Sinergie di Scuola

La legislazione italiana prevede istituti giuridici volti a tutelare i titolari di Legge 104/1992 con connotazione di gravità e privi di autonomia: si tratta della tutela, della curatela e dell’amministrazione di sostegno.

Coloro che assumono tali compiti, precisiamo subito, non possono beneficiare delle agevolazioni relative ai permessi di cui alla legge, che restano prerogativa dei familiari aventi diritto. Quindi, hanno diritto a fruire dei permessi lavorativi il coniuge, le coppie unite in unione civile, il convivente di fatto (more uxorio), i parenti e gli affini entro il secondo grado (in alcuni casi anche entro il terzo).

Questa precisazione è molto importante, perché può succedere che le scuole ricevano richieste per la fruizione dei permessi per assistere il disabile da tutori, curatori o amministratori di sostegno. È pertanto bene ribadire che a tali figure non spetta nessuna delle agevolazioni previste dalla legge.

L’amministratore di sostegno, il curatore e il tutore sono tutti nominati dal Giudice Tutelare, ciascuno con funzioni abbastanza simili, anche se con una portata decisionale differente in considerazione alle capacità di agire del soggetto.

Differenze fra tutela e curatela

Entrambi sono istituti volti alla protezione degli “incapaci”.

La tutela è una forma di rappresentanza legale, la curatela si configura come assistenza. Più precisamente, il curatore non ha funzioni di rappresentanza ma di assistenza, poiché non sostituisce ma integra la volontà dell’emancipato o dell’inabilitato. Il curatore cura solo interessi di natura patrimoniale e provvede pertanto solo alla cura dei beni.

L’amministrazione di sostegno

L’amministratore di sostegno è quella figura che offre a chi si trovi in condizioni di menomazione fisica o psichica (es. autismo, demenza senile ecc.) o nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire.

Tale specifica funzione differenzia l’amministrazione di sostegno dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l’interdizione e l’inabilitazione.

Il soggetto nei cui confronti viene disposta l’amministrazione di sostegno conserva ogni capacità di agire in relazione a tutti quegli atti che non richiedano la necessaria rappresentanza o assistenza dell’amministratore di sostegno.

Rispetto ai predetti istituti, l’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno va individuato con riguardo alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze del soggetto carente di autonomia, in relazione alla sua flessibilità e alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa.

L’interdizione

Per giungere all’interdizione non è sufficiente la sola incapacità di provvedere ai propri interessi determinata da difetto di cultura o di esperienza, ma è necessaria una vera e propria alterazione delle facoltà mentali.

Inoltre, da diversi anni a questa parte, l’interdizione non è più obbligatoria, ma deve essere disposta solo quando ciò si riveli necessario ai fini dell’adeguata protezione dell’incapace.

Qualora il giudice, nel corso del giudizio di interdizione, ritenga opportuno applicare il diverso istituto dell’amministrazione di sostegno, dispone a tal fine la trasmissione degli atti al giudice tutelare.

L’interdizione viene disposta dal Tribunale e può essere richiesta dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore e dal pubblico ministero.

La sentenza di interdizione emessa dal Tribunale ha come effetto immediato la dichiarazione d’incapacità totale di agire da parte dell’interdetto in materia di negozi patrimoniali e familiari, anche se il giudice qualora ne ravvisi i casi può anche stabilire che l’interdetto possa compiere alcuni atti di ordinaria amministrazione senza alcun intervento esterno.

Ogni atto eseguito dall’interdetto successivamente alla sentenza di interdizione è annullabile qualora vi sia un’istanza del tutore, degli eredi o aventi causa del diversamente abile (interdetto).

L’interdizione può essere modifica o annullata in presenza di revoca dell’interdizione, pronunciata con sentenza dal tribunale.

L’interdizione si trasforma in inabilitazione quando il giudice tutelare, pur revocando l’interdizione, si pronuncia con ulteriore sentenza di inabilitazione ritenendo comunque il diversamente abile in grado di attendere ad alcune funzioni quotidiane.

L’inabilitazione

Si può ottenere inabilitazione nei casi di:

  • infermità abituale di mente non grave da cui sia affetto il soggetto maggiore di età, cioè infermità non così grave da giustificare l’interdizione;
  • menomazioni fisiche, come la sordità o la cecità dalla nascita o dalla prima infanzia, che non siano state accompagnate da un’educazione correttiva tale da assicurare al soggetto una sufficiente autonomia psico-fisica.

L’inabilitato conserva un certo margine di capacità di agire. In particolare esso può compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione, quelli di natura personale (ad esempio matrimonio, riconoscimento di figlio naturale), può compiere gli atti eccedenti l’ordinanza amministrazione previa autorizzazione del giudice tutelare e con il consenso del curatore, può compiere gli atti di disposizione sempre con l’autorizzazione del tribunale e l’assistenza del curatore, può inoltre essere autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale.

Ogni atto, compiuto dopo la sentenza di inabilitazione, che non abbia contemplato l’osservanza di quanto prescritto è annullabile sia su istanza dell’inabilitato che su istanza degli eredi o aventi causa.

Annullamento dell’atto compiuto dall’incapace naturale

L’incapacità di intendere o di volere consiste nell’effettiva e reale inettitudine psichica, dovuta a qualsiasi causa anche transitoria (infermità di mente, sonnambulismo, suggestione ipnotica, ubriachezza ecc.), in cui viene a trovarsi un soggetto normalmente capace nel momento in cui compie un determinato atto. Si pensi all’esempio della persona che non riesca a redigere un testamento per l’incapacità, magari dovuta ad arteriosclerosi, di tenere a mente ciò che vuole scrivere per il tempo necessario a fissare la propria idea sulla carta.

Pertanto ogni atto posto in essere in stato di incapacità di intendere e di volere è annullabile e l’azione di annullamento si prescrive in cinque anni dal giorno in cui è stato compiuto l’atto.

Essendo però l’incapacità naturale uno stato dell’individuo non preventivamente accertato mediante sentenza (come nel caso dell’interdizione e dell’inabilitazione), si pone il problema di tutelare il soggetto che ha contrattato con l’incapace naturale.

Il legislatore ha distinto e disciplinato diverse ipotesi: per gli atti unilaterali l’annullabilità è ammessa in tutti i casi in cui dall’atto possa derivare un grave pregiudizio per colui che ha contrattato in stato di incapacità naturale; per i contratti invece l’annullabilità è ammessa solo quando sussiste la malafede dell’altro contraente, cioè quando il contraente era a conoscenza delle condizioni di anormalità in cui si trovava l’altra parte, mentre per altri atti (quali matrimonio, testamento, donazione) l’annullamento è sempre ammesso senza che vi sia necessità di altri requisiti.

La nomina dal Giudice Tutelare

Una volta ricevuto l’incarico (accertarsi del tipo di nomina ricevuta, ovvero se in qualità di tutore, curatore o amministratore di sostegno), bisogna leggere attentamente e prendere visione di tutto quanto riportato nel decreto di nomina e degli specifici mandati ricevuti dal Giudice Tutelare; e prendere inoltre visione delle scadenze entro le quali dovranno essere inviate le relazioni e le rendicontazioni al Tribunale.

I riceventi l’incarico dal Giudice Tutelare dovranno attingere dai familiari del diversamente abile, ovvero dai parenti più vicini o dall’assistente sociale, ogni notizia utile e informazioni relative ad entrate e uscite come assegni di quiescenza, contratti di locazione, eventuali conti correnti postali e bancari, eventuali deposito titoli e di risparmio, cassette di sicurezza, eventuali proprietà immobiliari, eventuali debiti o crediti, dichiarazione dei redditi, pagamento imposte e tasse, abbonamenti vari (TV) e tassa di possesso.

Dovranno prendere visione della posta in arrivo intestata al beneficiario e acquisire ogni dato di riferimento. E comunicare il proprio nominativo per ogni ulteriore informazione che interessi il beneficiario.

Il Giudice Tutelare dovrà avere dal ricevente l’incarico una relazione iniziale sulle condizioni socio-sanitarie e sulla situazione patrimoniale del beneficiario, mentre quest’ultimo dovrà a sua volta inviare alla banca o alle poste (dove sono presente il conto corrente, o deposito di risparmio) comunicazione della nomina e quindi richiedere la sospensione dell’inoltro di comunicazioni ad altra persona precedentemente autorizzata o delegata a operare a favore del diversamente abile.

Laddove non vi è la presenza di conto corrente, è necessario aprirne uno nuovo intestato al diversamente abile e con il mandato ad operare dal ricevente incarico dal Giudice Tutelare.

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