desiderio sessuale configura il delitto di violenza sessuale tentata e non quello di molestia sessuale, dovendosi quest’ultimo ritenere integrato solo in presenza di espressioni volgari a sfondo sessuale ovvero di atti di corteggiamento invasivo e insistito diversi dall’abuso sessuale vero e proprio (v. Cass. n. 27762/2008).

Sempre la Suprema Corte ha ritenuto che il toccamento dei glutei vada considerato violenza sessuale e non molestia, atteso che nel reato di violenza la condotta sanzionata (cioè gli atti sessuali) comprende qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, pur se fugace ed estemporaneo, ponga in pericolo la libera autodeterminazione della vittima (Cass. n. 7369/2006).

Una sentenza più recente ha invece stabilito che quando il corteggiamento molesto consiste in gesti a sfondo sessuale ed esplicite allusioni, può integrarsi il tentativo di violenza sessuale nel caso in cui la vittima non abbia possibilità di fuga (Cass. n. 38719/2012).

Per la contravvenzione di molestie sessuali si procede d’ufficio, così come per il reato di violenza sessuale che, di norma, è procedibile solo a querela di parte, ma, nel nostro caso, è perseguibile d’ufficio poiché commesso nei confronti di persona che, al momento del fatto, non aveva compiuto i diciotto anni e, in aggiunta, commesso da un pubblico ufficiale cui il minore è affidato per ragioni di istruzione.

Per entrambe le fattispecie penali, quindi, sussiste l’obbligo di denuncia dei fatti appresi da parte Dirigente e del personale scolastico.

Leggi altri contenuti su:

© 2024 HomoFaber Edizioni Srl - Tutti i diritti riservati. Sono vietate la copia e la riproduzione senza autorizzazione scritta. Sono ammesse brevi citazioni ed estratti indicando espressamente la fonte (Sinergie di Scuola) e il link alla home page del sito.