Il Tribunale amministrativo del Lazio ha pubblicato lo scorso 9 agosto la sentenza n. 9343/2021, che ha deciso il ricorso, presentato dai genitori di alcuni studenti delle scuole primarie e secondarie, contro le disposizioni contenute nell’art. 1, comma 1, lett. b e comma 9, lett. s del D.P.C.M. 14/01/2021, che obbligavano gli studenti ad indossare le mascherine a scuola, anche in situazione di staticità al banco, nel rispetto delle distanze previste dalla normativa emergenziale.

Più nello specifico, i ricorrenti volevano fosse dichiarato l’annullamento del Decreto-Legge 14/01/2021 n. 2 (“Ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e prevenzione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 e di svolgimento delle elezioni per l’anno 2021”), nella parte in cui, all’art. 1, dispone l’obbligo sull’intero territorio nazionale di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie, anche a scuola e anche laddove sia garantito il distanziamento fra i banchi; del Decreto-Legge 23/02/2021, n. 15 (“Ulteriori disposizioni urgenti in materia di spostamenti sul territorio nazionale per il contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19”), con riferimento all’art. 1:

1. È fatto obbligo sull’intero territorio nazionale di avere sempre con sé dispositivi di protezione delle vie respiratorie e di indossarli nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all’aperto [...] Fermo restando quanto previsto da specifiche disposizioni o da appositi protocolli sanitari o linee guida, possono essere indossate anche mascherine di comunità, ovvero mascherine monouso o mascherine lavabili, anche autoprodotte, in materiali multistrato idonei a fornire una protezione adeguata e tali da garantire, al contempo, comfort e respirabilità, forma e aderenza appropriate per assicurare la copertura sul volto delle vie respiratorie.

E ancora all’art. 21, ove prevede al comma 1:

[...] è obbligatorio l’uso di dispositivi di protezione delle vie respiratorie salvo che per i bambini di età inferiore ai sei anni e per i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso dei predetti dispositivi.

In particolare, i ricorrenti hanno lamentato l’abnormità e illogicità nonché il difetto di motivazione e di istruttoria, non risultando, a loro dire, le ragioni specifiche per le quali la mascherina non potrebbe essere rimossa in condizioni di staticità, quando fosse possibile garantire il distanziamento fra i banchi, come consigliato dall’OMS e dall’Unicef, oltre che dallo stesso Comitato Tecnico Scientifico (CTS).

Dunque, essi hanno sostenuto che l’impugnata disposizione sarebbe illogica, priva di motivazione, tecnicamente implausibile e, altresì, foriera di potenziali danni alla salute psico-fisica dei bambini, richiamando in proposito alcuni studi scientifici.

L’amministrazione si è costituita in giudizio sostenendo la legittimità dei provvedimenti in base ai principi di precauzione, proporzionalità e adeguatezza in funzione del contesto epidemiologico.

Per riassumere, quindi, i ricorrenti si sono lamentati del fatto:

Il TAR laziale, nell’accogliere le ragioni dei genitori, ha fatto espresso rinvio alle considerazioni svolte nella precedente sentenza n. 2102 del 19/02/2021 su analoghe questioni, in cui è stata rilevata l’illegittimità del D.P.C.M. 3/11/2020 per sostanziale difetto di istruttoria, per irragionevolezza e per contrasto con le indicazioni del CTS, dalle quali l’amministrazione si è discostata senza tuttavia motivare alcunché sulle ragioni del diverso opinamento e senza addurre o richiamare evidenze istruttorie di diverso avviso, in ipotesi ritenute prevalenti rispetto al parere tecnico-scientifico del CTS.

Si tratta di vizi che sono stati ravvisati anche nel successivo D.P.C.M. 14/01/2021, oggetto di impugnazione, la cui base istruttoria è rimasta sostanzialmente immodificata.

Quando si può togliere la mascherina

Si faccia attenzione, però, ad affermare genericamente che i giudici hanno dichiarato l’illegittimità dell’obbligo di indossare le mascherine in classe, poiché tale dovere viene meno solo se la classe non è definibile “pollaio”, cioè ospiti un numero di studenti tale da garantire il corretto distanziamento tra banchi o se gli alunni abbiano problemi respiratori o altre patologie che giustifichino il mancato uso dei dispositivi di protezione individuale.

Le indicazioni ministeriali e dell’ISS

La parola fine alla vicenda, però, non sembra essere ancora pronunciabile, poiché, nonostante la conferenza di servizio del 31 agosto dedicata ai Dirigenti scolastici abbia ribadito l’obbligo di indossare la mascherina durante la permanenza a scuola (lo stesso Istituto scolastico fornirà agli studenti le mascherine chirurgiche, anche trasparenti, per quegli alunni affetti da disabilità uditive), si deve tenere conto che l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato, il 1° settembre 2021, un documento contenente le “Indicazioni strategiche ad interim” per il controllo del Covid-19 in ambito scolastico, in accordo con le regioni.

In esso si precisa che per gli ultra dodicenni o nelle università, dove si rispetti il distanziamento, in posizione statica, cioè al banco, si possa anche derogare all’uso della mascherina se «le classi sono composte tutte da studenti che abbiano completato il ciclo vaccinale o abbiamo un certificato di guarigione in corso di validità». La mascherina si può togliere poi, oltre che a mensa, una volta seduti e distanziati, anche per le lezioni di Educazione fisica, dove è previsto anche all’aperto «l’obbligo di distanziamento interpersonale di almeno due metri».

Sulla scorta di tale documento, il Ministro dell’Istruzione Bianchi ha poi dichiarato che «Nelle classi dove tutti sono vaccinati, si potrà togliere la mascherina, si potrà tornare a sorridere a scuola». In proposito, in una nota recente (n. 1072 del 29/09/2021) è specificato che le norme vigenti non consentono di conoscere lo stato di vaccinazione da Covid-19 degli studenti e che la disposizione contenuta nell’art. 1, comma 3 del D.L. 111/2021, la quale consente una deroga all’obbligo di utilizzo dei DPI delle vie respiratorie «per le classi composte da studenti che abbiano tutti completato il ciclo vaccinale o abbiano un certificato di guarigione in corso di validità», richiede per la propria operatività specifiche misure attuative. In particolare, la richiamata deroga deve essere disciplinata da protocolli e linee guida adottati con ordinanza del Ministro della Salute.

Se l’insegnante si rifiuta di indossare la mascherina

Del caso si è occupato il Tribunale di Trento, sentenza 8/07/2021, adito da una insegnante della scuola dell’infanzia di Rovereto, che ha impugnato il licenziamento disciplinare senza preavviso comminatole dalla Dirigente del Servizio attività educative per l’infanzia.

In particolare, le è stato contestato che durante il servizio scolastico non indossava la mascherina protettiva per le vie aeree prevista dalle vigenti linee di indirizzo per la tutela della salute e sicurezza di lavoratori e utenti.

Il suo rifiuto di indossarla è persistito nonostante i ripetuti inviti da parte della preposta e delle colleghe, ed anche a fronte di uno specifico ordine di servizio della Dirigente.

La maestra si è difesa adducendo di essere affetta da difficoltà respiratorie permanenti, a seguito di un grave sinistro stradale, che le ha provocato seri e permanenti problemi di salute, tra cui un trauma toracico e gravi contusioni polmonari bilaterali: tali problemi respiratori si sarebbero potuti aggravare dal persistente utilizzo della mascherina.

Il Tribunale trentino, però, ha rilevato che nella documentazione medica prodotta non si è rinvenuto alcun certificato rilasciato da sanitari che attestasse la sua impossibilità a indossare la mascherina per ragioni di salute.

Rigettate tutte le tesi difensive, i Giudici hanno affermato che la ricorrente ha commesso una serie di comportamenti illeciti, di cui sin qui si è dato conto, che integrano una giusta causa di licenziamento.

Come ricordato anche dalla Suprema Corte (Cass. 12/11/2013, n. 25392; Cass. 5/08/2013, n. 18615), il persistente rifiuto da parte del lavoratore di utilizzare i dispositivi di protezione individuale (nei quali rientrano a pieno titolo, le mascherine) giustifica il licenziamento intimato all’inadempiente.

Il tribunale trentino ha ricordato pure che l’art. 20, comma 1 del D.Lgs. 9/04/2008, n. 81 prescrive: «Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro»; in particolare il successivo comma 2, lett. d impone ai lavoratori di «utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione».

Quanto al profilo soggettivo, conclude il giudice, non può non essere biasimata la condotta della ricorrente, la quale ha anteposto all’interesse generale (oltre che a quelli di utenti e colleghi) proprie convinzioni personali che non trovano fondamento (contrariamente alle prescrizioni che impongono l’utilizzo della mascherina sui luoghi di lavoro, specialmente se chiusi) in conoscenze riconosciute dalla comunità scientifica, perché sottoposte a severe verifiche.

Riassumendo, l’insegnante che non indossi la mascherina durante le ore di lavoro, è soggetta a sanzioni disciplinari, che possono comportare anche il licenziamento per giusta causa, a nulla valendo affermare che:

E il diritto a non vaccinarsi?

Non minore importanza riveste un’altra questione: gli insegnanti hanno il diritto di non vaccinarsi e di accedere comunque ai locali scolastici, anche in assenza di un tampone negativo?

A questa domanda fornisce adeguata risposta la III Sezione-bis del TAR del Lazio, statuendo che il diritto a non vaccinarsi «non ha valenza assoluta» ed è corretta «l’automatica sospensione dal lavoro e dalla retribuzione» dei docenti che non siano in possesso del Green pass.

L’automatica sospensione dal lavoro e dalla retribuzione prevista dal comma 2 del menzionato art. 9-ter e la mancata adibizione del personale scolastico ad altre e diverse mansioni è correttamente e razionalmente giustificabile alla luce della tipicità delle mansioni del personale scolastico, specie di quello docente.

I giudici amministrativi hanno fatto riferimento al Decreto-Legge n. 52 del 21/04/2021, sulla ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia, per “bocciare” il ricorso presentato dall’ANIEF e da altre associazioni che chiedevano l’annullamento delle disposizioni del Ministero dell’Istruzione sull’obbligo di Green pass per il personale scolastico, «previa la sospensione dell’efficacia» delle stesse.

In ordine al diritto del personale scolastico a non vaccinarsi contro il Covid-19, i giudici romani hanno ribadito che «in disparte la questione della dubbia configurazione come diritto alla salute, non ha valenza assoluta né può essere inteso come intangibile, avuto presente che deve essere razionalmente correlato e contemperato con gli altri fondamentali, essenziali e poziori interessi pubblici quali quello attinente alla salute pubblica a circoscrivere l’estendersi della pandemia e a quello di assicurare il regolare svolgimento dell’essenziale servizio pubblico della scuola in presenza», aggiungendo che «In ogni caso, il predetto diritto è riconosciuto dal legislatore il quale prevede in via alternativa la produzione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus Sars-Cov2» e concludendo con l’affermare che «nell’ottica del legislatore la presentazione del test in questione in sostituzione del certificato comprovante l’avvenuta gratuita vaccinazione, costituisce una facoltà rispettosa del diritto del docente a non sottoporsi a vaccinazione ed è stata prevista nell’esclusivo interesse di quest’ultimo, e, conseguentemente, ad una sommaria delibazione, non appare irrazionale che il costo del tampone venga a gravare sul docente che voglia beneficiare di tale alternativa».

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