Sinergie di Scuola

Ci stiamo avvicinando al termine dell’anno scolastico, torna dunque utile parlare di mancata ammissione alla classe successiva.

Recentemente la VI Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 616/2020, ha respinto l’appello dei genitori di un liceale, contro la bocciatura comminategli per aver riportato un voto insufficiente in sei materie (su nove).

La prima doglianza della famiglia ha fatto riferimento alla mancata comunicazione ai genitori, durante l’anno, del rendimento scolastico del figlio da parte della scuola.

Più precisamente il ricorrente contestava il fatto che la dirigenza scolastica non avesse prodotto in giudizio alcun documento idoneo a dimostrare l’effettiva attivazione e il corretto funzionamento del registro elettronico, mezzo informatico per mezzo del quale l’Istituto scolastico rende edotti i genitori del profitto, della condotta e della frequenza dei loro figli, oltre a contenere il testo delle comunicazioni scuola-famiglia.

Ovviamente tale ragionamento difensivo non può essere condiviso, in quanto tende a ribaltare l’onere della prova.

Il registro elettronico

Lo spiega chiaramente il giudice d’appello, affermando che l’art. 1, comma 7 del D.P.R. 22/06/2009, n. 122 dispone che «le istituzioni scolastiche assicurano alle famiglie una informazione tempestiva circa il processo di apprendimento e la valutazione degli alunni effettuata nei diversi momenti del percorso scolastico, avvalendosi, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di riservatezza, anche degli strumenti offerti dalle moderne tecnologie».

Nella fattispecie in esame, è risultato che la scuola avesse attivato un registro elettronico, con consegna alla madre dell’alunno respinto della password di accesso, come è stato dimostrato dalla documentazione depositata in giudizio.

In presenza di questi elementi probatori introdotti in giudizio dall’amministrazione scolastica, sarebbe stato onere della parte appellante dimostrare la mancata attivazione del registro informatico o il suo cattivo funzionamento. In mancanza di ciò, è stata dai giudici riconosciuta l’efficacia probatoria alla suddetta documentazione e, come conseguenza, non assolto l’onere probatorio in capo al ricorrente, che non ha dimostrato alcun malfunzionamento del registro elettronico.

I corsi di recupero

Il secondo motivo di ricorso ha fatto leva, al fine di dimostrare l’illegittimità della bocciatura, sulla mancata attivazione dei corsi di recupero, risultando attivato soltanto quello di matematica.

Anche questa volta, però, il Consiglio di Stato non ha fatto altro che citare il predetto D.P.R. 122/2009, il quale dispone che la scuola preveda interventi didattici i programmati per il recupero delle carenze rilevate (art. 4, comma 6).

Nella fattispecie in esame, dal verbale di classe depositato in giudizio si evinceva che la scuola aveva attivato i corsi di recupero per le materie per le quali il minore aveva ottenuto insufficienze. In particolare, ciò si ricavava sia dal richiamo, contenuto nel verbale al rispetto delle procedure di cui all’O.M. 92/2007, (la quale, all’art. 2, commi 6 e 7 precisa che «Le istituzioni scolastiche hanno l’obbligo di attivare gli interventi di recupero e, nell’ambito della propria autonomia, individuano le discipline e/o le aree disciplinari che necessitano degli interventi. Esse determinano altresì le modalità di organizzazione e realizzazione precisandone tempi, durata, modelli didattico-metodologici, forme di verifica dei risultati conseguiti dagli studenti, criteri di valutazione, nonché modalità di comunicazione alle famiglie. In particolare, nella determinazione del numero degli interventi e della consistenza oraria da assegnare a ciascuno di essi, si avrà cura di commisurarne la definizione in modo coerente rispetto al numero degli studenti ed alla diversa natura dei relativi fabbisogni, nonché all’articolazione dei moduli prescelti ed alla disponibilità delle risorse.

Gli studenti di cui al comma 5 sono tenuti alla frequenza degli interventi suddetti, salvo quanto previsto dai commi 3 e 4 dell’art. 4 e dal comma 3 dell’art. 7. Al termine di tali attività sono effettuate verifiche volte ad accertare l’avvenuto recupero, del cui risultato si dà puntuale notizia alle famiglie»), sia dal fatto che nelle materie in relazione alle quali è stato dato un voto insufficiente è stato indicato che la carenza formativa non risultava essere stata “colmata”.

Ma anche se si volesse prescindere da questo dato, hanno sottolineato i giudici, doveva rilevarsi come la giurisprudenza, proprio del Consiglio di Stato, sia stata costante nell’affermare che «sulla legittimità del giudizio finale espresso in sede di valutazione per l’ammissione alla classe successiva, non possono incidere la mancata attivazione nel corso dell’anno scolastico delle iniziative di sostegno concretantisi in appositi corsi di recupero, la quale non ha alcuna influenza sul giudizio che il consiglio di classe è chiamato ad esprimere in sede di scrutinio finale, atteso che le eventuali disfunzioni organizzative verificatesi nel corso dell’anno scolastico, pur se idonee a determinare una minore fruizione di attività integrative, non sono di per sé sufficienti a giustificare o a modificare l’esito negativo delle prove di esame ed atteso che il giudizio di non ammissione di un alunno alla classe superiore si basa esclusivamente sulla constatazione sia dell’insufficiente preparazione dello studente, sia dell’incompleta maturazione personale, ritenute necessarie per accedere alla successiva fase di studi» (Cons. Stato, sez. VI, 17/01/2011, n. 236).

Vizio di forma del verbale dello scrutinio

Respinti i due motivi di ricorso suelencati, la famiglia del minorenne ha provato a “giocare l’ultima carta” del vizio di forma del verbale dello scrutinio, rilevando che mancava l’indicazione dei docenti che avevano partecipato alla seduta del Consiglio di classe e delle rispettive sottoscrizioni, nonché delle relative proposte di voto con l’elenco completo di tutte le materie di studio.

Dal suddetto verbale è risultato invece, come attestato ufficialmente dal Dirigente scolastico, che erano presenti tutti i docenti legittimati ad esprimere il voto nelle singole materie indicate.

Per quanto attiene alla mancata indicazione delle specifiche proposte di voto, il Consiglio di Stato ha ritenuto che dal verbale contestato risultasse chiara la motivazione assunta e il voto finale, rendendo pertanto non essenziale, ai fini della validità del giudizio di respingimento del liceale, l’indicazione puntuale di ogni proposta di voto (si veda la precedente sentenza del Cons. Stato, sez. VI, 10/12/2015, n. 5613).

Criteri determinanti per la bocciatura

Da quanto scritto sin qui si possono ricavare alcuni insegnamenti circa la sussistenza dei criteri, in presenza dei quali il Consiglio di classe può legittimamente procedere alla mancata ammissione dell’alunno alla classe successiva.

Informazioni alla famiglia

Avere dettagliatamente e puntualmente informato la famiglia circa il rendimento scolastico e la frequenza dello studente nel corso di tutto l’anno scolastico, attivando, per ogni nucleo famigliare, la possibilità di consultare il registro elettronico. Peraltro, una insufficiente informazione del rendimento scolastico del minore alla famiglia, non inficia, di per sé, la mancata promozione, poiché, come ribadito da giurisprudenza costante, il giudizio di non ammissione alla classe successiva, si basa esclusivamente sulla constatazione oggettiva dell’insufficiente preparazione dello studente e sul grado di maturazione personale dello stesso (cfr. TAR Napoli n. 4799/2009; TAR Pescara n. 455/2008; TAR Pescara n. 232/2013; TAR Lazio n. 13155/2014; TAR Lecce n. 252/2015; TAR Torino, n. 155/2015).

N.B. Tale principio, però, potrebbe non valere in caso di genitori separati, qualora uno dei due non fosse stato informato del pessimo andamento scolastico del figlio, in tal modo privandolo della possibilità di intervenire. Il TAR Friuli Venezia Giulia, con la sentenza n. 312/2017, si è espresso in questi termini sul giudizio di mancata ammissione alla classe successiva di un alunno di una scuola media, impugnato dal padre sul presupposto della mancata informazione, nei suoi riguardi, del complessivo andamento scolastico del figlio, peggiorato rispetto al precedente anno scolastico.

Corsi di recupero

Avere attivato un congruo numero di corsi di recupero – anche se, come specificato nel punto precedente, non è dirimente, ai fini della validità del giudizio di mancata ammissione alla classe successiva, la mancata attivazione di tali corsi, così come la mancata predisposizione tempestiva di un piano personalizzato di studio ovvero alla sua mancata adozione (l’assenza del PDP, di per sé, non costituisce vizio idoneo ad inficiare la valutazione negativa espressa dal Consiglio di classe sull’ammissibilità dello studente alla classe successiva, ma potrebbe, in astratto e salva analisi dei vari elementi della fattispecie, giustificare la tutela risarcitoria – così TAR Roma, sez. III, 8/10/2018, n. 9815).

È da rilevare, però, che una recentissima sentenza del Consiglio di Stato, n. 638 del 20/01/2021, ha riformato la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso dei genitori di un alunno che non era stato ammesso alla terza media, evidenziando che l’Istituto scolastico, nonostante il Consiglio di classe avesse accertato numerose insufficienze, non aveva attivato, in favore dello studente, adeguati percorsi di recupero. Come precisato dai giudici «Assume rilevanza la norma che impone all’Istituto scolastico, nell’ambito della propria autonomia organizzativa e didattica, di attivare specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento, una volta rilevate, all’esito delle valutazioni periodiche o finali degli alunni, carenze nell’acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline».

Consiglio di classe

Avere deliberato la bocciatura alla presenza di tutti i docenti componenti il Consiglio di classe, conformemente al disposto dell’art. 5, comma 7 del D.Lgs. 297/1994 «negli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, le competenze relative alla valutazione periodica e finale degli alunni spettano al consiglio di classe con la sola presenza dei docenti». Come ci ricorda il TAR Lazio, nella sentenza 31634/2010, «Il Consiglio di classe, costituito da tutti i Docenti della classe, è presieduto dal Dirigente scolastico. Nell’attività valutativa opera come un Collegio perfetto e come tale deve operare con la partecipazione di tutti i suoi componenti, essendo richiesto il quorum integrale nei collegi con funzioni giudicatrici. Nel caso in cui un docente sia impedito a partecipare per motivi giustificati il Dirigente scolastico deve affidare l’incarico di sostituirlo ad un altro docente della stessa materia in servizio presso la stessa scuola. Il Dirigente scolastico può delegare la presidenza del Consiglio ad un Docente che faccia parte dello stesso Organo collegiale. La delega a presiedere il Consiglio deve risultare da provvedimento scritto (è sufficiente l’indicazione anche nell’atto di convocazione dell’Organo) e deve essere inserita a verbale».

I componenti il Consiglio di classe devono proporre un voto, discutere tale voto e sulla base della discussione deliberare quanto deciso. Tutto ciò deve essere esplicito nel verbale, dal quale si deve ricavare il processo logico-valutativo, seguito per ogni singolo alunno, attraverso l’esplicitazione dei voti delle discipline, della presenza di carenze formative e della valutazione comportamentale. Eventuali lacune in merito a tale esplicitazione renderebbero impugnabile la decisione di non ammissione dell’alunno alla classe successiva.

Bocciatura illegittima per le troppe assenze in DaD

Un ulteriore motivo di attenzione per il Consiglio di classe che decidesse di bocciare uno studente per un eccessivo numero di assenze è stato evidenziato, proprio in questo periodo di didattica a distanza causa pandemia da coronavirus, dal TAR del Lazio, con la sentenza 900/2021. In essa è stata annullata la bocciatura di una studentessa che era rimasta assente per gran parte dell’anno scolastico, statuente che «la contestazione del numero di assenze in considerazione della particolare situazione pandemica che ha vietato per un periodo lo svolgimento di lezioni in presenza, delle difficoltà quindi per la stessa ricorrente di recuperare dal numero di assenze pregresso e in generale anche in applicazione del principio di precauzione, appare inidonea a determinare il non superamento di per sé dell’anno scolastico, ferme le valutazioni dell’amministrazione in relazione al conseguimento o meno dell’obiettivo formativo.

Ne discende che la normativa regionale, analogamente a quella nazionale, diretta a regolamentare il numero di assenze minime ai fini della possibilità di essere valutati per l’ammissione alla classe successiva deve ritenersi illegittima, così come il provvedimento impugnato. La peculiare situazione pandemica e le difficoltà emerse in sede di organizzazione del settore scolastico depongono nel senso della illogicità delle disposizioni provinciali e nazionali che hanno previsto un limite massimo di assenze. Ne discende, nel complesso, che il provvedimento deve essere annullato per difetto di adeguata motivazione che concerne anche la motivazione sulla assenza di casi eccezionali previsti dall’art. 4, comma 7, dell’allegato a) della delibera n. 691 del 2020 della GPA Trento. La questione incidendo su disposizioni di carattere nazionale e non solo provinciale atte a disciplinare il numero di assenze degli studenti deve ritenersi rientrare nella competenza territoriale del TAR adito».

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