Nell’articolo pubblicato sul num. 92 – Ottobre 2019 è stata evidenziata l’importanza del Piano di comunicazione come strumento di (ri)organizzazione della comunità scolastica.

Un’adeguata struttura comunicativa interna consente, infatti, di veicolare le informazioni tra il personale, di far condividere le procedure e di semplificare il lavoro.

Tale contesto è destinato a produrre effetti positivi anche in relazione all’efficienza e al clima dell’ambiente di lavoro, portando all’aumento della partecipazione ad un percorso comune, nell’ambito del quale le competenze individuali hanno maggiori probabilità di emergere e di essere valorizzate.

È peraltro evidente che la costruzione di un apparato comunicativo riferito alla sola componente interna comporterebbe una condizione di autoreferenzialità che non renderebbe possibile la crescita professionale dell’Istituzione Scolastica.

Non dimentichiamo che la scuola, oggi più che mai, deve ritenersi parte di un “sistema formativo integrato”, nell’ambito del quale vanno considerate le diverse realtà presenti sul territorio: altre agenzie educative come Istituzioni Scolastiche, Enti pubblici e privati, associazioni culturali e sportive e, in senso lato, l’intera popolazione.

A questo proposito, gli addetti ai lavori (DS in primis) rammenteranno senz’altro che, nel Questionario Scuola INVALSI, fornito alle scuole per l’elaborazione del percorso di autovalutazione previsto dal Sistema Nazionale di Valutazione, viene attribuita particolare importanza al «numero di reti a cui ciascuna scuola partecipa» o «numero di collaborazioni attivate con gli enti presenti sul territorio».

Comunicazione istituzionale

È importante, a questo punto, sottolineare che la comunicazione della scuola verso l’esterno deve essere considerata e costruita a diversi livelli, a seconda degli scopi che si intende perseguire.

Per portare il discorso sul piano operativo procederemo, quindi, ad esaminare la cosiddetta “comunicazione istituzionale” (diretta ad un maggior numero di soggetti esterni o finalizzata a precisi scopi) per giungere a quella riservata ai “portatori d’interesse” (comunemente definiti stakeholders), con particolare riguardo alle famiglie degli alunni.

Immaginiamo, quindi, di essere un cittadino qualsiasi che entra in una struttura scolastica: non necessariamente un genitore, ma anche un semplice fornitore o una persona che deve recarsi nell’Aula Magna per una manifestazione.

La prima esigenza che avvertiamo è quella di instaurare una comunicazione efficace con il personale presente in portineria.

Come ho avuto modo di ripetere per tanti anni ai miei collaboratori, l’accoglienza all’ingresso dell’edificio è il primo elemento informativo sulla qualità del servizio erogato dall’Istituzione Scolastica.

Un’immagine positiva della stessa spesso si fonda sull’atteggiamento di correttezza, discrezione e cortesia avvertita sin dai primi momenti trascorsi all’interno della struttura scolastica.

Fermo restando il fatto che l’aspetto relazionale fa da substrato alle mansioni di tutti i collaboratori scolastici, è compito del DS effettuare una seria valutazione delle attitudini per identificare coloro che risultano più idonei ad intrattenere rapporti con il pubblico.

È inoltre necessario che vengano date precise disposizioni scritte in merito alla gestione di tali rapporti. Tali disposizioni dovrebbero riguardare:

Segnaletica

Una volta effettuato l’accesso a scuola, la comunicazione con l’utenza si configura come orientamento all’interno degli edifici, affidato alla segnaletica mediante cartelli o piccole insegne.

In quest’ultimo ambito, è opportuno richiamare il Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici, n. 236 del 14/06/1989 (“Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche”) che, riferendosi alla comunicazione negli edifici pubblici, all’art. 4.3 parla della segnaletica in questi termini:

Nelle unità immobiliari e negli spazi esterni accessibili devono essere istallati, in posizioni tali da essere agevolmente visibili, cartelli di indicazione che facilitino l’orientamento e la fruizione degli spazi costruiti e che forniscano una adeguata informazione sull’esistenza degli accorgimenti previsti per l’accessibilità di persone ad impedite o ridotte capacità motorie; in tale caso i cartelli indicatori devono riportare anche il simbolo internazionale di accessibilità di cui all’art. 2 del D.P.R. 27 aprile 1978 n. 384. (poi D.P.R. 24 luglio 1996, n. 503).

Come si nota, il tema della segnaletica è strettamente connesso non solo con la comunicazione in generale ma anche con la delicata questione dell’inclusività, di cui la scuola è chiamata a rappresentare un esempio proprio in considerazione della sua funzione educativa.

Le prescrizioni che questa normativa indirizza alle strutture destinate ad attività sociali (tra le quali sono esplicitamente comprese quelle scolastiche), riguardano la leggibilità di numeri civici, targhe e contrassegni che hanno il compito di indicare le «attività principali ivi svolte ed i percorsi necessari per raggiungerle».

È evidente la necessità, per il DS, di prevedere una puntuale ricognizione periodica dell’esistente, nell’ambito della quale andrà considerata con particolare attenzione la segnaletica di sicurezza, che comporta la responsabilità di attirare l’attenzione di qualsiasi persona che entri nell’edificio su oggetti e situazioni che possono costituire forte di pericolo.

In concomitanza dell’indagine (e messa a punto) della segnaletica va effettuata la valutazione di spazi e arredi, operazione che, di fatto, viene periodicamente svolta (in occasione degli aggiornamenti del DVR, a fini inventariali ecc.).

Va però precisato che l’osservazione assume una sfumatura diversa se tali elementi vengono posti in relazione alla comunicazione. In questo caso, essa è paragonabile all’ottica del “padrone di casa” poiché è finalizzata a comprendere quale sia l’immagine che la scuola offre al pubblico, sia in termini di aspetto, sia in funzione dell’utilizzo.

Gestione delle informazioni

Una volta esauriti gli aspetti collegati al “primo impatto” con l’ambiente scolastico, possiamo cominciare a parlare di comunicazione in termini di “trasmissione di informazioni”.

La gestione delle informazioni deve essere sempre considerata nella duplice prospettiva della trasparenza e della semplificazione.

La semplificazione, in particolare, si concretizza nell’organizzazione di procedure – per quanto possibile – rapide e snelle. Tale condizione va, tra l’altro, a tutto vantaggio anche degli Uffici di segreteria che spesso si connotano anche come “Uffici per le Relazioni con il Pubblico” (URP), ciascun Ufficio in base alle competenze attribuite agli assistenti amministrativi nel Piano delle Attività predisposto dal DSGA.

Pur non esistendo uno specifico URP nella maggior parte delle Istituzioni scolastiche, la funzione che le Segreterie scolastiche sono tenute a svolgere non è, in ogni caso, un adempimento secondario.

Infatti, dopo la promulgazione della Legge n. 241 del 7/08/1990 sul diritto di accesso agli atti amministrativi, la presenza degli URP nelle amministrazioni pubbliche è stata introdotta dal D.Lgs. 29 del 3/02/1993 (“Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego”), al fine di realizzare, nell’ambito dei vari Enti, iniziative di comunicazione di pubblica utilità finalizzate alla conoscenza di normative, servizi e strutture per favorire la partecipazione dei cittadini.

Successivamente, la Legge n. 150 del 7/06/2000 ha formalizzato in via definitiva l’obbligo di riorganizzare gli Uffici per le Relazioni con il Pubblico, rendendo di fatto la comunicazione una funzione prioritaria per tutte le amministrazioni dello Stato.

Gli Uffici, nella loro veste di URP, devono garantire il diritto all’informazione (anche attraverso la distribuzione di materiali divulgativi non messi a disposizione in Portineria), nonché all’accesso agli atti amministrativi e all’acquisizione di conoscenze sullo stato dei procedimenti.

È inoltre compito degli URP ricevere proposte, suggerimenti e reclami da inoltrare agli organi competenti.

Carta dei Servizi

La comunicazione informativa sui servizi e le attività della scuola è assicurata anche da altri strumenti, come la Carta dei Servizi che deve essere messa a disposizione degli utenti.

Tale documento (previsto dal D.P.C.M. del 7/06/1995) costituisce uno strumento di attuazione del principio della trasparenza e come tale deve essere chiaro, leggibile e di facile accesso.

Come tutti i documenti che stanno alla base dell’organizzazione scolastica, anche la Carta dei Servizi (già presente agli atti da più di un ventennio e redatta sulla base dello “schema generale di riferimento” di cui al suddetto decreto) necessita di revisioni che il DS deve periodicamente disporre per poter offrire all’utenza un’immagine aggiornata del servizio offerto.

Comunicazione verso gli stakeholders

Non ci soffermeremo, a questo punto, sui rapporti che la scuola intrattiene con i collaboratori esterni (compresi i fornitori), nonostante anche in questi casi una comunicazione efficace e trasparente sia il presupposto indispensabile di una complessiva qualità dei servizi.

Non tratteremo neppure la gestione delle comunicazioni attraverso la posta elettronica e il sito web, pur se quest’ultimo costituisce ormai uno strumento basilare non solo per diffondere informazioni ma anche per promuovere l’Istituzione Scolastica, dando visibilità a tutte le iniziative che contribuiscono alla costruzione della sua identità.

Ci riserviamo, nonostante la citazione in premessa della loro importanza, di analizzare in altra occasione il rapporto con le altre Istituzioni presenti sul territorio con le quali la scuola condivide attività progettuali (curricolari e/o extracurriculari), destinate a giocare un importante ruolo nell’ambito delle politiche educative e formative presenti nella realtà socio/ambientale.

Ci occuperemo, invece, della comunicazione finalizzata al coinvolgimento, nel progetto formativo, dell’utenza (già identificata nella ristretta accezione di stakeholders quali “portatori d’interesse”) che ha come presupposto la conoscenza e la condivisione del Piano Triennale dell’Offerta Formativa.

In tal senso, acquistano particolare rilevanza le indicazioni fornite dalla nota MIURn. 19534 del 20/11/2018, di cui vale la pena dì riportare uno stralcio:

Ai fini della predisposizione del PTOF la scuola deve promuovere i necessari rapporti con tutti i portatori di interesse e, prendendo in considerazione le proposte e i pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni dei genitori e, per le scuole secondarie di secondo grado, degli studenti. Il PTOF deve, necessariamente, essere predisposto antecedentemente alle iscrizioni, per consentire alle famiglie di conoscere l’offerta formativa delle scuole così da assumere scelte consapevoli in merito all’iscrizione dei figli.

È ancora il caso di citare la nota n. 17832 del 16/10/2018, che fornisce indicazioni generali per facilitare il lavoro di predisposizione del PTOF 2019-2022 in previsione della fase finale del processo valutativo previsto dall’art. 6, comma l, lett. d del D.P.R. 28/03/2013, n. 80, fase che consiste nella rendicontazione sociale che dovrà concludersi nel mese di dicembre del corrente anno. In questa nota si riprende il comma 17 della Legge 107/2015, il quale prevede che «le istituzioni scolastiche, anche al fine di permettere una valutazione comparativa da parte degli studenti e delle famiglie, assicurano la piena trasparenza e pubblicità dei piani triennali dell’offerta formativa».

In questi documenti ministeriali il PTOF viene quindi considerato in una duplice funzione nel rapporto scuola-famiglia: quella informativa e quella progettuale.

È infatti esplicitamente richiesto che tutte le attività didattiche inserite nel PTOF, anche quelle aggiunte in corso d’anno, vengano fatte conoscere alle famiglie e agli studenti (maggiorenni).

Quanto alla progettualità, questa deve essere basata su un rapporto costruttivo: coinvolgere le famiglie significa accettare di discutere e le scelte e accogliere i suggerimenti e le proposte di collaborazione alle attività scolastiche, offrendo spazi idonei che non compromettano in alcun modo le competenze educative proprie degli insegnanti.

Come realizzare tutto ciò? Partendo dalla partecipazione agli organi collegiali: è importante organizzare iniziative finalizzate a rendere meno formale il ruolo che i genitori assumono in questo ambito (es. incontri per scambi di dati, pareri ed esperienze). In queste occasioni, il genitore dovrebbe cominciare a sentirsi parte dell’organizzazione scolastica e non soltanto un promotore di collette (o gestore di un fondo classe), né un organizzatore di gite o un collettore di malumori.

Questionari sulla soddisfazione dell’utenza

Un discorso specifico riguarda infine la rilevazione del grado di soddisfazione dell’utenza.

Questo passaggio, fondamentale nell’ambito dell’attività di valutazione d’Istituto, viene utilizzato soprattutto per portare alcuni correttivi ad aspetti generali (aggiustamento orari, verifica dei servizi come refezione, accesso alle aree pertinenti agli edifici ecc.). A volte, accade che vengano modificati alcuni aspetti dell’attività progettuale, ma prevalentemente in termini di eventuali costi o di frequenza di attuazione di determinate attività.

Non accade spesso che vengano proposte indagini su aspetti che potrebbero costituire, per il personale, una reale occasione per riflettere sul proprio operato modificando, se è il caso, alcune convinzioni e atteggiamenti nell’ottica di una flessibilità che non è accondiscendenza o delega del proprio ruolo.

È inutile negarlo: ogniqualvolta nella scuola si parla di valutazione esterna, scatta un meccanismo di rifiuto, di difesa, di chiusura.

Sembra, ai docenti (e a volte anche ai DS), che tale azione comporti esposizione a indebite critiche, ovvero che possa costituire una pericolosa fonte di conflittualità, creando una sorta di “graduatoria” nell’ambito del personale.

Tale rischio è stato ben evidenziato da Stefania Giannini, ex Ministro della Pubblica Istruzione, che ho avuto l’onore di conoscere personalmente nel corso di una visita a un Istituto da me diretto.

La stessa Giannini così si espresse, nel 2014, in merito alla valutazione delle Istituzioni Scolastiche: «È lo strumento fondamentale per capire i punti di forza e debolezza e per far sì che la scuola possa assolvere, migliorandosi, a quella che è la sua missione fondamentale, la missione educativa. [...] La valutazione non è uno scopo, ma è uno strumento che serve a raggiungere uno scopo: migliorare e mettere a frutto il potenziale di ogni singola scuola».

Affinché tale strumento esplichi la sua piena funzione, è necessario innestare un processo sistematico di revisione il cui obiettivo è quello di ottenere informazioni su specifici aspetti (organizzativi o curricolari).

La raccolta delle informazioni dovrebbe essere curata dalla “Unità di autovalutazione”, finalizzata alla stesura e revisione del RAV e prevista, per ogni scuola, dalla C.M. n. 47 del 21/10/2014, con la quale il MIUR ha trasmesso la Direttiva 11/2014 applicativa del Regolamento sul sistema nazionale di valutazione adottato con il D.P.R. 80/2013.

Questa “Unità”, formata dal Dirigente, dal docente referente della valutazione e da uno o più docenti con adeguata professionalità, può avvalersi della collaborazione di gruppi di lavoro per l’elaborazione di materiali (come i questionari) per la raccolta di informazioni su argomenti come l’importanza delle regole, il clima scolastico ecc.

In alcune realtà, per poter condurre in modo più proficuo i sondaggi, i gruppi di lavoro sono stati aperti alla presenza di rappresentanti della componente genitori.

Dall’analisi di alcune esperienze emerge, anche in questo contesto, il valore della comunicazione, qui intesa come modalità di informazione in merito a ciò che avviene nella scuola, in termini di attività svolte in classe, ovvero come accoglienza da parte dei docenti e del DS, nonché di condivisione in merito alle osservazioni espresse da questi ultimi nel corso dei colloqui.

Analizzando alcuni questionari prodotti da istituzioni scolastiche, emergono alcuni interessanti quesiti rivolti alle famiglie degli alunni, come ad esempio:

Ritengo siano spunti importanti per avviare una riflessione, sul piano comunicativo e valutativo, della propria realtà istituzionale.

Altrettanto significativi potrebbero risultare i dati derivanti dalle informazioni ricavate dai pareri espressi dagli alunni, sia relativi alla soddisfazione nei confronti delle attività didattiche (anche con riferimento alla validità dei progetti ai fini dell’arricchimento delle conoscenze), sia riguardanti il rapporto con i docenti.

In particolare, la valutazione del corpo docente è un campo di indagine che ha preso avvio in gran parte dei Paesi europei e non solo (Inghilterra, Scozia, Irlanda, Galles, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Australia, Canada ecc.) e che dovrebbe ottenere il consenso da parte degli insegnanti – con la convinzione dell’utilità di un riscontro in merito – anche se, in Italia, tale pratica stenta a trovare un’adeguata collocazione all’interno del mondo scolastico.

La valutazione dei docenti si riferisce, sul piano professionale, alla chiarezza degli obiettivi delle unità didattiche proposte, delle informazioni veicolate, delle consegne in merito al lavoro da svolgere, della valutazione degli elaborati prodotti.

Se ci rivolgiamo agli aspetti comunicativi del rapporto docenti-alunni, essi possono riguardare la capacità di stimolare alla riflessione, di incoraggiare il dialogo e il confronto, di suscitare interesse e coinvolgimento, di stabilire un clima sereno e costruttivo all’interno della classe, di garantire equità di trattamento.

Una prassi consigliabile di gestione del sondaggio potrebbe consistere nell’anonimità del questionario e nella messa a disposizione dei dati al solo docente interessato, il quale potrà valutare l’opportunità di discutere dei risultati con la classe, anche al fine di sviluppare un dialogo sulle eventuali criticità riscontrate.

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