Sinergie di Scuola

In questo contributo, tra le varie definizioni della relazione tra l’Istituzione scolastica e le famiglie degli alunni (o gli studenti maggiorenni), si intende analizzare quella di “rapporto regolato dal diritto pubblico”, che si instaura al momento dell’iscrizione e – se non precedentemente interrotto – si conclude con il passaggio al successivo ordine di scuola ovvero con il conseguimento del titolo di studio.

Considerata la molteplicità delle disposizioni legislative che regolano il rapporto in questione, sembra utile iniziare la nostra analisi richiamando gli artt. 30 e 33 della Costituzione della Repubblica Italiana che sanciscono rispettivamente:

  • il dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli;
  • la competenza della Stato a dettare le norme generali sull’istruzione e istituire scuole per tutti gli ordini e gradi.

La corresponsabilità educativa

La ben nota corresponsabilità educativa che emerge dai suddetti principi si esplica in un percorso che si avvale di procedimenti amministrativi strutturati su un insieme di norme (ad esempio la Legge 7/08/1990 n. 241, che disciplina il diritto di accesso ai documenti amministrativi, o il D.P.R. 28/12/2000 n. 445, inerente la documentazione e l’autocertificazione).

È il caso di sottolineare che l’Istituzione scolastica, in base a quanto espresso nei sopra indicati articoli costituzionali, in qualità di Pubblica amministrazione e nel rispetto delle norme giuridiche che ne disciplinano l’attività, assume una posizione “di supremazia” rispetto agli utenti (per esempio nell’ambito delle scelte di programmi e di metodi didattici, nei confronti dei quali non è opponibile un diritto di veto da parte delle famiglie).

La scuola, peraltro, detiene la gestione di atti e provvedimenti riguardanti il legittimo interesse del genitore in rappresentanza del figlio minorenne (o dello stesso studente se maggiorenne).

Quest’ultimo concetto (“legittimo interesse”) descrive una situazione giuridica riconosciuta dal diritto italiano, che si concretizza nel diritto del soggetto di conseguire o conservare un’utilità accertando lo svolgimento – da parte della Pubblica amministrazione – delle funzioni che le sono proprie.

In altri termini, le famiglie si trovano nell’ impossibilità giuridica di porre veti (o di formulare imposizioni) nel campo delle azioni di istruzione ed educazione realizzate nella scuola, ma hanno diritto alla garanzia che i provvedimenti adottati da quest’ultima ottemperino alle disposizioni normative vigenti.

In caso di mancato rispetto possono, di conseguenza, essere pretesi atti riparativi di vario genere che possono comprendere anche il risarcimento del danno.

È quindi importante affrontare l’analisi di alcuni aspetti che caratterizzano – sin dalle prime fasi – il rapporto scuola-famiglia, evidenziando gli elementi che potrebbero condurre a contenziosi per violazione dell’interesse legittimo.

Chiariamo innanzitutto che, nonostante le riflessioni sin qui condotte sulle limitazioni del potere soggettivo delle famiglie nel rapporto con la scuola, i primi atti con valore giuridico prodotti dai genitori nell’ambito di questo rapporto hanno una valenza dispositiva (cioè determinante).

Si tratta di situazioni in cui le famiglie assumono il ruolo attivo proprio della potestà genitoriale, che viene esercitata fino al raggiungimento della maggiore età dei figli.

Per inciso, va chiarito che il compimento del diciottesimo anno non comporta automaticamente l’estraneità del genitore alla vita scolastica del figlio, nei confronti della quale essi conservano un interesse direttamente collegato con l’esercizio del ruolo genitoriale. La differenza sta nel fatto che il figlio maggiorenne può esercitare autonomamente alcuni diritti, come quello di accesso al flusso informativo di cui alle disposizioni della Legge 241/1990 e del D.Lgs. 196/2003, aggiornato al GDPR.

Iscrizione e assolvimento dell’obbligo scolastico

Nell’esercizio della potestà genitoriale, tra le decisioni riguardanti questioni di particolare importanza si annoverano le scelte inerenti l’educazione e l’istruzione, come quella relativa al percorso di studi o alla scuola dove iscrivere il figlio.

L’iscrizione rappresenta innanzitutto un dovere ben descritto all’art. 5 del D.Lgs. 15/04/2005 n. 76, che definisce i genitori dei minori (o coloro che a qualsiasi titolo ne facciano le veci) «responsabili dell’adempimento del dovere di istruzione e formazione».

Al concetto di “obbligo scolastico” si collega, com’è ben noto, la responsabilità del Dirigente della scuola presso la quale il minore è iscritto (o sia stata presentata richiesta di iscrizione) di assicurare la vigilanza – per tutta la durata del rapporto scuola/famiglia – sull’adempimento del dovere di istruzione e formazione, richiamata dall’art. 5 del D.Lgs. 76/2005.

Tale responsabilità (che mette chiaramente in luce il fatto che il legittimo interesse debba esser sempre riferito al minore e non agli esercenti la patria potestà) è chiaramente descritta nella sentenza della Cassazione penale n. 33841/2007, che afferma quanto segue: «Integra il reato di cui all’art. 731 c.p. la condotta di chi, investito di autorità o incaricato della vigilanza sopra un minore, ometta di vigilare e controllare che il minore si rechi realmente a scuola per ricevere l’istruzione».

In merito alle problematiche relative alla mancata iscrizione o frequenza scolastica, per mantenere il discorso nell’ambito dell’argomento principale che stiamo trattando ci limiteremo qui a ricordare che – prima di provvedere alla presentazione della formale denuncia all’Autorità Giudiziaria – il Dirigente scolastico è tenuto a porre in atto gli interventi indicati nell’art. 114 del D.Lgs. 16/04/1994 n. 297.

Le procedure ivi descritte prevedono – sia che si tratti di mancata iscrizione, sia di un numero troppo elevato di assenze (o addirittura di interruzione di frequenza) – la segnalazione prioritaria all’Ente locale e il successivo compimento di un periodo temporale pari a 30 giorni senza che si sia verificata una risoluzione del problema.

Solo in situazioni che il Dirigente scolastico ritenga di particolare gravità la segnalazione alla Procura presso il Tribunale per i minorenni può essere immediata: la valutazione della gravità, com’è evidente, ricade sotto la responsabilità del medesimo Capo d’Istituto.

L’istruzione parentale

Sempre con riferimento all’assolvimento dell’obbligo scolastico è indispensabile riprendere il D.Lgs. 76/2005, che all’art. 1, comma 4 norma prevede che «i genitori, o chi ne fa le veci, che intendano provvedere privatamente o direttamente all’istruzione dei propri figli, ai fini dell’esercizio del diritto-dovere, devono dimostrare di averne la capacità tecnica o economica e darne comunicazione anno per anno alla competente autorità, che provvede agli opportuni controlli».

Cominciamo col dire che dal testo normativo citato si evince il dovere – da parte della famiglia – di presentare annualmente (di solito entro fine gennaio) la dichiarazione di istruzione parentale al Dirigente scolastico del territorio di residenza. La stessa comunicazione può essere opportunamente inviata dai genitori al sindaco del Comune di residenza, che – unitamente al DS che riceve la domanda di istruzione parentale – è competente a vigilare sull’esercizio dell’obbligo di istruzione.

La comunicazione non può assumere il significato di “richiesta”, in quanto il Dirigente scolastico si limita a prenderne atto, senza avere la facoltà di accettarla o respingerla.

Quanto all’azione di controllo (che può essere esercitata sin dall’inizio attraverso la verifica dei requisiti allo svolgimento dell’istruzione parentale) sembra necessario sottolineare che il più recente provvedimento legislativo che tratta la questione, cioè il D.Lgs. 13/04/2017 n. 62, all’art. 23 non fa più menzione dei concetti di “capacità tecnica” ed “economica”.

Al fine di evitare possibili conflittualità e considerate le ambiguità interpretative in proposito, per l’accertamento dell’idoneità si suggerisce al DS (anche in base all’orientamento espresso da LAIF – Associazione nazionale per la tutela e la promozione dell’istruzione parentale) di richiedere un documento progettuale contenente le linee d’indirizzo che caratterizzeranno il percorso educativo e di apprendimento che i genitori intendono porre in atto.

Questo documento potrà risultare utile anche ai fini dell’esame di idoneità alla classe successiva che il minore deve sostenere in qualità di candidato esterno (sempre annualmente e fino all’assolvimento dell’obbligo di istruzione) in una scuola statale o paritaria.

Genitori separati

Tornando all’atto d’iscrizione, si precisa che la potestà, in caso di situazioni di separazione, di scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio deve essere correttamente esercitata da entrambi i genitori secondo quanto disposto dalla Legge 8/02/2006 n. 54 e dagli artt. 155 e 317, comma 2 del codice civile.

Per quanto riguarda i riferimenti alla realtà scolastica, si suggerisce di riesaminare la nota ministeriale n. 5336 del 2/09/2015 avente per oggetto: “Indicazioni operative per la concreta attuazione in ambito scolastico della legge 54/2006 – Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”. Si ricorda inoltre che la scuola, pur avendo l’onere di instaurare una relazione corretta con l’alunno attraverso la sua famiglia, in assenza di diverse comunicazioni agisce in base alla situazione giuridica risultante agli atti che, di norma, prevede che la potestà venga esercitata di comune accordo da entrambi i genitori. Nel caso di genitori separati o divorziati è necessaria comunque l’acquisizione della firma di entrambi i genitori.

È responsabilità esclusiva di questi ultimi la consegna – se esistente – del documento scritto che descriva eventuali provvedimenti specifici disposti in merito dal giudice al momento della sentenza di affidamento.

In caso di disaccordo in tema di iscrizione scolastica del minore la scuola deve sospendere ogni iniziativa in quanto non ha comunque alcuna competenza giuridica in merito: ciascuno dei genitori, se non intende addivenire ad una decisione concordata, può ricorrere al giudice, cui spetta indicare i provvedimenti che ritiene più idonei (art. 316 c.c.), ai quali il DS sarà chiamato successivamente a riferirsi.

L’atto di delega

Un’altra questione che deve essere sempre posta in correlazione con le possibili conflittualità tra le figure genitoriali in caso di separazione riguarda gli atti di delega.

Tale strumento viene utilizzato nei casi in cui il genitore ha la necessità di farsi sostituire da soggetti diversi dall’altro genitore, in quanto abitualmente quest’ultimo non ha bisogno di delega, esercitando facoltà e poteri propri.

La delega a terzi deve essere conferita in forma scritta e contenere la precisa elencazione degli atti delegati che, oltre al “ritiro” del minore al termine delle lezioni, possono riguardare la partecipazione ai colloqui con i docenti, la sottoscrizione dei documenti di valutazione, delle giustificazioni ecc.

Qualsiasi sia la forma scritta della richiesta essa deve riportare (oltre ai nomi dei genitori e quello dell’alunno con il plesso e la classe frequentata) i nominativi e gli estremi del documento di riconoscimento di ciascuna persona delegata. Inoltre i genitori devono dichiarare, ai sensi e per gli effetti del D.P.R. 445/2000 e successive modifiche e integrazioni:

  • di essere consapevoli che al ritiro non può essere delegata persona minorenne;
  • di essere a conoscenza degli orari di attività della scuola e di impegnarsi al massimo rispetto degli stessi dandone comunicazione alle persone da loro delegate;
  • di essere a conoscenza che il docente, all’atto della consegna dell’alunno/a, potrà richiedere il documento di riconoscimento nel caso non sussista la conoscenza personale del delegato;
  • di sollevare l’Istituto scolastico da qualsiasi responsabilità circa qualsivoglia evento che possa accadere dopo l’affidamento all’uscita della scuola.

La delega al ritiro del figlio da scuola va firmata da entrambi i genitori e per accettazione dalla persona delegata. Alla delega occorre allegare le fotocopie dei documenti di identità dei deleganti e dei delegati.

Se la domanda viene formulata e firmata da uno solo dei genitori va richiesta la sottoscrizione di una dichiarazione come questa: ”Ai sensi e per gli effetti del D.P.R. 445/2000, consapevole delle sanzioni penali richiamate dall’art. 76 del citato D.P.R. in caso di dichiarazioni mendaci, dichiaro sotto la mia personale responsabilità di esprimere anche la volontà dell’altro genitore che esercita la patria potestà dell’alunno/a, il quale conosce e condivide le scelte esplicitate attraverso la presente delega”.

Nel caso che tale dichiarazione non sia ottenibile, va rammentato che le norme che sanciscono l’esercizio congiunto della responsabilità genitoriale prevedono anche il compimento disgiunto di atti di ordinaria amministrazione. In sostanza, quindi, ogni genitore, indipendentemente dall’altro, può delegare soggetti terzi al ritiro del bambino da scuola. In questa situazione, pertanto, la scuola non può esimersi dall’accogliere l’istanza e il genitore contrario alla delega, se lo ritiene, potrà presentare opposizione rivolgendosi all’autorità competente.

Resta inteso che, in ogni caso, il prelievo effettuato da persona priva di delega non deve essere consentito.

Le problematiche che derivano dalla conflittualità tra figure genitoriali debbono essere comunque oggetto di attenzione durante tutto il percorso scolastico del minore.

Si tenga presente, in proposito, che ogni genitore (anche non affidatario, purché abbia conservato la potestà parentale) ha non solo il diritto ma anche il dovere di acquisire e di essere destinatario di informazioni in merito all’andamento scolastico del proprio figlio attraverso tutti i mezzi e gli strumenti disponibili (colloqui, scheda di valutazione, comunicazione assenze, accesso al registro elettronico ecc.).

Insegnamento della religione cattolica

Un’altra importante decisione riservata alla potestà genitoriale riguarda la scelta di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica che, com’è ben noto:

  • va espressa all’atto dell’iscrizione mediante la compilazione dell’apposita sezione on-line del modulo ovvero, per le iscrizioni che non siano presentate on-line, attraverso la compilazione del modello nazionale;
  • può essere modificata, su iniziativa degli interessati, ogni anno per quello successivo entro il termine delle iscrizioni (e non in qualsiasi momento).

All’avvio dell’anno scolastico, in attuazione della programmazione di inizio d’anno da parte degli organi collegiali, verrà invece identificata l’opzione tra attività didattiche e formative, attività di studio e/o di ricerca individuale con assistenza di personale docente, libera attività di studio e/o di ricerca individuale senza assistenza di personale docente (per studenti delle scuole di secondo grado), non frequenza della scuola (ove possibile) nelle ore di insegnamento della religione cattolica.

Non ci soffermiamo ulteriormente su questo tema ampiamente conosciuto e dibattuto, se non per ricordare brevemente che l’organizzazione del tempo-scuola per gli alunni non avvalentisi deve essere oggetto di un’accurata programmazione, che deve essere resa pubblica e illustrata alle famiglie interessate affinché possano consapevolmente indicare l’opzione alternativa ben consci, tra l’altro, che la frequenza delle attività didattiche e formative (prima opzione) sarà oggetto di valutazione periodica dell’apprendimento.

Tutela della salute

Procedendo con l’analisi delle questioni di particolare importanza che competono alla potestà genitoriale, vanno esaminate quelle che attengono alla tutela della salute dei figli.

In questo campo ci limiteremo ad elencare alcuni principi generali, non entrando nello specifico delle complesse dinamiche legate alla prevenzione del contagio da Coronavirus (dettagliatamente e costantemente trattate da molti esperti).

Sul piano giuridico, rammentiamo innanzitutto che l’art. 32 della Costituzione sancisce il diritto alla non imposizione di trattamenti sanitari.

Pertanto, non può essere imposto alla famiglia di sottoporre il proprio figlio a visite mediche atte a stabilire la sussistenza o meno di disabilità o di disturbi specifici dell’apprendimento, così come non può essere richiesta la somministrazione di farmaci o l’adesione all’assistenza psicologica offerta dalla scuola.

L’unica eccezione riguarda gli adempimenti vaccinali, pur se la mancata regolarizzazione della situazione vaccinale comporta la decadenza dall’iscrizione per la sola scuola dell’infanzia, che non rientra nell’obbligo scolastico.

All’avvio del rapporto giuridico-amministrativo con la scuola, i genitori sono invece tenuti a fornire informazioni (con consegna di documentazione) in merito a situazioni già accertate di disabilità, di disturbi specifici di apprendimento, di fragilità certificate dal medico curante/pediatra che richiedano l’attivazione di specifiche misure ecc.

La scuola può favorire questo adempimento mettendo a disposizione modelli appositamente predisposti.

Per quanto attiene ad alcune patologie croniche specifiche (es. diabete di tipo I, epilessia) la scuola dovrà intraprendere azioni, che coinvolgano insegnanti e personale amministrativo, descritte in appositi protocolli d’intesa stipulati con le famiglie, i professionisti sanitari, i Centri pediatrici specializzati, i Pediatri di libera scelta o i Medici di medicina generale del bimbo ecc.

Riprendendo il discorso in merito alle garanzie che la scuola è chiamata ad offrire a tutela del legittimo interesse, si sottolinea che l’art. 32 della Costituzione pone in capo alla scuola, come Istituzione pubblica, la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.

Dopo aver posto in atto tutte le misure organizzative necessarie a garantire tale diritto, il ruolo della scuola in tema di interventi di tutela e di prevenzione è anche quello di mettere sollecitamente a disposizione delle famiglie le necessarie e opportune informazioni su alcuni protocolli da seguire (tra i quali, oltre agli attuali procedimenti inerenti la prevenzione del contagio da Covid-19 , quelli inerenti la somministrazioni di farmaci a scuola, quelli da applicare in situazioni specifiche come i casi di pediculosi, quelli relativi alla gestione delle malattie infettive nelle comunità scolastiche).

Un’ampia azione informativa andrebbe specificatamente svolta in merito ai certificati medici, la cui gestione in relazione al rientro a scuola dopo un periodo di malattia è stabilita dalla normativa regionale, fermo restando il riferimento a norme generali oggetto di decreti. Vanno altresì diffusamente comunicate le disposizioni che richiedono la certificazione medica per l’accesso alle attività sportive.

Patto Educativo di Corresponsabilità

In concomitanza con l’iscrizione, il genitore (o lo studente maggiorenne) è infine tenuto (ai sensi dell’ art. 5-bis, comma 1 del D.P.R. 24/06/1998 n. 249) a sottoscrivere il Patto Educativo di Corresponsabilità, che non ha unicamente lo scopo di coinvolgere la famiglia in un’ottica di collaborazione con la scuola, ma costituisce un atto che documenta la responsabilità dei genitori (o di chi ne fa le veci) nel caso in cui il minore adotti un comportamento che arrechi danni a persone o cose. Si parla, in questo caso di culpa in educando: tale definizione descrive, appunto, la responsabilità, anche in sede di un eventuale contenzioso giudiziario, connesse all’educazione del figlio, che permangono anche quando egli è affidato alla vigilanza del personale della scuola.

Passaggio ad altra scuola

Come si accennava in apertura, il rapporto scuola-famiglia può interrompersi anche prima della sua naturale conclusione, cioè a seguito di passaggio ad altra Istituzione scolastica.

In questa circostanza la famiglia è tenuta a presentare due domande, la prima delle quali al Dirigente scolastico della scuola in cui intende trasferirsi.

Rispetto all’accoglienza o meno della richiesta, il Capo d’Istituto in questione ha un margine di discrezionalità limitato a motivate ragioni organizzative che è tenuto a sua volta a dichiarare (ad esempio il trasferimento non deve comportare l’attivazione di nuove classi).

Dopo aver avuto riscontro positivo dalla scuola di destinazione il genitore deve presentare una seconda richiesta di nulla osta al Dirigente scolastico della scuola frequentata.

Nella circolare ministeriale n. 28 del 10/01/2014 si afferma che «Dopo l’accoglimento della domanda di trasferimento da parte del dirigente della scuola di destinazione, il dirigente della scuola di iscrizione dovrà rilasciare all’interessato e alla scuola di destinazione il nulla osta».

La concessione del nulla osta non è opzionale, nel senso che – oltre alla verifica della regolarità della richiesta – non possono, in ogni caso, essere effettuate valutazioni o contestate le motivazioni presentate dal genitore, che deve comunque dichiararle formalmente (e possibilmente documentarle).

Inoltre, anche nel caso di passaggio di un alunno ad altra scuola va posta particolare attenzione alle situazioni di potenziale conflittualità tra figure genitoriali: in concreto, la richiesta di rilascio di nulla osta deve essere sottoscritta da entrambi i genitori, altrimenti la scuola è tenuta ad acquisire il parere dell’altro genitore. In mancanza di riscontro positivo l’istanza dovrebbe essere respinta, com’è stato decretato da sentenze del Tribunale per i minorenni, del TAR e della Corte di Cassazione.

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