Sinergie di Scuola

Le misure di contenimento del Covid-19 adottate a partire da marzo 2020 nel nostro Paese hanno indubbiamente mutato abitudini ed equilibri dei cittadini in generale, ma soprattutto hanno fortemente influenzato la vita dei più piccoli e più vulnerabili; si tratta di una situazione già documentata dal report delle Nazioni Unite all’inizio della pandemia.

L’impatto globale dell’emergenza sanitaria, come sostenuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha minato la salute mentale e il benessere delle società, imponendo interventi d’urgenza non solo sul piano fisico ma anche sul piano degli apprendimenti. Gli adolescenti in particolar modo sono stati raramente oggetto di attenzione e di interventi specifici durante la pandemia, anche se le pagine di cronaca recenti testimoniano un disagio psicologico ed emotivo che ha trovato sfogo in comportamenti estremi, attuati in branco, oppure vissuti nella disperazione della solitudine.

Le differenze sociali ed economiche non sono state trascurabili: la struttura familiare, il livello di istruzione, le condizioni di salute mentale preesistenti, l’essere economicamente svantaggiati o l’esperienza personale e familiare della malattia hanno amplificato gli effetti della pandemia in modo significativo per tutti e dunque anche per gli adolescenti (Unicef Italia, 2020).

Un sondaggio realizzato dall’Unicef tra ragazzi e ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni per ascoltare le loro opinioni a seguito della prima ondata dell’emergenza sanitaria e a conclusione del primo lockdown, ha messo in evidenza come un adolescente su tre chiede maggiori reti di ascolto e supporto psicologico. Le scuole hanno attivato sportelli appositi diventando, nei tempi del picco dei contagi, veri e propri presidi sociali, affiancando in Italia il lavoro delle ASL e di una medicina territoriale poco sviluppata e debole, soprattutto in alcune realtà geografiche italiane.

La scuola che da sempre raccoglie, sintetizza e rielabora i bisogni del territorio in cui è radicata, oggi più che mai deve ripartire proprio da queste sollecitazioni «dando parole al dolore», in un’ottica di ascolto, recupero ma soprattutto di prevenzione di taluni comportamenti, in un’età come quella adolescenziale nella quale il disagio delle trasformazioni fisiche potrebbe aggiungere ai vissuti umani di questi giovani cittadini ulteriore sofferenza e disperazione.

Un progetto di prevenzione e contrasto all’analfabetismo emotivo e funzionale

Dalla constatazione di questa situazione e dalla volontà di raccogliere le sollecitazioni della popolazione scolastica è nato in Friuli Venezia Giulia il progetto denominato “Prevenzione e contrasto all’analfabetismo emotivo e funzionale – Dare parole al dolore”, col fine di realizzare un intervento che consideri su più livelli i vari attori della scuola, quali i docenti, gli studenti e le famiglie, per prevenire e contrastare l’analfabetismo emotivo e funzionale. Il progetto, finanziato dalla Regione, nasce da una collaborazione tra l’Ufficio Scolastico Regionale, l’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste e il Centro Provinciale di Istruzione degli Adulti di Trieste, coinvolge sedici scuole del territorio ed è articolato su quattro interventi.

Il primo intervento è rivolto all’intera popolazione studentesca delle scuole secondarie di primo e secondo grado partecipanti e si avvale della collaborazione della Prof.ssa Daniela Lucangeli per sensibilizzare sull’insorgenza di comportamenti a rischio nei giovani.

Il secondo intervento, con un accordo/convenzione con l’IRCCS “Burlo Garofolo” è mirato al contrasto all’analfabetismo emotivo degli adolescenti attraverso due tipi di azioni: una formazione on-line per i docenti e una formazione in presenza per gli studenti. La formazione per i docenti intende introdurre ai principi applicativi della neurodidattica, secondo i quali la mente apprende ed esercita le proprie abilità cognitive in una dimensione affettiva e relazionale particolare che influisce sulla capacità di imparare e trattenere gli apprendimenti.

La formazione in presenza rivolta agli studenti è tesa ad insegnare loro, attraverso attività di DBT (Dialectical Behavior Therapy Skills Training), le abilità pratiche per regolare le emozioni, ridurre i comportamenti impulsivi, risolvere i problemi, costruire e mantenere relazioni interpersonali. Si tratta di interventi che hanno come obiettivo un apprendimento di tipo socio-emotivo, teso ad acquisire le competenze necessarie ad affrontare gli eventi psicosociali stressanti, la capacità di reagire alla disregolazione emotiva, per sviluppare e mantenere delle relazioni significative e affettive intime, familiari, tra pari e a scuola. In buona sostanza si tratta di innescare «un processo attraverso il quale bambini e adulti acquisiscono e mettono in pratica in maniera efficace conoscenze, atteggiamenti e competenze necessarie a riconoscere e gestire le emozioni» (CASEL – Collaborative for Academic Social and Emotional Learning, 2013).

I dati Unicef 2021 sulla salute mentale degli adolescenti ci comunicano che più di un adolescente su sette tra i 10 e i 19 anni convive con un disturbo mentale diagnosticato, 86 milioni hanno solo fra i 15 e i 19 anni e 80 milioni hanno tra i 10 e i 14 anni. Tra i problemi diagnosticati vi sono i disturbi d’ansia, la depressione e i disturbi comportamentali ADHD o disturbi più in generale della condotta.

Il progetto in questione, attraverso la collaborazione con l’Ospedale Burlo Garofolo, intende monitorare gli effetti della formazione attraverso la somministrazione di questionari agli alunni delle classi prime coinvolte in due momenti: pre e post formazione.

Il terzo intervento del progetto si concentra su una serie di moduli proposti alle classi che intendono far conoscere il metodo innovativo “MEMO+” che unisce attività di sviluppo del potenziale emotivo e delle abilità sociali a strumenti efficaci e tecniche a sostegno dell’apprendimento, potenziate da strategie didattiche che usano la visualizzazione grafica e stimolano la multisensorialità, offrendo nuove soluzioni per scoprire e gestire la propria sfera emotiva per sviluppare comportamenti sociali positivi, stare bene con sé e con gli altri.

La quarta ed ultima parte del progetto mette al centro la professionalità dei CPIA regionali per contrastare l’analfabetismo funzionale degli adulti su genitori identificati nelle scuole della rete. Le azioni che verranno attivate saranno il rinforzo nell’acquisizione della lingua italiana e delle competenze digitali di base, al fine di semplificare e migliorare i rapporti di comunicazione con la scuola per lo sviluppo di una cittadinanza attiva e digitale. Le scuole infatti hanno e usano un linguaggio particolare che talvolta risulta estraneo agli utenti anche per gli strumenti utilizzati (piattaforme per la DaD, posta elettronica, PagoPA, SPID, registro elettronico...).

L’insegnamento di strategie di coping

Gli eventi susseguitisi alla pandemia ci hanno mostrato all’interno delle scuole le problematiche sociali più svariate, ma nella richiesta di adottare comportamenti comuni per fronteggiare l’emergenza (uso delle mascherine, Green Pass...) ci hanno resi consapevoli di grandi difficoltà emotive e culturali tra ragazzi e adulti che li gestiscono, che di fatto hanno impedito risposte sociali positive di collaborazione.

Nelle scuole abbiamo assistito a diverse forme di intolleranza alle misure di contrasto (dalla necessità di indossare la mascherina all’esigenza di vaccinarsi), al punto che molti studenti a causa delle scelte degli adulti hanno abbandonato la scuola, talvolta proprio per l’incapacità di reagire da parte degli adulti di riferimento. L’insegnamento nelle scuole di strategie di coping, come appunto la regolazione delle emozioni, rappresenta nella prima adolescenza una vera misura preventiva sulla manifestazione di problematiche emotive e comportamentali che impediscono lo sviluppo di una sana vita sociale. Alcuni studiosi come Gamefski e Kraaij (2018) hanno ad esempio messo in evidenza la relazione tra strategie di regolazione delle emozioni maladattive e sintomi di ansia e depressione negli adolescenti. In particolare lo studio ha identificato una relazione tra depressione e ansia negli adolescenti e coping disfunzionale, come la tendenza a svalutare e incolpare gli altri (locus of control esterno) e la catastrofizzazione, ovvero la propensione a esacerbare le conseguenze negative di un evento.

Il progetto in questo particolare momento storico vuole dare voce al dolore di quanti si sono allontanati dalla scuola e dalle istituzioni, offrendo al contempo anche strumenti pratici di comunicazione. Ha l’ambizione dunque non solo di promuovere comportamenti sociali positivi nei giovani e salvaguardarne i processi di crescita, ma anche di difendere le istituzioni pubbliche investendo su programmi di coordinamento tra le stesse attraverso la ricerca e la pratica orientata alla promozione della salute mentale in età evolutiva.

Si tratta di percorsi molto importanti per sostenere l’educazione alla cittadinanza e un corretto rapporto con le istituzioni, sono azioni che vanno nella direzione di rafforzare anche il senso di appartenenza alla comunità scolastica e a quella più ampia del Paese, soprattutto dopo l’esperienza dell’emergenza epidemiologica che ha creato inevitabilmente fratture e incomprensioni dovute anche alla limitazione dei rapporti sociali.

La scuola infatti, anche quando l’emergenza terminerà, sarà comunque in prima linea ad affrontare questo tipo di problemi, e non può non pensare ad una strategia di prevenzione e contenimento per affrontarli.

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