Sinergie di Scuola

Il 17 maggio scorso il Ministro dell’Istruzione ha emanato l’Ordinanza n. 159/2021, attraverso la quale ha riportato all’attenzione dei Dirigenti scolastici e dei docenti l’imminenza delle operazioni di scrutinio, conclusive del lavoro svolto in questo ulteriore anno scolastico contrassegnato da criticità dipendenti dal perdurare della pandemia da Coronavirus.

Il documento è costituito da una lunghissima premessa, che introduce in realtà un unico punto, in cui il Ministro si limita ad informare in merito alla delega attribuita agli USR «a prevedere la conclusione degli scrutini finali per le classi delle istituzioni scolastiche statali e paritarie del primo e secondo ciclo di istruzione entro il termine delle lezioni fissato dai calendari delle Regioni e delle Province autonome, fermo restando l’avvio degli stessi non prima del 1° giugno 2021».

Queste indicazioni non fanno che ribadire quanto previsto nel Decreto-Legge 19/05/2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla Legge 17/07/2020, n. 77, che all’art. 231-bis (“Misure per la ripresa dell’attività didattica in presenza”), comma 1, lett. c prevedeva, per l’a.s. 2020/2021, la conclusione degli scrutini entro il termine delle lezioni.

Anche sulla scorta di opinioni acquisite direttamente da “persone di scuola”, mi sento di affermare che l’Ordinanza non sembrerebbe destinata ad incidere in maniera significativa nei percorsi già da tempo strutturati dalle Istituzioni scolastiche, le quali (ciascuna nell’ambito della propria autonomia), hanno già provveduto a definire i tempi da dedicare agli adempimenti valutativi.

Del resto, anche il Parere n. 56 del 27/04/2021 formulato dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) sullo schema di ordinanza del Ministero dell’Istruzione concernente gli scrutini finali per l’a.s. 2020/2021, suggeriva di evitare indicazioni prescrittive in merito alla calendarizzazione degli scrutini.

Scrutini e riunioni in presenza o a distanza?

In ogni caso, l’O.M. 159/2021 rischia di generare qualche confusione, in una situazione già di per sé soggetta a numerose incertezze a causa del protrarsi del difficile equilibrio tra didattica in presenza e a distanza. Tale documento, tra l’altro, non chiarisce un dubbio che ha accompagnato anche nei mesi precedenti l’operato di insegnanti e Dirigenti scolastici: gli scrutini finali (così come gli incontri degli Organi collegiali di fine anno) vanno condotti in presenza o a distanza?

Per inciso, in base ad informazioni acquisite sia direttamente sia attraverso il web, ho constatato che nella quasi totalità delle Istituzioni scolastiche continua ad essere adottata la modalità a distanza.

Si tratta comunque di decisioni assunte scuola per scuola, così come quelle inerenti la gestione delle riunioni plenarie (relative agli esami conclusivi del I e del II ciclo) in merito alle quali il Dirigente scolastico o il Presidente di commissione hanno il solo onere di comunicazione all’USR.

Nel caso degli esami, tuttavia, si tratta di precise indicazioni contenute nel Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Istruzione e organizzazioni sindacali del settore scuola, denominato “Linee operative per garantire il regolare svolgimento degli esami conclusivi di stato 2020/2021” (registrato come Atto del Ministro n. 14 del 21/05/2021 e siglato in data 22 maggio 2021).

DaD e valutazione nelle classi intermedie

In ogni caso, anche se la qualità della DaD è progressivamente aumentata rispetto agli esordi, l’evidenza di perduranti ostacoli allo svolgimento di un sereno percorso di apprendimento e formazione si rintraccia anche nella recente nota 699 del 5/05/2021, avente per oggetto “Valutazione periodica e finale nelle classi intermedie – Primo e secondo ciclo di istruzione”. In tale documento, pur affermando che «la valutazione degli apprendimenti e delle attività svolte in modalità a distanza produce gli stessi effetti delle attività didattiche svolte in presenza», l’attuale Ministro dell’Istruzione sottolinea la «necessità che la valutazione degli alunni e degli studenti rifletta la complessità del processo di apprendimento maturato nel contesto dell’attuale emergenza epidemiologica».

Di conseguenza «il processo valutativo sul raggiungimento degli obiettivi di apprendimento avverrà in considerazione delle peculiarità delle attività didattiche realizzate, anche in modalità a distanza, e tenendo debito conto delle difficoltà incontrate dagli alunni e dagli studenti in relazione alle situazioni determinate dalla già menzionata situazione emergenziale, con riferimento all’intero anno scolastico».

Partiamo da una considerazione di carattere generale: le problematiche che abitualmente accompagnano la valutazione conclusiva del percorso scolastico annuale (riferite alla calendarizzazione degli impegni, alla gestione di spazi e tempi, alle competenze valutative e agli atteggiamenti dei docenti, alla correttezza dell’iter burocratico e della gestione della documentazione) interessano, di norma, sia l’organizzazione interna, sia i rapporti scuola-famiglia.

Dal momento che i due ambiti sono strettamente interconnessi, è evidente che anche le maggiori difficoltà derivanti dall’attuale situazione di emergenza si riflettono in entrambi i campi.

Valutazione nella scuola primaria

A prescindere dall’instabilità nelle modalità di erogazione del servizio, strettamente dipendente dalle necessità contingenti, in questa sede cerchiamo di analizzare alcuni nodi da affrontare in questo particolare momento, considerando soprattutto la trasformazione programmata e codificata di strutture preesistenti.

In quest’ambito, il più importante esempio è rappresentato dalla (re)introduzione nella scuola primaria dei giudizi al posto dei voti numerici.

Volendo inquadrare la questione a partire dai suoi esordi, è necessario ricordare che la modifica del sistema di valutazione della scuola primaria trova le sue radici nelle difficoltà – manifestate nel precedente anno scolastico soprattutto da parte dei docenti – di utilizzare un parametro numerico per certificare un percorso di apprendimento svoltosi in condizioni “anomale” per il diverso utilizzo di modalità e strumenti di comunicazione docente-alunno.

In effetti, le nuove procedure di interazione a distanza condizionarono particolarmente, in quel momento, la scuola primaria rispetto ai gradi successivi di istruzione. Tali difficoltà, al tempo, trovarono riscontro nel parere del CSPI, che propose già allora di sostituire il voto numerico con un giudizio da riportare nello specifico documento di valutazione.

Tuttavia, l’O.M. 11 del 16/05/2020 (concernente la valutazione finale degli alunni per l’a.s. 2019/2020 e le prime disposizioni per il recupero degli apprendimenti) non recepì tale suggerimento, motivando così tale decisione: «non appare congruo prevedere la valutazione attraverso un giudizio articolato e non attraverso l’attribuzione del voto, in quanto si compirebbe, sia pure pro tempore, una modifica ordinamentale non giustificata né adeguatamente meditata. Il “giudizio articolato”, per essere davvero fondato e condiviso, implicherebbe una attività di studio e confronto da parte degli organi collegiali che non potrebbe che richiedere tempi distesi, in ragione della necessità di individuare criteri, livelli, indicatori e descrittori per ciascuna delle discipline, di illustrarli compiutamente alle famiglie, nonché di predisporre eventuali traduzioni nelle lingue delle famiglie non italofone, al fine di garantire l’indispensabile trasparenza delle valutazioni stesse».

Lo stralcio del documento sopra riportato mette in evidenza l’importanza attribuita dall’allora Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina a due fattori irrinunciabilmente connessi con il cambiamento richiesto:

  • la necessità di tempi di svolgimento di un lavoro collegiale (per l’individuazione di criteri, livelli, indicatori ecc.);
  • le azioni finalizzate ad illustrare adeguatamente alle famiglie (anche non italofone) il nuovo sistema valutativo adottato.

A seguito della constatazione delle suddette esigenze, il Decreto-Legge 8/04/2020, n. 22 (convertito con modificazioni dalla Legge 6/06/2020, n. 41, come integrato dalla Legge 126/2020 di conversione del Decreto-Legge 104/2020) all’art. 1, comma 2-bis annunciò comunque che «In deroga all’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 13/04/2017, n. 62, dall’anno scolastico 2020/2021 la valutazione periodica e finale degli apprendimenti degli alunni delle classi della scuola primaria, per ciascuna delle discipline di studio previste dalle indicazioni nazionali per il curricolo, è espressa attraverso un giudizio descrittivo riportato nel documento di valutazione e riferito a differenti livelli di apprendimento, secondo termini e modalità definiti con ordinanza del Ministro dell’istruzione». In quel momento, il rimando all’anno scolastico successivo fu interpretato come garanzia di avere a disposizione un lasso di tempo sufficiente per poter costruire un percorso che tenesse conto delle esigenze sopra indicate.

Purtroppo, non è andata secondo le previsioni: non si può, infatti, evitare di constatare che la tardiva pubblicazione dell’O.M. 172 del 4/12/2020, recante “Valutazione periodica e finale degli apprendimenti delle alunne e degli alunni delle classi della scuola primaria”, ha condizionato gli esiti della prima applicazione della stessa.

La stessa O.M. all’art. 3, comma 7, prevede lo svolgimento di attività collegiali – propedeutiche alla nuova forma di giudizio – consistenti nell’elaborazione, da parte dell’Istituzione scolastica, di criteri valutativi da inserire nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa nel rispetto degli indirizzi generali contenuti nella normativa nazionale.

Il fatto di disporre delle indicazioni da parte del M.I. solo poco tempo prima della conclusione del primo quadrimestre non ha consentito l’effettiva realizzazione di tale percorso.

In tale situazione, la stragrande maggioranza dei docenti (anche nei casi in cui a livello collegiale era comunque stata condotta una riflessione sul possibile nuovo impianto valutativo) ha provveduto ad un semplice adattamento degli abituali parametri, prassi che – si suppone – continuerà ad essere applicata anche nel secondo quadrimestre.

Del resto, le stesse Linee guida per la formulazione dei giudizi descrittivi allegate all’O.M. hanno identificato una fase transitoria, nella quale viene suggerita ai docenti una selezione degli obiettivi essenziali oggetto di valutazione associandoli ai livelli con le modalità che ogni Istituzione scolastica ritenga di adottare.

Parimenti, nella nota di accompagnamento dell’ordinanza si riconosce il fatto che la modifica è intervenuta a ridosso delle scadenze previste e viene addirittura suggerito, per la prima fase di applicazione, di effettuare un’operazione di trasposizione nei livelli delle valutazioni in itinere (che si presuppone in gran parte effettuate attraverso un voto numerico).

Gli esempi riportati (9/10: avanzato; 7/8: intermedio ecc.) fanno emergere, a mio avviso, tutta la criticità di un’operazione che rischia di configurarsi (e stabilizzarsi) come una mera conversione tra sistemi di codifica, anziché un percorso verso un significato autenticamente diverso di “valutazione” dei livelli di apprendimento raggiunti dagli alunni.

Alunni e famiglie, infatti, non devono essere semplicemente guidati alla capacità di trasporre i voti in giudizi e/o livelli (anche con il supporto di tabelle che semplifichino la conversione), ma nella comprensione di un diverso significato della valutazione, che ha il compito di fornire informazioni sul processo di apprendimento, sulla progressiva costruzione di conoscenze e competenze, sostenendo e potenziando la motivazione al continuo miglioramento a garanzia del successo formativo e scolastico.

Per riprendere le parole di Rino Coppola, membro del direttivo de La Casa degli Insegnanti: «Questa nuova valutazione ci chiede di esplicitarli (gli obiettivi della programmazione didattica) a noi e agli allievi (cioè alle famiglie), nel corso dell’anno, ad ogni esercizio o laboratorio, traducendoli in messaggi comprensibili, trasformandoli in patti, quasi quotidiani, in base ai quali illuminare e descrivere il lavoro».

Il cambiamento di prospettiva è un’operazione non semplice, complicata tra l’altro dal fatto che nella valutazione in itinere i docenti (come s’è accennato) hanno potuto utilizzare in ogni caso i tradizionali voti in decimi.

L’impiego dei giudizi descrittivi comporta un collegamento tra il momento della valutazione e quello della progettazione, in un percorso coerente con la certificazione delle competenze. Documento, quest’ultimo, che – quando viene prodotto e consegnato nelle annualità previste – continua ad essere piuttosto “snobbato” (o quanto meno sottoutilizzato) sia da parte dei docenti che delle famiglie, che indirizzano l’attenzione soprattutto alla misurazione degli apprendimenti disciplinari percependo la distanza della “didattica per competenze” da quella realmente attivata.

Documento di valutazione alla primaria

Tornando all’impegno collegiale, l’art. 6 della stessa O.M., nel definire l’arco temporale degli aa.ss. 2020/2021 e 2021/2022 per la piena applicazione delle disposizioni in essa contenute, indica come primo adempimento da assicurare l’adozione di un nuovo modello di documento di valutazione.

Tale documento, elaborato da ogni Istituzione scolastica nell’esercizio della propria autonomia, pur creato in base alle modalità di lavoro e alla cultura professionale della scuola e diverso nella forma grafica deve utilizzare esclusivamente i livelli presenti nelle Linee guida, così come stabiliti nell’Ordinanza (Avanzato, Intermedio, Base, In via di prima acquisizione).

Il documento deve essere concepito in modo tale da garantire la trasparenza comunicativa nei confronti di alunni e genitori.

Comprendere i meccanismi che stanno alla base della valutazione scolastica è una condizione indispensabile per la corretta interpretazione della stessa, anche con riferimento alle specifiche disposizioni della nota 699/2021 (ai sensi del combinato disposto dell’art. 3 del D.Lgs. 62/2017 e dell’O.M. 172/2020), riguardanti la possibilità di ammettere alla classe successiva (o alla prima classe di scuola secondaria di primo grado) un alunno di scuola primaria anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione, ferma restando l’ipotesi di non ammissione solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione.

Al di là della battuta scherzosa che i miei coetanei potrebbero condividere – “ai miei tempi c’era l’esame di quinta elementare” – dobbiamo prendere atto della necessità di rendere chiara e trasparente ai genitori la finalità delle decisioni adottate dai docenti in sede di scrutinio finale in merito alla prosecuzione del percorso scolastico dell’alunno.

Si tratta di decisioni che vanno assunte in base alla valutazione, condotta con i più recenti criteri, delle opportunità da offrire all’alunno nella prospettiva dello sviluppo delle sue competenze.

Non ammissione alla classe successiva

Il tema della “non ammissione” ci conduce su un terreno decisamente minato, ancor più con riferimento agli altri gradi d’istruzione, in cui il mancato passaggio alla classe successiva potrebbe rappresentare, quest’anno, un’ipotesi più concreta.

A questo proposito è utile tener presente una recente sentenza del Consiglio di Stato (n. 638 del 20/01/2021) relativa all’azione promossa da una famiglia avverso la decisione di non ammettere un alunno alla classe terza della scuola secondaria di I grado.

In questo caso, pur constatando il mancato raggiungimento di adeguati livelli di apprendimento, non era stata offerta allo studente l’opportunità di seguire adeguati percorsi di recupero.

Rammentiamo che la più volte citata nota 699/2021 prevede, per la scuola secondaria di I grado, che «Nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, il consiglio di classe può deliberare, con adeguata motivazione, la non ammissione alla classe successiva, secondo quanto previsto dall’art. 6, comma 2 del D.Lgs. 62/2017».

La motivazione della non ammissione alla classe successiva deve rendere conto anche delle iniziative attivate nel corso dell’anno scolastico, dopo aver rilevato le carenze dell’alunno nell’acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, nonché l’esito negativo del percorso di recupero finalizzato al miglioramento della situazione rilevata.

Si tratta di una questione oggi più che mai particolarmente delicata, anche in considerazione del fatto che nel recente documento ministeriale non si trovano più i riferimenti al Piano di Integrazione degli Apprendimenti (PIA) e al Piano di Apprendimento Individualizzato (PAI) introdotti nel precedente anno scolastico con l’O.M. del 16/05/2020.

Nonostante l’esortazione a tener conto della complessità del processo di apprendimento nel contesto della persistente emergenza e delle conseguenti (eventuali) difficoltà riscontrate dagli studenti, la stessa nota 699/2021 ha ripristinato anche per gli studenti delle prime quattro annualità della scuola secondaria di II grado quanto previsto dalla normativa ordinaria (D.P.R. 122/2009), abolendo la cosiddetta “promozione per tutti” decretata dall’O.M. 11/2020.

L’apparente contraddizione può essere tradotta in termini di restituzione ai docenti della totale responsabilità del giudizio conclusivo, che comprende la considerazione di fattori (soprattutto quelli legati alla pandemia) che possono aver contribuito al mancato raggiungimento di alcuni obiettivi di apprendimento.

Resta, come sempre, il pericolo di soggettività nell’attribuzione di un “peso” ai suddetti fattori, oltre alla potenziale (ben nota) conflittualità tra opinioni diverse al momento di condividere tale decisione all’interno del Consiglio di classe.

Insegnamento dell’Educazione civica

È ancora il caso di sottolineare la novità introdotta dall’insegnamento/apprendimento dell’Educazione civica, cui deve corrispondere, in tutti gli ordini di scuola, una valutazione con le stesse modalità (voto o giudizio) impiegate per le altre discipline.

La proposta viene formulata dal docente coordinatore dell’insegnamento in base agli elementi conoscitivi acquisiti dai docenti del team o del Consiglio di classe.

Nelle classi non di esame della scuola secondaria di II grado un voto inferiore a sei decimi in questa disciplina comporta l’istituto della sospensione del giudizio previsto per tutte le discipline all’art. 4, comma 6 del D.P.R. 122/2009.

L’accertamento del recupero delle carenze formative riferito all’Educazione civica viene affidato a tutti i docenti che sono intervenuti nell’insegnamento in questione secondo la programmazione d’Istituto.

Valutazione nelle classi terminali

Per quanto riguarda le classi terminali della scuola secondaria (di I e II grado) la valutazione effettuata nel corso dello scrutinio finale è correlata all’esame finale.

In entrambi i casi spetta al Consiglio di classe deliberare la mancata ammissione alla prova (unica) nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, ovvero disporre l’ammissione «anche in assenza dei requisiti di cui all’art. 13, comma 2, lettere b) e c) del D.Lgs. 62/2017». Entrambe queste decisioni vanno supportate da un’opportuna motivazione, che deve risultare agli atti.

Per la secondaria di II grado, inoltre, non costituiscono requisito di accesso né la partecipazione alle prove Invalsi né il completamento del monte orario previsto per i PCTO.

Oltre alla considerazione del rendimento scolastico nelle varie discipline, la non ammissione alla classe successiva, nella scuola secondaria di I e II grado, può dipendere dalle seguenti cause:

  • conseguimento di un voto di comportamento non inferiore a sei decimi;
  • mancanza del requisito dell’obbligo di frequenza, che non deve essere inferiore al 75% del monte orario (art. 14, comma 7 del D.P.R. 122/2009 – art. 5 del D.Lgs. 62/2017).

Validità dell’anno scolastico

A riguardo si rammenta il già citato parere del CSPI 56/2021, che richiedeva al Ministero «di eliminare il riferimento all’effettuazione di almeno duecento giorni di lezione prima dell’inizio degli scrutini in quanto l’espletamento degli stessi è connesso al completamento delle attività di valutazione e non al numero di giorni assegnato allo svolgimento delle lezioni dell’anno scolastico».

Ciò detto, va chiarito che il requisito dell’obbligo di frequenza può essere soggetto a deroghe: il Collegio dei docenti è tenuto a deliberare i criteri generali in merito, anche in considerazione della particolare situazione di emergenza connessa con la pandemia; tali criteri possono essere applicati ai singoli casi a condizione che le assenze non pregiudichino, a giudizio del Consiglio di classe, la possibilità di procedere alla valutazione degli alunni.

In proposito, alcune delibere collegiali propongono una diversa considerazione del peso da attribuire alle assenze durante le lezioni on-line: assenze che possono, di fatto, essere dovute anche a cause di forza maggiore (tra tutte, i problemi di connessione).

In relazione al superamento dell’anno scolastico o all’ammissione all’esame di Stato, infatti, qualche Collegio docenti ha ritenuto addirittura di prescindere totalmente dal monte ore di mancata presenza raggiunto da ciascun alunno o alunna (ovviamente, sempre a condizione che in sede di scrutinio il consiglio di classe abbia sufficienti elementi per valutare i livelli di apprendimento raggiunti).

In altri casi, l’elenco dei motivi (da documentare) già deliberato in precedenza (che poteva comprendere problemi legati alla salute, alla partecipazione ad attività sportive e agonistiche, ovvero all’adesione a confessioni religiose per le quali esistono specifiche intese che considerano il sabato come giorno di riposo ecc.) è stato ampliato includendo, ad esempio, particolari e comprovate situazioni di svantaggio socio-culturale che abbiano portato l’alunno e a non frequentare la didattica a distanza, ovvero le assenze dovute ad isolamento domiciliare cautelare o a sintomi assimilabili a Covid-19.

Questa disparità può essere senz’altro letta come un indicatore di criticità rispetto a un pubblico servizio che dovrebbe essere fondato sulla garanzia di pari trattamento per tutti.

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